Bonanni subito dopo la contestazione ha ostentato il giubbotto bucato che sarebbe stato colpito dal fumogeno lanciato dal gruppo dei manifestanti, studenti, precari, operai, che hanno giustamente invaso la festa del PD per contestare uno degli esponenti di punta della recente fase di ferreo accordo neo corporativo Fiat/sindacati firmatari dell'accordo Pomigliano, del patto Confindustria/sindacati sul contratto metalmeccanici 2009 con conseguente disdetta da parte di Federmeccanica del contratto 2008.
Dopo di che è partita la grande caciara contro i contestatori: “antidemocratici”, “violenti”, “estremisti”, “anticamera del terrorismo”.
Bonanni ostentando giubbotto e tutti gli altri ostentando il Bonanni ferito/forato hanno messo sotto accusa il clima generale di contestazione di questi piani neo corporativo, compresa la Cgil e sostanzialmente la Fiom che ad essi non si allinea.
Tutti sappiamo che questi passi fatti da Bonanni e dagli altri sindacati complici non hanno avuto alcuna legittimazione dalle assemblee operaie, né da altre forme di espressione dei lavoratori, con l'eccezione dell'accordo di Pomigliano passato a maggioranza risicata in un clima di referendum/ricatto illegittimo e illegale, denunciato da diverse parti.
Tutti sappiamo come da mesi è in corso alla Fiat una vera e propria azione di terrore, fatta di licenziamenti repressivi e di minacce di licenziamenti di massa, chiusure di stabilimenti, e chi più ne ha più ne mette.
Tutti sappiamo che anche questa campagna terrorista non trova nessun riscontro nelle leggi, nello Statuto dei Lavoratori, negli stessi accordi contrattuali (fino a che non li disdettano) e, in diversi casi, nella Costituzione italiana.
Eppure nessuno si vergogna nel definire “antidemocratici” i contestatori di Torino, “violenti” - benchè su questo la stessa contestazione di Torino dimostra che anche in questa occasione la violenza è stata esercitata da alcuni esagitati sostenitori di Bonanni che agitavano e lanciavano sedie, oltre che naturalmente dalla presenza e dall'azione della polizia – e perfino “anticamera del terrorismo”.
Nessuno ha vergogna nel sbattere il “mostro in prima pagina” verso la compagna accusata di aver lanciato l'ultra innocuo fumogeno; tutti pronti a richiamare gli anni '70 rilanciando una campagna storica che ne deforma i contenuti di grande movimento di massa di operai, studenti, con potenziale rivoluzionario di trasformazione sociale, che fu represso con stragi e violenze da parte dello Stato. Il loro richiamo agli anni '70 è volto esplicitamente a definire come “terrorismo” la protesta sociale - non a caso si parla di “sabotaggio” a proposito dello sciopero degli operai di Melfi - quindi è volto alla criminalizzazione del dissenso, criminalizzazione interna al regime di moderno fascismo in formazione e del fascismo padronale agente.
Se la contestazione ha avuto come bersaglio Bonanni, come in altre occasioni aveva avuto il filo mafioso presidente del Senato, Schifani, il fatto che questi personaggi siano ospitati dal PD e le reazioni che ha avuto il partito stesso, mostra, se ancora ce ne fosse bisogno, come questo partito sia sempre di più, oggettivamente, l'altra gamba necessaria del moderno fascismo e del fascismo padronale, nelle cui linee generali, economiche, politiche, culturali e sociali si riconosce; trasformando, quindi, l'opposizione a Berlusconi, che questo partito dice di fare, in un'opposizione alla persona di Berlusconi e al suo entourage corrotto e affaristico e non certo al piano generale del “comitato di affari” necessario e sostenuto dalla borghesia imperialista italiana nella sua componente di punta attuale rappresentata dalla Fiat di Marchionne.
In questo senso la contestazione di Torino ha centrato l'obiettivo, è il PD di Bersani, Fassino, Letta il partito di Marchionne, il partito del grande padronato industriale che cavalca la tigre delle contraddizioni interne al governo Berlusconi per proporsi come miglior gestore degli affari del padronato.
