AVNI ER: PER LA LIBERTA’ E LA GIUSTIZIA
di Francesco Saverio
08 Giugno 2010
“Buongiorno, vorrei ringraziarvi di avermi dato la possibilità di esprimere e di trasmettere la mia
storia alla gente.”
Si apre così la nostra intervista esclusiva rilasciata al network “La voce del paese” da Avni Er, che
pubblichiamo alla vigilia di una sentenza molto importante, dopo anni di reclusione nel C.I.E.
(Centro di Identificazione e di Espulsione) di Bari.
La storia di Avni Er è nota e agghiacciante. Una storia che interroga sui diritti civili e sulla libertà di
stampa e di espressione in un paese che considera ‘il Cavallo di Troia’ per l’assalto dell’Europa al
mercato asiatico: la Turchia.
Una intervista dura, densa e molto lunga, che però non esaurisce il vissuto, e che vi consigliamo di
leggere per poi approfondire anche tramite ricerche su internet per saperne di più sulle torture nelle
carceri turche e sulle relazioni multilaterali in medioriente.
Avni Er, raccontaci la tua vita, dalla tua fuga dalla Turchia fino al 2004...
Dal 1983 mi trovo in Europa e da circa 10 anni in Italia. Il mio primo arrivo in Europa non è stata
proprio una fuga. Sono stato portato dai miei genitori, che si erano stabiliti in Germania. La mia
venuta in Europa è coincisa con il colpo di stato in Turchia del 12 Settembre 1980. Se fosse dipeso
da me non sarei venuto in Europa, perché io amavo ed amo tanto il mio paese. Allontanarsi dalle
proprie radici è molto difficile. Però mio padre mi doveva portare via dalla Turchia, perche dopo il
colpo di stato era molto difficile vivere. Non c’era più un futuro per i giovani, e in più noi non ci
sentivamo al sicuro. Era un caos totale. Così ho dovuto abbandonare il mio paese. Forse nei primi
mesi non ti accorgi, però quando passano gli anni il tuo cuore si spezza in due parti. La metà batte
con te dove ti trovi, l'altra metà invece batte dove ci sono le tue radici. Questo e un fenomeno che
ha rubato la vita di tanti immigrati, esuli, ed ancor oggi continua a rubare le vite delle persone
che hanno il cuore spezzato, che non riescono a staccarsi e continuano a vivere dei ricordi.
Il mio arrivo in Europa è stato molto doloroso. Forse per qualcuno potrà sembrare un può assurdo,
però dopo un anno già mi mancavano anche la polvere ed il fango delle strade del mio paese.
Comunque, mi trovavo in Europa. Mi dovevo integrare in un paese straniero. Avevo portato con me
la mia cultura. Tutto quello che vedevo e sentivo era tutto strano per me. Ho avuto molto difficoltà.
Non avendo la possibilità di parlare nella mia lingua ho imparato molto velocemente la lingua
tedesca e la cultura in cui vivevo. Ciò nonostante sono stato molto attento a non perdere i miei
valori e i principi insegnatimi dai miei genitori.
Ho frequentato la scuola elementare, la scuola media ed il liceo. Poi mi sono iscritto all'università.
Nel frattempo lavoravo nelle fabbriche part-time. Poi ho conosciuto persone che arrivavano dalla
Turchia e mi sono interessato alle loro storie. Queste persone arrivavano perché scappavano dalla
persecuzione, dalla tortura e dall'oppressione. Ognuno di loro aveva una tragica storia da
raccontare. Facevo assistenza per queste persone. Così ho iniziato a conoscere la vera faccia della
Turchia. Quello che succedeva nel mio paese io lo sentivo, anche durante il colpo di stato avevo
sentito il dolore nella mia pelle anche se non ne ero cosciente. Ho iniziato a capire certe cose, ed in
particolare il dolore, quando ho iniziato a fare assistenza per le persone che dovevano fuggire,
lasciare il paese. Adolescenti, giovani, anziani, Curdi, turchi, intellettuali, contadini, giornalisti,
operai, studenti che purtroppo erano costretti a lasciare i loro paesi. Avevano bisogno di essere
aiutati, avevano bisogno di essere integrati in una società che non conoscevano. Qualcuno doveva
dar loro una mano perché potessero stare in piedi.
Queste erano persone che si sono salvate per miracolo dall'aggressione del fascismo, dai militari.
Gente che per anni e anni è rimasta nelle carceri turche, dove avevano perso la loro salute. Ecco la
realtà della Turchia era questa: i massacri, le torture, le perquisizioni ecc.
C'erano tante associazioni che si occupavano di questo problema. Si organizzavano manifestazioni,
conferenze stampa, volantinaggio ecc., per cercare di sensibilizzare le persone che vivevano
lontano dalla Turchia, e dimostrare alle stesse i massacri, le torture e le condizioni disumane nelle
carceri ecc.
Io ero uno delle tante persone che svolgeva questa attività in Germania. I problemi nelle carceri, le
torture sono diventati la mia preoccupazione.
