“Vogliamo solo giustizia
per Ramy”, “facciamo casino perché non ci fanno vedere i video”, “l'hanno
investito, l'hanno ammazzato”.
Ramy Elgaml è morto
dopo un inseguimento dei carabinieri nella notte tra sabato e domenica. Era a
bordo di uno scooter TMax, insieme a un amico tunisino di 22 anni. Lui, 19
anni, era dietro l'amico alla guida. Una ventina di minuti prima della caduta,
verso le 03:30, i due avevano incrociato un'auto dei carabinieri, nella parte
opposta di Milano, in via Farini. Non si erano fermati all'alt dei carabinieri
e avevano imboccato a tutta velocità una strada e lì è cominciato il lungo
inseguimento, 8 km da nord a sud della città, da via Farini a via di Ripamonti,
all'angolo con via Quaranta, l'auto dei carabinieri si è avvicinata la moto, l'affianca
e la moto finisce contro il marciapiede e si schianta su un muretto. Ramy morirà
qualche ora dopo al Policlinico di Milano. Aveva perso il casco durante
l'inseguimento. I Carabinieri gli hanno trovato 1.000 € - ma sarà vero? - una catenina d'oro spezzata
della sua fidanzata, un coltello a serramanico e una bomboletta al peperoncino.
Non c'è alcun dubbio
tra gli amici di Ramy, tra i ragazzi della zona: l'auto dei carabinieri ha
colpito la moto e l'ha fatto cadere. Ci sono testimoni che hanno visto e hanno
fatto un video e se ne cercano altri. La rabbia è scoppiata subito fuori dal
Policlinico dove sono accorrsi i familiari e qualche amico. Poi i ragazzi si
sono ritrovati nel pomeriggio di domenica all'angolo di strada dove è avvenuto
l'incidente per ricordare il loro amico con fuochi d'artificio, con uno
striscione con la scritta “verità per Ramy”, un presidio che è sbordato in
mezzo alla strada. E qui un suv non si è fermato, ha investito i giovani, quattro
sono finiti all'ospedale, il più grave è un ragazzo di 14 anni con una frattura
scomposta di bacino e femore e anche una ragazzina si è trovata con una
possibile frattura al femore. I ragazzi erano di età bassissima. Mai a Milano
si erano viste manifestazioni coi giovani di 11/12/13 anni, arrivati da soli in
un quartiere diverso da quelli in cui vivono. La notte tra lunedì e martedì è
scoppiata la rivolta, la rabbia, dove Ramy viveva e dove vivono i suoi amici.
Due notti di proteste, di scontri con la polizia. Il ragazzo con i suoi amici
si ritrovano spesso all'angolo tra via dei Cinquecento e via dei Panigarola,
strade frequentate sempre da ragazzini.
Molti non riescono ad andare a scuola, non hanno lavori regolari. Tutti dicono che si sentono di vivere come in un ghetto. A Corvetto la gentrificazione ha fatto il resto, ha spinto da nord, dall'ex scalo di Porta Romana dove è in costruzione il villaggio olimpico, dove stanno spuntando nuovi palazzi per ricchi, mentre gli amici di Ramy e le loro famiglie abitano nelle case popolari dimenticate dell’ente
regionale Aler in via Mompiani, da MM municipale. Povertà, disoccupazione, quotidiano arrangiarsi. Una situazione che è peggiorata e sempre di più è cresciuta e cresce la protesta dei ragazzi che ha trovato ora l'opportunità di esplodere.Sempre di più chi abita
in questa zona si trova spesso con sfratti e sgomberi.
Ecco, su questa base esplode la rivolta sociale.
Landini ne ha parlato, ma è questa la rivolta sociale! la rivolta vera che esplode sulla base di condizioni di vita, di vivibilità e a fronte invece di un sistema, di uno Stato, di un governo, di una giunta comunale che peggiorano ulteriormente la vita di questi ragazzi e delle loro famiglie. E Corvetto diventa così una banlieue, certo non in periferia, non distante dal centro di Milano.Cassonetti bruciati, bastoni, bottiglie pedanti lanciati contro le forze dell'ordine. Tre giorni di rivolta, dietro l'azione della polizia, via via tutto lo schieramento reazionario dei ricchi, dei medio-ricchi, dei piccolo-borghesi, sempre di più si schiera e la stampa governativa - e non solo - gli dà eco, li chiama delinquenti, quando i veri delinquenti sono chi ha ucciso Ramy.
“Niente tolleranza, serve
un giro di vite”, ha detto l'assessore regionale alla sicurezza Romano La Russa, il
fratello di quel lurido individuo che attualmente è presidente della Camera che
incita alla repressione.
