L'annuncio del ricorso della Fiat contro la sentenza del Giudice del lavoro di Melfi non ha sorpreso gli operai licenziati: “Io – dichiara Barozzino – me lo aspettavo... resto comunque sereno”. L'attesa ora è per il rientro del 23 agosto. Barozzino ribadisce comunque l'importanza della lotta: “... sui giornali soprattutto nei primi giorni leggevo tante cose, ma nessuno riusciva a raccontare la solidarietà sincera e libera dei lavoratori della Sata di Melfi. Sono ricordi che non si potranno mai cancellare”. Questa è la forza degli operai. E non sarà certo il nuovo ricorso, la denuncia penale che potrà intaccarla; meno che mai i microbi parassiti dei sindacati Fiat che a quanto pare hanno spinto la stessa Fiat a presentare ricorso.
Di Maulo della Fismic dichiara: “E' importante capire le motivazioni, non vorremmo che il giudice ha stabilito che i sindacalisti possono fare tutto ciò che vogliono in fabbrica. In tal caso ci sarebbe da preoccuparsi”.
Ancora più rabbioso appare il microbo più grosso, Palombella della Uilm: “Basta giudici e Tribunali. Non si può esultare per una sentenza e considerarla una grande vittoria”.
La Fiat chiama a raccolta nuovi avvocati e mobilita il giornale dei padroni che annuncia un Marchionne che vuole procedere a “tappe forzate con una riorganizzazione lampo che imponga un cambio di passo al sindacato” (Sole 24 Ore del 12 agosto).
Non si può quindi pensare che la Fiat possa accettare questa sentenza che sancirebbe la sua sconfitta, dopo quella del referendum di Pomigliano. E come al No operaio ha risposto col piano Newco, nel tentativo di poter fare una epurazione di massa, analoga risposta è da attendersi sul fronte dei licenziamenti. E affida alle parole alate di un servo del padrone, il docente del diritto del lavoro all'università Bocconi, Maurizio Del Conte, l'arma della critica.
Costui sostiene subito che la sentenza è la scelta peggiore, in particolare essersi riferiti all'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori significa aver legittimato: “... comportamenti che blocchino l'attività produttiva... con il rischio che qualcuno si convinca di aver ottenuto il via libera per il sabotaggio in azienda... E' un rischio ritrovarsi con un giudice che fissa il livello di civiltà delle regole e delle relazioni sindacali... non ci sono le condizioni di base né sociali né ideologiche per tornare ad un clima da anni '70, c'è molta più collaborazione tra capitale e lavoro. Allora lo Statuto dei Lavoratori era un insieme di norme senza contenuti concreti, mancavano le sentenze...”; – finchè lo Statuto dei Lavoratori era una cornice vuota per fermare con affermazioni generali l'ondata di lotte operaie degli anni '70, esso era voluto e condiviso dai padroni; ma se oggi il suo uso in una fase diversa può mettere in discussione, anche attraverso le sentenze, la dittatura padronale, allora il nostro esimio professore non ci sta - “ora sarebbe assurdo – continua Del Conte - ridefinire il significato della lotta sindacale accettando anche azioni violente per bloccare l'attività produttiva...”.
Quindi, lo sciopero legittimo degli operai di Melfi è ormai definito dal professore per conto del padrone, “azione violenta”; e si può ben capire qual'è la strada che ha scelto la Fiat sul piano penale. Ed è bene che anche gli operai, le loro avanguardie, ne comprendano la natura.
In attesa di mettere in opera la criminalizzazione penale, però, anche Del Conte si concentra sull'aspetto giudiziario. Alla domanda del giornale: “Qualcuno potrà approfittare di questa sentenza?”, Del Conte risponde: ”La tentazione può essere forte. Anche se non credo che altri giudici seguano questa tendenza... la Fiom potrebbe avere la tentazione di cavalcare la vittoria ottenuta considerandola una 'causa pilota', ma rischierebbe di trasformare una battaglia vinta in una guerra persa. Sarebbe sempre più difficile indirizzare verso l'Italia gli investimenti delle aziende nazionali ed estere. Per questo credo che anche la Fiom farà prevalere il senso di responsabilità e non scatenerà la guerra”.
Insomma, il professore, intando la scatena lui la guerra, poi chiede all'avversario di stare fermo per farsi colpire.
