mercoledì 11 dicembre 2024

pc 11 dicembre - All'ENI di Calenzano l'ennesima strage operaia per il profitto dei padroni, sostenuto dai governi dei padroni, in primis oggi il governo Meloni


Davide Baronti (in alto a sinistra), Gerardo Pepe (sotto), Vincenzo Martinelli (al centro),
Franco Cirelli (in alto a destra), Carmelo Corso (sotto)

L'esplosione all'ENI di Calenzano è l’ennesima strage operaia, sono saliti a 5 gli operai morti e 26 feriti.

Le stragi sul lavoro sono state una caratteristica in questi mesi, quasi ogni mese abbiamo dovuto contare i morti operai, quasi ogni mese è calata pesante la morte operaia nel paese e nel mondo dei lavoratori, certamente non per cause naturali o fortuite ma la morte dentro il sistema di gestione da parte del Capitale e dei padroni delle condizioni di lavoro sui posti di lavoro.

La drammatica mancanza di sicurezza a cui corrispondono i mancati controlli dello Stato e delle sue istituzioni preposte, lo sfruttamento in ogni condizione, la precarietà, i bassi salari, il sistema degli appalti, dei subappalti, sono l'insieme delle cose che seminano lutti nelle file dei lavoratori dei loro familiari. L'esplosione di Calenzano dipende dal modo di produzione dell’ENI, che non è una fabbrichetta ma una delle principali multinazionali nel nostro paese, una multinazionale di Stato a servizio del profitto.

Come scrive il Presidente di Medicina Democratica: “nel 2017 e nel 2020 erano state segnalate criticità, poi nel 23 improvvisamente hanno detto che tutto andava bene”. Ecco come andava bene!

“I gestori - dice sempre il responsabile di Medicina Democratica - quando sono di fronte a uno scenario importante come la rottura di un tubo, tendono a minimizzare, tendono a dire che non ci sono rischi” e qui i rischi invece li abbiamo visti tutti e contiamo i morti, i feriti, i dispersi, ma in questa occasione l'esplosione in fabbrica si è riversata pienamente sul territorio, presentando per alcune ore i peggiori scenari, come l'inquinamento, la gente che deve rimanere chiusa in casa, il rischio che non riguarda la fabbrica ma riguarda tutti gli operai dell'area contigua all'ENI e che riguarda le abitazioni cittadine, "mettetevi le mascherine, non uscite di casa, tenete chiuse le finestre": il capitalismo oggi è

sempre più questo nelle fabbriche e nei posti di lavoro, dall'ENI all’ex Ilva alle ferrovie, abbiamo contato stragi di ogni tipo e ogni volta a fronte di queste stragi ci sono state dette le stesse cose, anche dagli stessi che hanno prodotto le stragi.

I padroni dicono che non è successo niente, che è stato un incidente e nella catena delle responsabilità finiranno per scaricare tutto sull'ultimo lavoratore. I padroni non hanno fatto niente per la sicurezza e per la salute del territorio, non fanno mai niente, solo quando sono costretti a fronte di stragi, ma a parole perché in breve tempo si riproducono le stesse condizioni, perché la sicurezza, l’inquinamento, la devastazione ambientale, per i padroni, sono costi che incidono sul profitto e per i padroni il massimo profitto è l'unico vero obiettivo che caratterizza il loro interesse che è difeso a spada tratta dal governo, dallo Stato ed è dentro la logica del sistema dello sfruttamento capitalista.

Sempre più però il Capitale attraverso questi eventi dimostra che è il tempo di mettere fine al capitalismo, ai suoi governi, al suo Stato, al suo sistema, che certamente dobbiamo rispondere colpo sul colpo, giorno per giorno. Noi prendiamo sul serio le lotte con gli scioperi dichiarati subito dopo questi eventi, prendiamo sul serio le dichiarazioni che fanno le organizzazioni sindacali maggioritarie, prendiamo sul serio gli sforzi che vengono svolti di chi è anche fuori dalle organizzazioni sindacali e che fa parte di associazioni e anche parte di tecnici, di ispettori, magistrati che dicono di intervenire, di voler fare qualcosa e di colpire le responsabilità.