D'altra parte tutte le giornate dello scontro di classe alla Fiat, da Pomigliano a Melfi, ecc., hanno costantemente messo in luce questo aspetto.
Giovedì 2 settembre l'ex ministro del lavoro, Damiano, e uomo di punta del PD su 'Sole 24ore' affermava con forza: “... dico sì al patto di Marchionne... (e, rivolto alla Fiom) a Pomigliano si è espressa la maggioranza dei lavoratori e tutti devono tener conto del risultato”. Damiano appoggia il caposaldo di questo piano “la collaborazione tra capitale e lavoro” che altro non è che “coinvolgere i lavoratori nelle scelte strategiche dell'impresa..,. quando chiedono più turni, più competitività, una migliore organizzazione del lavoro”.
Per concludere: “...l'obiettivo è quello di assicurare condizioni di competitività rispondendo alla richiesta di Marchionne, analogamente come si è fatto per altri settori come la siderurgia (padron Riva – ndr)”.
Tutti hanno poi potuto leggere le dichiarazioni di Fassino – quelle sì da “chiamare il 118”, per usare il linguaggio di Bersani: “ricordo bene gli anni di piombo a Torino... anche allora si cominciò coi fischi, poi vennero i lanci dei bulloni, le spranghe e infine si cominciò a sparare...”.
Ma chiaramente, anche noi pensiamo che le parole siano pietre e pensiamo che la contestazione alla festa del PD non sia senza conseguenze nell'azione del PD. E questo è dimostrato dalle critiche subito sollevate contro l'operato della polizia che non avrebbe immediatamente caricato e impedito di partecipare ad una festa pubblica i manifestanti. E le conseguenze si sono viste subito nei giorni successivi in occasione della presenza di un altro losco figuro, come Angeletti, in cui la Festa è stata obiettivamente militarizzata, con perquisizioni illegittime.
Ed è facile prevedere il seguito di questa storia nell'azione del PD: sostegno alle cariche poliziesche, ritorno ai servizi d'ordine, ecc. A dimostrazione che il passaggio inevitabile del sostegno del PD al moderno fascismo e al fascismo padronale comprende necessariamente un ruolo attivo nella repressione dell'opposizione sociale e politica.
Alle reazioni del PD va aggiunto il carico da 90, anti contestazione e di sostegno a Bonanni della Cgil e della stessa Fiom.
Alla Cgil tutti dovrebbero sapere che Bonanni non da ora utilizza la contesa sociale e l'appoggio al patto neo corporativo anche come virulenta campagna personale volta a scalzare con la forza la stessa Cgil e di come siano innumerevoli le critiche e le denunce di questa prassi antidemocratica eretta a sistema proprio da parte della Cisl che da sempre contrasta ogni forma di democratizzazione anche legislativa delle procedure di “democrazia sindacale”, e come da questo Bonanni e i suoi sindacalisti ne traggano vantaggi, privilegi economici e carriere assicurate nelle aziende e negli apparati dello Stato. Per cui ogni contestazione è legittima ed espressione, questa sì, di effettiva democrazia. Ma la coda di paglia della Cgil espressa in questa occasione è la spia evidente del considerarsi parte di quel ceto politico sindacale consociativo, verso cui i dissensi attuali sono temporanei.
Per questo è la Cgil in prima persona che raccoglie l'appello a ridurre le tensioni, a riaprire il dialogo, a fare obiettivamente fronte unito nei confronti di contestazioni che oggi hanno visto come bersaglio Bonanni, ma che certamente, sia nella coscienza soggettiva sia nella situazione oggettiva, riguardano tutti coloro che, a fronte dell'avanzare del fascismo padronale, delle politiche antioperaie, assumano un'attitudine di condivisione, collaborazione o anche di morbida e rituale “opposizione”.
Se si legano le reazioni alla contestazione con il dibattito aperto in tutta la Cgil – che trattiamo a parte – si può ben comprendere la fondatezza di queste osservazioni e anche il perchè pure la Cgil dopo queste contestazioni, è chiamata, si vedrà obbligata a un ruolo di diga/contenimento rispetto ad esse.
