giovedì 28 novembre 2024

pc 28 novembre - Massimo appoggio alla gioventù proletaria in rivolta a Milano - Giustizia per Ramy!

da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 27/11

“Vogliamo solo giustizia per Ramy”, “facciamo casino perché non ci fanno vedere i video”, “l'hanno investito, l'hanno ammazzato”.

Ramy Elgaml è morto dopo un inseguimento dei carabinieri nella notte tra sabato e domenica. Era a bordo di uno scooter TMax, insieme a un amico tunisino di 22 anni. Lui, 19 anni, era dietro l'amico alla guida. Una ventina di minuti prima della caduta, verso le 03:30, i due avevano incrociato un'auto dei carabinieri, nella parte opposta di Milano, in via Farini. Non si erano fermati all'alt dei carabinieri e avevano imboccato a tutta velocità una strada e lì è cominciato il lungo inseguimento, 8 km da nord a sud della città, da via Farini a via di Ripamonti, all'angolo con via Quaranta, l'auto dei carabinieri si è avvicinata la moto, l'affianca e la moto finisce contro il marciapiede e si schianta su un muretto. Ramy morirà qualche ora dopo al Policlinico di Milano. Aveva perso il casco durante l'inseguimento. I Carabinieri gli hanno trovato 1.000 € -  ma sarà vero? - una catenina d'oro spezzata della sua fidanzata, un coltello a serramanico e una bomboletta al peperoncino.

Non c'è alcun dubbio tra gli amici di Ramy, tra i ragazzi della zona: l'auto dei carabinieri ha colpito la moto e l'ha fatto cadere. Ci sono testimoni che hanno visto e hanno fatto un video e se ne cercano altri. La rabbia è scoppiata subito fuori dal Policlinico dove sono accorrsi i familiari e qualche amico. Poi i ragazzi si sono ritrovati nel pomeriggio di domenica all'angolo di strada dove è avvenuto l'incidente per ricordare il loro amico con fuochi d'artificio, con uno striscione con la scritta “verità per Ramy”, un presidio che è sbordato in mezzo alla strada. E qui un suv non si è fermato, ha investito i giovani, quattro sono finiti all'ospedale, il più grave è un ragazzo di 14 anni con una frattura scomposta di bacino e femore e anche una ragazzina si è trovata con una possibile frattura al femore. I ragazzi erano di età bassissima. Mai a Milano si erano viste manifestazioni coi giovani di 11/12/13 anni, arrivati da soli in un quartiere diverso da quelli in cui vivono. La notte tra lunedì e martedì è scoppiata la rivolta, la rabbia, dove Ramy viveva e dove vivono i suoi amici. Due notti di proteste, di scontri con la polizia. Il ragazzo con i suoi amici si ritrovano spesso all'angolo tra via dei Cinquecento e via dei Panigarola, strade frequentate sempre da ragazzini.

Molti non riescono ad andare a scuola, non hanno lavori regolari. Tutti dicono che si sentono di vivere come in un ghetto. A Corvetto la gentrificazione ha fatto il resto, ha spinto da nord, dall'ex scalo di Porta Romana dove è in costruzione il villaggio olimpico, dove stanno spuntando nuovi palazzi per ricchi, mentre gli amici di Ramy e le loro famiglie abitano nelle case popolari dimenticate dell’ente

regionale Aler in via Mompiani, da MM municipale. Povertà, disoccupazione, quotidiano arrangiarsi. Una situazione che è peggiorata e sempre di più è cresciuta e cresce la protesta dei ragazzi che ha trovato ora l'opportunità di esplodere.

Sempre di più chi abita in questa zona si trova spesso con sfratti e sgomberi.

Ecco, su questa base esplode la rivolta sociale.

Landini ne ha parlato, ma è questa la rivolta sociale! la rivolta vera che esplode sulla base di condizioni di vita, di vivibilità e a fronte invece di un sistema, di uno Stato, di un governo, di una giunta comunale che peggiorano ulteriormente la vita di questi ragazzi e delle loro famiglie. E Corvetto diventa così una banlieue, certo non in periferia, non distante dal centro di Milano.

Cassonetti bruciati, bastoni, bottiglie pedanti lanciati contro le forze dell'ordine. Tre giorni di rivolta, dietro l'azione della polizia, via via tutto lo schieramento reazionario dei ricchi, dei medio-ricchi, dei piccolo-borghesi, sempre di più si schiera e la stampa governativa - e non solo - gli dà eco, li chiama delinquenti, quando i veri delinquenti sono chi ha ucciso Ramy.