Qui non si va a votare, i tassi di astensionismo sono stati
altissimi. Chi nel quartiere combatte la dispersione scolastica e si occupa
dell'inserimento dei ragazzi dice che qui ci sono giovani che sono in gran
parte, giovani italiani, i giovani della seconda generazione e sono questi
giovani che hanno svuotato estintori e fronteggiato le forze dell'ordine,
dimostrando, come sempre, che la ribellione aguzza l'ingegno. In via Cinquecento
bottiglie e bombe carta, fuochi, per rispondere alle cariche poliziesche e gli
agenti hanno usato i lacrimogeni. Una rivolta che è di questo quartiere ma che
puoi di guardare altre zone di Milano.
La polizia non vede altro che la repressione, ma nel voler
reprimere ne descrive in parte le capacità effettive di ribellione e di
organizzazione.
“Quella di Corvetto è
stata una guerriglia organizzata nei tempi e nei modi”, dice il segretario
del sindacato di polizia. “Con tanto di auto posizionate per impedire
l'intervento delle forze dell'ordine” - dice – “finalizzate a devastare e aggredire per affermare una presunta superiorità
sulle leggi, sullo Stato, su ogni regola civile”. E’ un linguaggio
forcaiolo ma alla fine è giusto.
Certo, i giovani si sono ribellati alle leggi, allo Stato e
a ogni regola civile di cui la “superiorità” di cui parla il sindacato di
polizia è il fatto che si può usare tranquillamente violenza nel quartiere,
persecuzione, oppressione, aggiungere a povertà, a mancanza di lavoro e di un
futuro, la violenza: la “regola civile” di cui parla la Polizia di Stato è
l'oppressione per i giovani e non solo per i giovani.
I giovani continuano a gridare la loro rabbia: “siamo una periferia abbandonata, a nessuno
importa di noi!” Certo ribellarsi, oltre che giusto, è necessario! I
giovani conducono una battaglia che non intende fermarsi qui, non sappiamo - perché
solo i giovani possono decidere se la rivolta continuerà nelle forme di questi tre giorni - ma quello che è certo che non si fermerà qui, non solo perché
occorre che venga fatta luce sui fatti, che ci sia giustizia per Ramy, occorre
che tutta la situazione di vita cambi, occorre che la polizia vada fuori dal
quartiere.
Tutti devono tacere su quello che i familiari e i giovani
nel quartiere stanno gridando a gran voce e che anima la rivolta: “Ramy non era un ladro, non aveva rubato,
è stato ammazzato! E questa verità deve venire fuori. In questa zona di merda siamo
dimenticati, qui non abbiamo futuro, siamo cresciuti giocando in strada, in
mezzo ai bidoni per fare la porta. Non c'è un campo, non c'è un locale ed ora
ci ammazzate”.
Ramy forse non era, come dice la sua fidanzata, un angelo, però
ha più che ragione Nada nel dire: “abbiamo
diritto di vedere i video, che si affermi la verità che l'hanno investito i
carabinieri. Pagheranno, “mio fratello - dice Tarek - non ha mai rubato niente
ma siccome siamo stranieri siamo tutti ladri e spacciatori. Siamo in Italia da
11 anni, siamo gente per bene. La nostra colpa è di essere poveri. Diciamo poi
a tutti: tutti gli italiani hanno chiesto verità per Giulio Regeni e lo dicono
genitori e giovani egiziani, ora chiediamo lo stesso che per Ramy che ci sia verità
e giustizia. Mio figlio è Regeni per noi egiziani”.
I giornali di destra si sono scatenati, parlano di
infiltrati che arrivano da diverse zone della città. Volesse il cielo che fosse
così, anzi deve essere così! Bisogna sostenere la rivolta. Perché è una rivolta
giusta e necessaria, perché accende i riflettori sulla Milano dei poveri, degli
immigrati, degli sfruttati, dei giovani delle periferie che sono arrivate al
centro della città.
“Presto accadrà
altrove”. Non si sa bene se è un auspicio, una minaccia per rafforzare
ulteriormente la presenza della polizia e la violenza preventiva verso questi
giovani e verso in generale le periferie o è una verità.
Noi tifiamo rivolta perché è solo la rivolta che dà dignità,
forza e giustezza, ai discorsi di protesta che si fanno e invece dobbiamo
ascoltare le menzogne vomitate a pieno titolo e tutto ciò che i giornali di
destra vedono come grave per noi è il frutto della forza della rivolta, “il tam tam sui social, l'agguato ai
poliziotti ridotti circolare in borghese”, “finiremo come in Francia”.