Ma, a proposito di “democrazia” è la dichiarazione di Landini che va messa sotto attenzione.
Landini ha dichiarato subito: “la Fiom esprime la più netta condanna di quanto avvenuto a Torino, ove Bonanni è stato oggetto di una inaccettabile contestazione organizzata... Per la Fiom la democrazia è un principio irrinunciabile”. Sarà, ma non in questo caso.
Come da più parti è stato detto, fischi e contestazioni sono una forma di espressione del pensiero e quindi ampiamente democratica. Inoltre, Landini ha chiesto agli operai, ai suoi iscritti, ai suoi delegati che vivono quotidianamente, e non solo nel gruppo Fiat, il peso e gli effetti dell'antidemocrazia costante in fabbrica, se la pensano come lui? Con quale diritto Landini esprime questa “netta condanna”, se non per l'inaccettabile, questo sì, richiamo della foresta che i dirigenti sindacali Fiom sentono ogni volta che le lotte operaie, le contestazioni al sindacato di regime si esprimono in forme più radicali.
La posizione di Landini deve essere sconfessata dagli operai che lottano e deve anche far aprire gli occhi sull'incoerenza e inconseguenza tra il dire e il fare della Fiom, del “piede in due staffe” praticato in tutti questi anni e che in questa fase, che è di necessaria opposizione, continua ad essere il compagno di strada di questa stessa opposizione.
Il culto della legalità ampiamente condiviso dal gruppo dirigente della Fiom e da buona parte dei suoi delegati è l'anello debole della lotta operaia contro il fascismo padronale.
Infine, naturalmente bisogna occuparsi in questa occasione dei partiti e giornali di sinistra.
“Liberazione” ha assunto la linea “nè aderire né sabotare” e fa il giornale senza posizione che nel caso concreto significa lasciare soli i contestatori di Torino.
Il Manifesto invece, a cui da tempo dedichiamo una critica sul modo come affronta l'intera questione Fiat e su come sia condizionante sino alla disinformazione il suo appiattimento sul gruppo dirigente della Fiom, con Loris Campetti questa volta è andato ben oltre.
Il corsivo apparso in occasione della contestazione di Torino è quanto di peggio si sia potuto leggere. E' su questo giornale e non su Libero che si leggono frasi del genere: ”hanno impedito al segretario della Cisl di parlare... un gesto stupido che rovescia persino (sottolineiamo il “persino” - ndr) il fine che forze (sottolineiamo il “forse” - ndr) i contestatori si erano dati: condannare e isolare una pratica sindacale giudicata subalterna al governo, alla Confindustria e alla Fiat... Così si è santificato l'avversario costruendogli intorno una solidarietà più ampia (neanche Bonanni stesso direbbe questo, se non si intende per solidarietà quella espressa dal governo, dai vari partiti parlamentari, dai dirigenti sindacali – ndr)... Quel fumogeno è stato lanciato più che contro un simbolo, una persona. E questa è una logica insopportabile (e questo, come tutti sanno a sinistra, significa definire di stampo “terrorista” il gesto – ndr), ma rischia di ricadere sulla testa delle vittime di politiche sbagliate (vale a dire che questo gesto ricadrebbe sulla testa degli operai, dei lavoratori, che subiscono ben altro sulla propria testa – ndr)... Quel fumogeno poi rende più difficile difendere il sacrosanto diritto di critica e contestazione (addirittura? Ma vergognati! - ndr)”.
E la frase di chiusura dell'articolo conclude nel migliore dei modi questo osceno commento: “... fa tristezza che il più grande partito di opposizione non riesca a gestire neanche le sue feste”, che è praticamente l'invito al PD a fare quello che poi sta facendo: più servizi d'ordine, più polizia.
Ci piacerebbe cavarcela con la parafrasi di una frase: quando il gioco si fa duro, anche i mosci finiscono di giocare, se la cosa non fosse più tragica sullo stato dei cosiddetti giornali della sinistra.
C'è stata una salutare protesta di tantissimi lettori, ma “il fatto sussiste”.
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