Bisognava raccontare tutto quello che succedeva a tante persone.
Nel ‘95, ‘96, ‘99, decine di detenuti furono massacrati nelle carceri. Questi massacri venivano
giustificati dal Governo quali conseguenza di inesistenti ribellioni o rivolte avvenute nelle carceri. I
mass media divulgavano notizie false. I testimoni che erano sopravvissuti a questi massacri non
venivano mai ascoltati. Fare giornalismo in questo modo è contro l'etica del giornalismo. Certo,
non bisogna dimenticare il ruolo dello stato. Però un giornalista è un'avanguardia, che dovrebbe
portare la luce così che la gente lo possa seguire. Dopo ogni massacro nelle carceri, ogni morto
sotto la tortura, i colpevoli venivano sempre nascosti con l'aiuto dei mass media.
Chi non aveva la possibilità di seguire le riviste di opposizione o di seguire i siti di
controinformazione, purtroppo non poteva apprendere le notizie vere. Bisognava informare la
gente con le riviste, con i siti e le conferenze stampa, o con convegni ecc. Dopo il massacro del 19
dicembre 2000, ho deciso di venire in Italia e aprire un ufficio di informazione sulla Turchia. In
Italia per mancanza di una comunità turca tante persone dovevano accontentarsi delle notizie dei
mass media. Ho cercato di divulgare più informazioni possibile. Purtroppo questa attività è stata
considerata in Italia come un’attività sovversiva e sono stato arrestato e condannato. L'operazione
è partita dalla Turchia e gli arrestati erano semplicemente persone che facevano giornalismo
attivo, componenti dell’associazione per i diritti umani, erano le persone che difendevano i diritti
dell'uomo, il diritto di vivere con dignità. L'obiettivo dell'arresto di queste persone era di soffocare
la voce degli oppressi in Turchia. Ho scontato 6 anni di carcere in Italia. Durante la mia
carcerazione la Turchia ha aperto diversi procedimenti penali nei miei confronti e ha chiesto la
mia estradizione, per lo stesso reato per cui sono stato condannato in Italia. Il tribunale Italiano ha
rigettato la richiesta della Turchia, motivando che una persona non può essere condannata due
volte per lo stesso reato. Sono uscito dal carcere e mi sono trovato in C.I.E di Bari, per 42 giorni,
in attesa della espulsione. Ho fatto richiesta di protezione internazionale. Questa è stata rigettata
dalla commissione territoriale di Bari. Adesso aspettiamo la decisione del tribunale di Bari al
quale mi sono rivolto per contestare il provvedimento della Commissione Territoriale.
La Turchia vuole entrare in Europa. Tu cosa ne pensi? Quali sono i limiti della tua nazione?
La Turchia è un mercato ancora sconosciuto e la popolazione molto giovane. Inoltre, è
geograficamente molto importante, in quanto rappresenta un ponte sul medioriente. Avere un
partner fedele in quella zona è, non solo per l’Europa, molto importante.
La Turchia potrebbe entrare nella Comunità Europea, non perché rispetta i diritti umani, o perché
diventa 'democratica', ma esclusivamente perché vari Paesi hanno interessi economici, politici e
militari con detta Nazione. Il ruolo della Turchia è come il cavallo di troia: i Paesi occidentali per
entrare nel mercato in oriente useranno la Turchia come ambasciatore. Bisogna anche aggiungere
che la Turchia militarmente è la seconda forza all'interno della NATO. Questo è un aspetto molto
importante, perchè l'Europa ha bisogno di una forza di sicurezza forte. E’ probabile che la Turchia
non entri nella Comunità Europea, per vari motivi (la cultura, il ruolo dei militari, economia, ecc.)
però diversi Paesi europei cercheranno comunque di attribuire alla Turchia il ruolo di alleata.
Proporranno un’alleanza extra comunitaria, cioè forse un’alleanza mediterranea, o forse la
faranno diventare membro della comunità con alcune eccezioni.
Al tuo processo hanno partecipato dei torturatori turchi incappucciati. Di cosa ti hanno accusato? E
con quali prove?
Durante il nostro processo è venuto un membro della polizia avente la fama di essere un
torturatore in Turchia. Io sono stato accusato da loro di essere membro di un partito M.L., e di
aver divulgato azioni violente in quel paese. Si sono basati sugli atti processuali acquisiti in Italia,
ed insistevano di avermi visto in qualche parte in Europa per protestare davanti all'ambasciata
turca con una bandiera falce e martello in mano. Poi insistevano che io avessi organizzato la
protesta contro il ministero degli esteri. La polizia turca non aveva alcuna prova contro di me, però
prendeva informazioni dai giornalisti turchi che lavoravano come inviati dall'estero. Infatti,
quando la Turchia ha fatto la richiesta per la mia estradizione, l'accusa era di aver organizzato
proteste, di aver protestato nel parlamento europeo, di aver sventolato una bandiera raffigurante
una stella con falce e martello, di aver inviato fax e lettere a vari comuni, giornalisti, in cui avrei
minacciato lo stato turco. Queste accuse erano del tutto infondate.