Ebbene, noi siamo perché si finisca come in Francia, nel senso giusto, vale a
dire che la rivolta si allarghi, perché solo con la rivolta sociale
effettivamente ci può essere giustizia per Ramy, ma ci può essere lo sviluppo
di una lotta vera in tutta la città che si aggiunge alla lotta in corso.
La stampa borghese reazionaria dice che Corvetto diventa epicentro
della violenza di importazione. La Questura chiede rinforzi, c'è a rischio l'escalation.
Nella repressione contro i giovani in rivolta nella campagna sfrenata della
stampa reazionaria, come sempre c'è insieme fascismo, razzismo, Stato di
polizia, odio sociale - il vero odio sociale - quello dei ricchi, della
borghesia, della gente bene, dei suoi apparati, dello Stato, dei suoi partiti,
delle sue Istituzioni, verso la gioventù immigrata, che in maggior parte è
anche gioventù italiana.
I sindacati di polizia diventano subito i portavoce del
governo, delle istituzioni, della stampa borghese. Il sindacato Coisp dice: “certe zone sono fuori controllo e sono
l'enclave della criminalità organizzata dove le leggi dello Stato vengono
sistematicamente sfidate, ma quale disagio sociale? Sono territori controllati
da criminali che si sentono intoccabili”.
La realtà è esattamente l'opposto.
Il trattamento che la borghesia, la sua stampa, le sue forze
dell'ordine riservano sempre a chi si ribella è lo spettro della Francia - finalmente! diremmo noi - Belpietro scrive: “si
può vedere in Francia, dove intere zone intorno alla capitale sono fuori
controllo, al punto che le forze dell'ordine non provano ormai neppure a
metterci piede”.
In Italia le rivolte non sono all'ordine del giorno, però a
quanto pare stiamo colmando il ritardo. Milano è la spia di quello che potrebbe
succedere in altre città italiane grazie all'immigrazione.
E’ poi è tutto un concerto. Valditara ha detto che sono i migranti
che fanno gli stupri, quando la realtà dei numeri lo ha immediatamente smentito
e Valditara è stato al centro della grande giornata di proteste del 23 del 25
novembre. Ma il governo ha coperto subito Valditara e la Meloni ha detto: “chiamatemi pure razzista, ma è vero che
sono i migranti il problema” per trovare conforto nella politica ultra
reazionaria, fascista, razzista, colonialista, che il governo conduce contro i
migranti dal primo giorno in cui si è insediato, con i morti a Cutro per finire
all'oscena parodia dei campi di deportazione, di concentramento, dell'Albania.
Questo governo fascista e razzista trova alimento dalla
rivolta per nuovi provvedimenti reazionari, per militarizzare le periferie, per
riempirli di polizia e per creare tutte le misure repressive - anche al di là
dei decreti sicurezza - che possono rendere queste periferie non solo ghetti ma
vere e proprie galere.
Per questo, proprio nelle due giornate particolari che sono il
29 e il 30, quello dello sciopero generale e quello della manifestazione
nazionale per la Palestina, dobbiamo portare la solidarietà ai giovani del
Corvetto che si stanno ribellando e che vengono non solo insultati, repressi,
criminalizzati.
Invece che ottenere verità per la morte di un loro fratello,
di un ragazzo, si oppone invece più repressione che inevitabilmente provocherà
nel quartiere più occasioni perché dei giovani vengano arrestati, perseguitati
e infine uccisi.
Landini parla di
rivolta sociale ma a cosa allude quando parla di rivolta sociale? allo
sciopero tradizionale che è bene che ci sia contro il governo? Ma la rivolta
sociale è altra cosa. Vediamo se si troverà il modo di esprimere una parola di
solidarietà ai giovani che si stanno ribellando al quartiere di Corvetto. Così Milano
da settimane, da mesi, da un anno quasi, è teatro di settimanali manifestazioni
di solidarietà al popolo palestinese giuste e necessario che hanno fatto di
Milano una sorta di capitale della solidarietà al popolo palestinese. Questa
solidarietà che si dovrà riversare nella manifestazione unitaria che speriamo
grande di sabato.
Ma diciamo anche a tutti i compagni che la vera solidarietà è sempre lo sviluppo della lotta contro il proprio
Stato, il proprio governo e che la rivolta è un'occasione per dimostrare ancora
una volta il legame che c'è tra la rivolta sociale nel cuore di un paese
imperialista, di una città, di un paese imperialista come Milano, e i popoli
che si ribellano, il popolo palestinese che viene sottoposto a massacri a un
piano di genocidio, di massacri. I genocidio verso il popolo palestinese chiama
alla solidarietà, ma lo stessa solidarietà deve rivolgersi forte e chiara ai
giovani che si ribellano nella cosiddetta banlieue milanese di zona Corvetto.
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