“Niente tolleranza, serve un giro di vite”, ha detto l'assessore regionale alla sicurezza Romano La Russa, il fratello di quel lurido individuo che attualmente è presidente della Camera che incita alla repressione.

Qui non si va a votare, i tassi di astensionismo sono stati altissimi. Chi nel quartiere combatte la dispersione scolastica e si occupa dell'inserimento dei ragazzi dice che qui ci sono giovani che sono in gran parte, giovani italiani, i giovani della seconda generazione e sono questi giovani che hanno svuotato estintori e fronteggiato le forze dell'ordine, dimostrando, come sempre, che la ribellione aguzza l'ingegno. In via Cinquecento bottiglie e bombe carta, fuochi, per rispondere alle cariche poliziesche e gli agenti hanno usato i lacrimogeni. Una rivolta che è di questo quartiere ma che puoi di guardare altre zone di Milano.

La polizia non vede altro che la repressione, ma nel voler reprimere ne descrive in parte le capacità effettive di ribellione e di organizzazione.

“Quella di Corvetto è stata una guerriglia organizzata nei tempi e nei modi”, dice il segretario del sindacato di polizia. “Con tanto di auto posizionate per impedire l'intervento delle forze dell'ordine” - dice – “finalizzate a devastare e aggredire per affermare una presunta superiorità sulle leggi, sullo Stato, su ogni regola civile”. E’ un linguaggio forcaiolo ma alla fine è giusto.

Certo, i giovani si sono ribellati alle leggi, allo Stato e a ogni regola civile di cui la “superiorità” di cui parla il sindacato di polizia è il fatto che si può usare tranquillamente violenza nel quartiere, persecuzione, oppressione, aggiungere a povertà, a mancanza di lavoro e di un futuro, la violenza: la “regola civile” di cui parla la Polizia di Stato è l'oppressione per i giovani e non solo per i giovani.

I giovani continuano a gridare la loro rabbia: “siamo una periferia abbandonata, a nessuno importa di noi!” Certo ribellarsi, oltre che giusto, è necessario! I giovani conducono una battaglia che non intende fermarsi qui, non sappiamo - perché solo i giovani possono decidere se la rivolta continuerà nelle forme di questi tre giorni - ma quello che è certo che non si fermerà qui, non solo perché occorre che venga fatta luce sui fatti, che ci sia giustizia per Ramy, occorre che tutta la situazione di vita cambi, occorre che la polizia vada fuori dal quartiere.

Tutti devono tacere su quello che i familiari e i giovani nel quartiere stanno gridando a gran voce e che anima la rivolta: “Ramy non era un ladro, non aveva rubato, è stato ammazzato! E questa verità deve venire fuori. In questa zona di merda siamo dimenticati, qui non abbiamo futuro, siamo cresciuti giocando in strada, in mezzo ai bidoni per fare la porta. Non c'è un campo, non c'è un locale ed ora ci ammazzate”.

Ramy forse non era, come dice la sua fidanzata, un angelo, però ha più che ragione Nada nel dire: “abbiamo diritto di vedere i video, che si affermi la verità che l'hanno investito i carabinieri. Pagheranno, “mio fratello - dice Tarek - non ha mai rubato niente ma siccome siamo stranieri siamo tutti ladri e spacciatori. Siamo in Italia da 11 anni, siamo gente per bene. La nostra colpa è di essere poveri. Diciamo poi a tutti: tutti gli italiani hanno chiesto verità per Giulio Regeni e lo dicono genitori e giovani egiziani, ora chiediamo lo stesso che per Ramy che ci sia verità e giustizia. Mio figlio è Regeni per noi egiziani”.

I giornali di destra si sono scatenati, parlano di infiltrati che arrivano da diverse zone della città. Volesse il cielo che fosse così, anzi deve essere così! Bisogna sostenere la rivolta. Perché è una rivolta giusta e necessaria, perché accende i riflettori sulla Milano dei poveri, degli immigrati, degli sfruttati, dei giovani delle periferie che sono arrivate al centro della città.

“Presto accadrà altrove”. Non si sa bene se è un auspicio, una minaccia per rafforzare ulteriormente la presenza della polizia e la violenza preventiva verso questi giovani e verso in generale le periferie o è una verità.

Noi tifiamo rivolta perché è solo la rivolta che dà dignità, forza e giustezza, ai discorsi di protesta che si fanno e invece dobbiamo ascoltare le menzogne vomitate a pieno titolo e tutto ciò che i giornali di destra vedono come grave per noi è il frutto della forza della rivolta, “il tam tam sui social, l'agguato ai poliziotti ridotti circolare in borghese”, “finiremo come in Francia”. Ebbene, noi siamo perché si finisca come in Francia, nel senso giusto, vale a dire che la rivolta si allarghi, perché solo con la rivolta sociale effettivamente ci può essere giustizia per Ramy, ma ci può essere lo sviluppo di una lotta vera in tutta la città che si aggiunge alla lotta in corso.

