venerdì 31 gennaio 2025

pc 31 gennaio – L’Albania non è un Paese sicuro! Lo dicono anche i giudici di Brescia…

 

In attesa delle decisioni della Corte d’Appello, che dovrebbero arrivare oggi, sulla deportazione dei migranti in Albania, un collegio di giudici di Brescia stabilisce con una sentenza che l’Albania non è un Paese sicuro, accogliendo la richiesta di status di rifugiata ad una donna albanese che era arrivata anni fa in Italia da minorenne.

La donna, secondo la notizia che ne dà il Giornale di Sicilia di oggi, dichiara che era stata  “Venduta da mio padre ad un trafficante che mi ha portata in Italia e fatta prostituire … Il Tribunale di Brescia ha creduto al racconto di una trentenne nata a Durazzo e ha accolto il ricorso della donna. Non può essere espulsa perché tornerebbe in un Paese, l’Albania, che i giudici bresciani non ritengono sicuro. È innegabile che se la donna facesse ritorno in Albania si ristabilirebbe in uno Stato dove potrebbe essere facilmente rintracciata e vittima del fenomeno di re-trafficking, ben potendo ricadere nella medesima forma di sfruttamento … - ha scritto il collegio presieduto da Mariarosa Pipponzi nella sentenza … L’Albania - si legge nel provvedimento – è considerata un Paese di origine, transito e destinazione per uomini, donne e bambini sottoposti alla tratta per sfruttamento sessuale e sfruttamento lavorativo ... Le donne albanesi e i bambini – prosegue – sono sottoposti allo sfruttamento sessuale e lavorativo all’interno del Paese, specialmente durante la stagione turistica. I trafficanti usano false promesse come matrimoni o lavoro per obbligare le vittime allo sfruttamento ed è molto diffuso anche l’uso dei social per il reclutamento delle vittime ... La donna – madre di una figlia che mantiene personalmente con il lavoro regolare che ha a Brescia – in Albania rischierebbe di finire nuovamente nelle mani dei trafficanti anche perché le autorità – scrive il Tribunale bresciano – non investono molte energie nell’identificazione delle vittime di tratta nella prostituzione così come gli ispettori del lavoro non hanno adeguata formazione per identificare le vittime di lavori forzati.”

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