Quale impressione ti ha fatto il CIE di Bari?
Dopo 6 anni di carcere mi sono trovato nel C.I.E. Leggevo tanti articoli sulla situazione nel C.I.E.
Però vivere lì dentro è molto diverso. Questi luoghi sono diventati posti per punire gli stranieri.
Tutto ciò che succede lì dentro è una tragedia. Volendo potrei raccontare in un libro i 42 giorni
vissuti.... Come ho detto vedere persone lì dentro per me è stato molto triste. Le persone non
possono sopportare di vivere in quel modo.
Cosa significa per te la parola libertà?
La parola libertà è molto semplice, però ha un significato enorme. Bisogna riflettere molto bene.
Per me la libertà è poter stare in mezzo alla gente. Vivere con loro, respirare la stessa aria,
condividere con loro la gioia e la sofferenza. Vivere per le persone, che si trovano in un'altra parte
del mondo che tu non conoscerai mai, sapendo però che subiscono maltrattamenti, oppressione e
cercano di liberarsi da questo incubo. La libertà è anche poter contattare quelli che sono rinchiusi
dentro quattro mura così da consentirgli di poter stare fuori mentalmente, sognare e vivere questo
sogno con le persone che sono fuori.
Un poeta turco scrisse una volta: "vivere come un albero, solo e indipendente, è come una foresta
in fraternità."
Sei considerato un oppositore, un intellettuale e uno scrittore. Esiste la libertà di stampa in Turchia?
Prima di tutto io non mi considero un intellettuale, e nemmeno uno scrittore. Cerco di essere un
intellettuale che si dedica al popolo, e non sono comunque uno scrittore. Con la mia modesta
conoscenza cerco di inventare qualcosa. Quindi se io mi considerassi tale sarebbe un’offesa a tutti
gli scrittori.
In tutte le parti del mondo esiste la libertà di stampa, se tu ti comporti bene con il potere.
Bisogna riformulare la domanda; che cosa è la libertà di stampa e per chi esiste tale libertà?
La libertà di stampa è un insieme di eventi che l'occhio del giornalista raccoglie e trasmette ai
lettori senza farsi influenzare da terzi. Però questo non avviene in tanti Paesi come il nostro. I
giornali sono controllati da alcuni grandi imprenditori; monopoli, che sono stati sempre vicini ai
governi. I mass media sono così potenti che possono far cadere o far sorgere governi. Quindi,
quelli che controllano i mass media hanno interessi politici. 'Se tu scrivi questa notizia, ti posso
chiudere un occhio, se tu non scrivi quello che dico io, chiudo la tua sede'. L'esempio che ho vissuto
sulla mia pelle è il massacro del 19 dicembre 2000. Sono stato testimone di ciò: in un giorno tutto è
mutato a 360 gradi. Il governo ha minacciato tutti, dicendo ‘tu devi ignorare questo problema, tu
devi chiudere il tuo locale'. Gli articoli che spedivo venivano pubblicati su vari giornali, però dopo
questa minaccia sono diventati tutti filo-governativi. Non si pubblicava niente. Durante il massacro
preferivano pubblicare il manuale di come si fa una operazione estetica per fare un ritocco ai seni.
Quando ho chiesto ai giornali il motivo per il quale non venissero pubblicati gli articoli da noi
inviati, la risposta è stata univoca: ‘Non possiamo rischiare il nostro posto’.
Prima del massacro scrivevano qualcosa sulle celle tipo F. Tutti sapevano che maledette erano
queste celle tipo F. Dopo il massacro, facevano vedere i fiori, e bellissime sedie dentro le celle. La
maggior parte dei giornalisti apprezzavano le celle di tipo F, ma quando sono stati licenziati alcuni
di loro, si sono vergognati di quello che avevano scritto. Se i giornalisti avessero scritto la verità,
senza pensare ai loro interessi economici, forse tante cose sarebbero andate diversamente.
Dove possiamo leggere i tuoi scritti?
Ho collaborato con la rivista settimanale Ekmek ve Adalet. La rivista è stata chiusa come tante
altre riviste di opposizione. Avevo pubblicato alcuni opuscoli, ma questi sono andati persi all'esito
del mio arresto. Poi nelle riviste settimanali alcuni articoli non sono firmati. Quindi i collaboratori
non firmano. In alcuni casi si scrivono notizie dall'estero.
Cosa ti aspetti il 10 Giugno?
Il 18 maggio abbiamo presentato la nostra memoria e alcuni allegati al Giudice. Però, durante
l'audizione abbiamo saputo che anche l'Avvocatura dello Stato si è costituita. Quando l'Avvocatura
ha visto le nostre memorie ha chiesto il rinvio. Per cui il giudice dovrà decidere dopo il 10 giugno.
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