La stampa borghese reazionaria dice che Corvetto diventa epicentro della violenza di importazione. La Questura chiede rinforzi, c'è a rischio l'escalation. Nella repressione contro i giovani in rivolta nella campagna sfrenata della stampa reazionaria, come sempre c'è insieme fascismo, razzismo, Stato di polizia, odio sociale - il vero odio sociale - quello dei ricchi, della borghesia, della gente bene, dei suoi apparati, dello Stato, dei suoi partiti, delle sue Istituzioni, verso la gioventù immigrata, che in maggior parte è anche gioventù italiana.

I sindacati di polizia diventano subito i portavoce del governo, delle istituzioni, della stampa borghese. Il sindacato Coisp dice: “certe zone sono fuori controllo e sono l'enclave della criminalità organizzata dove le leggi dello Stato vengono sistematicamente sfidate, ma quale disagio sociale? Sono territori controllati da criminali che si sentono intoccabili”.

La realtà è esattamente l'opposto.

Il trattamento che la borghesia, la sua stampa, le sue forze dell'ordine riservano sempre a chi si ribella è lo spettro della Francia - finalmente! diremmo noi - Belpietro scrive: “si può vedere in Francia, dove intere zone intorno alla capitale sono fuori controllo, al punto che le forze dell'ordine non provano ormai neppure a metterci piede”.

In Italia le rivolte non sono all'ordine del giorno, però a quanto pare stiamo colmando il ritardo. Milano è la spia di quello che potrebbe succedere in altre città italiane grazie all'immigrazione.

E’ poi è tutto un concerto. Valditara ha detto che sono i migranti che fanno gli stupri, quando la realtà dei numeri lo ha immediatamente smentito e Valditara è stato al centro della grande giornata di proteste del 23 del 25 novembre. Ma il governo ha coperto subito Valditara e la Meloni ha detto: “chiamatemi pure razzista, ma è vero che sono i migranti il problema” per trovare conforto nella politica ultra reazionaria, fascista, razzista, colonialista, che il governo conduce contro i migranti dal primo giorno in cui si è insediato, con i morti a Cutro per finire all'oscena parodia dei campi di deportazione, di concentramento, dell'Albania.

Questo governo fascista e razzista trova alimento dalla rivolta per nuovi provvedimenti reazionari, per militarizzare le periferie, per riempirli di polizia e per creare tutte le misure repressive - anche al di là dei decreti sicurezza - che possono rendere queste periferie non solo ghetti ma vere e proprie galere.

Per questo, proprio nelle due giornate particolari che sono il 29 e il 30, quello dello sciopero generale e quello della manifestazione nazionale per la Palestina, dobbiamo portare la solidarietà ai giovani del Corvetto che si stanno ribellando e che vengono non solo insultati, repressi, criminalizzati.

Invece che ottenere verità per la morte di un loro fratello, di un ragazzo, si oppone invece più repressione che inevitabilmente provocherà nel quartiere più occasioni perché dei giovani vengano arrestati, perseguitati e infine uccisi.

Landini parla di rivolta sociale ma a cosa allude quando parla di rivolta sociale? allo sciopero tradizionale che è bene che ci sia contro il governo? Ma la rivolta sociale è altra cosa. Vediamo se si troverà il modo di esprimere una parola di solidarietà ai giovani che si stanno ribellando al quartiere di Corvetto. Così Milano da settimane, da mesi, da un anno quasi, è teatro di settimanali manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese giuste e necessario che hanno fatto di Milano una sorta di capitale della solidarietà al popolo palestinese. Questa solidarietà che si dovrà riversare nella manifestazione unitaria che speriamo grande di sabato.

Ma diciamo anche a tutti i compagni che la vera solidarietà è sempre lo sviluppo della lotta contro il proprio Stato, il proprio governo e che la rivolta è un'occasione per dimostrare ancora una volta il legame che c'è tra la rivolta sociale nel cuore di un paese imperialista, di una città, di un paese imperialista come Milano, e i popoli che si ribellano, il popolo palestinese che viene sottoposto a massacri a un piano di genocidio, di massacri. I genocidio verso il popolo palestinese chiama alla solidarietà, ma lo stessa solidarietà deve rivolgersi forte e chiara ai giovani che si ribellano nella cosiddetta banlieue milanese di zona Corvetto.

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