venerdì 7 gennaio 2011

pc quotidiano 8 gennaio - Non è ancora una rivoluzione... le rivolte popolari in Tunisia e Algeria

Scoppiano le proteste dei giovani, le proteste popolari in Tunisia, Algeria… per il pane e i beni di prima necessità

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Tunisia

Non è ancora una rivoluzione. Ma è già molto più che una rivolta: una crisi grave, di quelle che si producono quando la miseria par generata dalla ricchezza.

Tre settimane di moti in piazza con fermento di aspirazioni facinorose, sazi e stanchi di illusioni e baratterie, soprattutto i ragazzi, i giovani, la generazione perduta dei laureati senza lavoro. Così numerosi da costituire una classe sociale (il 72 per cento dei disoccupati ha meno di trent’anni). Hanno da tre settimane il loro martire, Mohamed Bouazizi, 26 anni. La sua famiglia a Sidi Bouzid, un piccolo comune a 260 chilometri da Tunisi, aveva sputato sangue per rispettare la parola d’ordine che incita ad addottorarsi, che esige il pezzo di carta per uscire dal medioevo, essere moderni. Ce l’aveva fatta: adesso la vita doveva scivolare leggera in perenne discesa, ogni sogno era possibile e non più a lottare a petto a petto con la miseria. Perché la Tunisia è diversa. Linda, benestante, liberista, le ragazze in minigonna, le università strapiene, i pensionati francesi che si trasferiscono qui per chiedere al sole la magia di nascondere gli anni.

E invece no, Mohamed, ti sbagli…. (la stampa.it)

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Algeria

La Fao e il suo capo economista Abdolreza Abbassian avevano ragione a lanciare l'allarme sui prezzi alimentari aumentati mediamente del 50% (con l'eccezione del riso) e sui conseguenti rischi di rivolte sociali nei paesi più poveri.


Dopo la profezia sono arrivate, puntuali, le notizie delle proteste in Algeria dove per due notti consecutive, da lunedì, violenti scontri tra polizia e manifestanti sono scoppiati a Bab El Oued, quartiere popolare di Algeri per l'aumento dei generi di prima necessità. Ieri le proteste si sono allargate ad altre città del paese per protestare contro l'impennata dei prezzi di alcuni generi alimentari di largo consumo come olio, zucchero e farina. La memoria è corsa immediatamente alla sanguinosa rivolta del couscous scoppiata proprio in Algeria nel 1988.


Intanto la protesta si è allargata coinvolgendo alcuni comuni della Cabilia, nella zona di Boumerdes e Bejaia, a 50 e 250 chilometri ad est di Algeri.


Secondo quanto riferisce El Watan online, e Aljazeera online centinaia di giovani hanno manifestato a Naciria, Bord Menaiel e Issers e hanno bloccato in diversi punti la strada nazionale.
Stesso scenario nella zona di Bejaia, dove i giovani manifestanti incappucciati hanno bloccato la circolazione e hanno tentato di attaccare gli edifici pubblici.


Intanto, anche ad Algeri resta alta la tensione dopo le violenze della notte scorsa a Bab El Oued. Nuovi scontri sono stati segnalati anche ieri pomeriggio in altri quartieri periferici della città, tra cui El Hamiz e Bordj El Kiffan. La polizia in tenuta antisommossa ha presidiato i quartieri più popolari della capitale.


È l'inizio di quanto accaduto pochi giorni fa in Tunisia con le proteste della baguette che ha causato due morti?


«Difficile fare previsioni – dice Abdolreza Abbassian, capo economista alla Fao – di certo l'aumento dei prezzi dei cereali farà aumentare il costo della bolletta di quei paesi che devono importare gli alimentari».


Intanto scioperi, manifestazioni di piazza e addirittura tentativi di suicidio come estrema protesta sono stati segnalati ieri da fonti sindacali in varie località della Tunisia, in particolare nelle aree dove si è concentrata la protesta degli studenti e dei disoccupati delle ultime settimane. Il Maghreb sembra sull'orlo della rivolta.

Un "arco della crisi alimentare" che parte dall'Africa del Nord e arriva in Asia: in India i prezzi alimentari sono aumentati in un anno del 18%, incremento che, associato a un'impennata dei prezzi dell'energia, fa ipotizzare che la Banca centrale indiana aumenterà i tassi entro la fine del mese…

“Un inizio d’anno davvero indigesto”, dice il sole 24 ore di oggi.

Un anno, il 2011, che i giovani e i proletari di tutto il mondo devono fare andare completamente di traverso ai padroni e ai governi, che non possono certo dirsi sorpresi, dato che davanti alla crisi economica “più pesante di quella del 1929”, hanno deciso di salvare le loro banche, gli inimmaginabili profitti di industriali e speculatori di ogni risma, la loro “economia” a spese delle masse popolari…

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