Insomma, il professore, come altri professori prima di lui, come D'Antona, Biagi, attaccano la condizione operaia, scrivono leggi e provvedimenti che sono una vera violenza contro gli operai, chiamano, come fa quest'ultimo, “violenza” uno sciopero contro i turni e sono ben disposti a far perdere il lavoro, a rovinare la vita degli operai licenziati.
Noi ci auguriamo che la Fiom consideri questa una causa pilota e non faccia prevalere il senso di responsabilità”.
Ma c'è chi è già entrato in campo perchè avvenga esattamente quello che la Fiat vuole.
Ed è il segretario nazionale della Cgil, Epifani che interrompendo forse le sue vacanze – chi lo ha mai visto alla Fiat Sata mentre gli operai lottavano? - torna alla carica, rilanciando la linea di “cominciamo a ragionare insieme”, partendo dal mettere una pietra sopra proprio sull'accordo di Pomigliano:
“So bene che è stato firmato un accordo votato dai lavoratori, pure con un dissenso molto forte, ma c'è lo spazio per approfondire la riflessione anche con cisl e uil e riprendere in mano la situazione... possiamo valutare e discutere innanzitutto sui 18 turni settimanali, si renderebbe inutile tutta la normativa illegittima sullo sciopero... (si vogliono sostanzialmente blindare i 18 turni, affinchè questa blindatura abbia una funzione antisciopero – ndr)... quanto alla malattia, bisogna rendersi conto e trovare il modo di colpire i veri assenteisti, nel comune obiettivo di aumentare la produttività... ma anche qui allargando il discorso e facendo un passo in più...”.
Qui Epifani espone una proposta di cui non riportiamo alla lettera il testo che va incontro al disegno di vanificare il CCNL trasformandolo in una mera cornice generale, superando le differenze di categoria, appunto per renderlo solo una cornice generale, per dare libero spazio a quell'insieme di deroghe specifiche, chiamate da lui “riferimenti specifici per le diverse attività industriali”, e che convergono con il cosiddetto “contratto auto” che la Fiat vuole fare attraverso la Newco.
Poi Epifani si dà a consigli su come affrontare la sfida degli Usa: “... non basta insomma discutere dove produrre la Panda”, per fare di questo il quadro generale in cui inserire riorganizzazioni e deroghe.
Siamo ben dentro, quindi, un patto neo corporativo, sia pure senza le volgarità servili di cisl e uil.
Quindi da qui il ruolo che la Cgil vuole svolgere: “Siamo tutti interessati, Fiom, Fim, Uilm e Fiat a riorganizzare e rilanciare la produzione dell'auto in Italia e con essa i posti di lavoro”.
Ichino
Eccitato come non mai, Pietro Ichino con una lunga lettera continua la sua battaglia per trovare una Legge che risolva una volta per tutte le storie che nel gruppo Fiat stanno dando vita a questa acuta lotta di classe.
Ichino ricorda che giace in parlamento un testo unificato bi-partizan per la partecipazione dei lavoratori alle imprese e sollecita che a settembre si passi ad affrontarlo e approvarlo in parlamento.
E' inutile dilungarsi sull'elenco di tutte e 9 diverse forme possibili di partecipazione dei lavoratori all'impresa. Ciò che interessa Ichino è che venga sancito una volta per tutte che la democrazia sindacale consiste nel “consentire di derogare al CCNL in materia di organizzazione del lavoro, orario, struttura della retribuzione e che stabilisca che essa sia riservata alla coalizione sindacale rappresentativa della maggioranza dei lavoratori interessati”.
E perchè non ci siano equivoci per cosa si debba intendere per “coalizione rappresentativa”, si prende proprio a paragone la vicenda della Fiat di Pomigliano.
Sostiene Ichino che se la sua legge fosse stata in vigore non ci sarebbe bisogno della Newco perchè per legge quell'accordo sarebbe vincolante per tutti e in esso la minoranza, in questo caso la Cgil “potrebbe continuare a far parte del sistema di relazioni industriali a Pomigliano come sindacato minoritario, riconosciuto, rispettoso delle prerogative dei sindacati maggioritari e titolare di una sua rappresentanza aziendale con tutti i diritti di attività sindacale in azienda”.
Grazie, Ichino. Ma quant'è buono, lei!
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