“...è giusto che guadagni 435 volte più di un suo operaio?” - gli chiede un sindacalista.
Marchionne: “io vorrei sapere quante di queste persone sono disposte a fare questa vita qui. Domandino quando è l'ultima volta che sono andato in ferie e poi ne parliamo... Si parla sempre di diritti e mai di doveri. Io stamattina quando sono arrivato alle sei e mezza non mi sono preoccupato se i miei diritti erano stati rispettati, sono andato a lavorare.”
Lui è il vero “padrone”, “cazzuto” (come un'altra, di cui parliamo dopo), che si rimbocca le maniche del maglione, che va avanti e indietro sull'Atlantico; che ora, dopo la divisione in due rami della Fiat, si frega le mani (“questa è una grande giornata perchè da oggi l'auto Fiat è più libera”), come chi si “fa un culo” ma “riesce a metterla a quel posto”; perchè ora, liberato dai legami nazionali e da questa ormai in disuso “famiglia Agnelli” ridotta ad essere rappresentata da un John Elkann, a cui basta dare più soldi, potrà cercare di fare profitti a destra e a manca, dove gli Stati gli danno finanziamenti, agevolazioni, o gli fanno pagare gli operai quattro soldi; o andare, come un barbone assatanato e disperato, a prendersi fabbriche che altri capitalisti avrebbero già buttato via!
E per questo val bene non fermarsi mai (“non ho dormito le ultime due notti”) e non avere “ferie”! Ma soprattutto non far fermare mai gli operai (che devono “impegnarsi in silenzio”).
Un Marchionne coatto in “maglione nero”, che nella sua foga di fare soldi non ha neppure il senso del ridicolo, che impersona il moderno fascismo padronale. Che si sente forte perchè non deve rendere conto a nessuno, tantomeno ai lavoratori e alla gente.
Ma un cafone arricchito che mostra il suo “tallone d'achille” appena qualcuno dice: ma “il re è nudo!!”.
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