Ma prenderli sul serio non significa crederci, prenderli sul serio non significa avere fiducia, perché purtroppo, al di là delle loro stesse intenzioni, questa fiducia non gli può essere data, viste le condizioni del sistema, vista l'azione dei padroni, visto il ruolo che svolge il governo.

Il governo ha come ministro del lavoro e come ministro della Salute, tanto per fare due esempi, due uomini dei padroni: la Calderoni è la capa dei consulenti del lavoro, coloro cioè che insegnano ai padroni come ridurre i costi, come evadere le tasse, come aggirare i contratti e le leggi. Come si può pensare, quindi, che questi possano realmente intervenire per cambiare o migliorare le cose sui posti di lavoro? I loro provvedimenti non solo sono inefficaci, come dicono spesso anche parte di loro stessi, ma sono fondati su cercare di aiutare i padroni a evitare questi rischi, a evitare questi danni, non certo a difendere la vita e le condizioni di lavoro degli operai e dei lavoratori, la salute e la sicurezza sul territorio.

Il ministro della Salute è più impegnato a essere il capo della lobby del nucleare nel nostro paese piuttosto che lo strumento a cui possono far riferimento i cittadini, il popolo, per trattare i gravissimi problemi che producono le stragi sul lavoro.

E’ chiaro che serve la lotta, la lotta quotidiana, l'organizzazione quotidiana dei lavoratori, il potenziamento dei sistemi di controllo, il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori della sicurezza, le strutture organizzate che uniscano operai, tecnici, ispettori, nel cercare di trovare soluzioni che possano in qualche maniera ridurre il danno.

Ma diciamo a tutti che senza un cambiamento generale, innanzitutto nelle file dei lavoratori, delle organizzazioni e delle loro lotte, che prendano essi stessi sul serio questa battaglia contro le morti sul lavoro, le stragi di lavoro per cui la sicurezza è una battaglia centrale. Lo abbiamo detto anche in occasione dello sciopero generale del 29, abbiamo detto che le priorità su cui bisognava scioperare erano il lavoro, il salario e la sicurezza e salute sul posti di lavoro e sul territorio, che sono tutte e tre legati perché è proprio la mancanza di lavoro, lo spettro dei licenziamenti, che spinge gli operai ad accettare qualsiasi condizione perché si possa lavorare, e che quindi costruisce quell'enorme arcipelago di precarietà, di lavoro in ogni condizione in tutti i posti di lavoro, nelle grandi fabbriche, nel sistema degli appalti, nei cantieri, nelle ferrovie.

Il salario perché i bassi salari spingono a lavorare di più, a lavorare in ogni condizione pur di avere un reddito, pur di potere avere un salario con cui vivere che viene usato dal padrone per mettere a tacere e oscurare le vere condizioni di lavoro che producono i disastri, le morti sul lavoro, le stragi.

Tutte le volte sentiamo che non finisce qui, che la lotta sarà continuativa, ma dopo ogni strage finisce lì e siamo sempre come se fossimo punto e da capo e che nulla cambi. E questo "che nulla cambi" diventa uno strumento, un alleato fondamentale dell'azione che si riflette nelle morti e nelle stragi.

Se vogliamo difendere la vita dei lavoratori, se vogliamo difenderci dalle stragi operaie, dalle morti da lavoro, sul lavoro e da inquinamento, sarà necessario pensare a una autentica rivolta sociale, per usare un argomento che è stato portato nel cuore dello sciopero generale, forse in forma demagogica, forse in forma elettorale, da Landini. La rivolta sociale è necessaria in questo paese proprio se si vuole mettere fine alle morti senza fine sul lavoro, insieme a mettere fine allo sfruttamento, alla precarietà, a ciò che questo sistema produce su scala generale, le guerre imperialiste, i massacri, i genocidi, per mettere fine a un sistema in cui i ricchi diventano sempre più ricchi sulla pelle dei lavoratori e i poveri sempre più poveri, per mettere fine a un sistema in cui i padroni pretendono uno Stato di polizia, uno Stato non per risolvere i problemi dei proletari, delle masse, dei cittadini, ma per combattere coloro che si ribellano, che si organizzano, che protestano.

Quello che è successo all’ENI di Calenzano ci chiama - ancora una volta - a fare la cosa giusta.

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