giovedì 28 novembre 2024

pc 28 novembre - Formazione operaia - "L'estinzione" dello Stato e la rivoluzione violenta" - da Stato e rivoluzione di Lenin


Nella precedente Formazione operaia concludevamo che sulla base dell'analisi storica materialistico dialettica Engels spiega perchè lo Stato non è sempre esistito e non esisterà per sempre e Lenin può dire che l'intera macchina statale può essere relegata nel "museo dell'antichità".
Che succede quando il proletariato si impadronisce del potere statale? 

Lenin riprende Engels:
"Il proletariato si impadronisce del potere dello Stato e anzitutto trasforma i mezzi di produzione innanzitutto in proprietà dello Stato. Ma così sopprime se stesso come proletariato, sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato. La società esistita sinora, muoventesi sul piano degli antagonismi di classe, aveva necessità dello Stato, cioè di una organizzazione della classe sfruttatrice, per conservare le condizioni esterne della sua produzione e quindi specialmente per tener con la forza la classe sfruttata nelle condizioni di oppressione date dal modo vigente di produzione (schiavitù, servaggio, lavoro salariato). Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era solo in quanto era lo Stato di quella classe che al suo tempo rappresentava da sola tutta quanta la società: nell'antichità era lo Stato dei cittadini padroni di schiavi, nel medioevo lo Stato della nobiltà feudale, nel nostro tempo lo Stato della borghesia. Ma, diventando alla fine effettivamente il rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso, superfluo. Quando non vi sarà più nessuna classe sociale da tenere sottomessa, quando insieme col dominio di classe, la lotta per l'esistenza individuale fondata sull'anarchia della produzione sinora esistente, saranno eliminati anche i conflitti e le violenze che ne derivano, allora non ci sarà da reprimere più niente; sparirà quindi la necessità dello Stato come forza repressiva particolare. Il primo atto con cui lo Stato si presenta come il vero rappresentante di tutta la società, cioè la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società, sarà ad un tempo l'ultimo suo atto indipendente in quanto Stato. L'intervento di una forza statale nei rapporti sociali diventa superfluo a poco a poco in ogni campo e verrà meno da se stesso. Al posto del governo sulle persone appare l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi. Lo Stato non viene " abolito": lo Stato si estingue. Sotto questo aspetto conviene giudicare la frase "Stato popolare libero", la quale è tanto temporaneamente giustificata dal punto di vista dell'agitazione, quanto è, in ultima analisi, scientificamente insufficiente. E sotto questo aspetto conviene giudicare anche la rivendicazione dei cosiddetti anarchici, che vogliono che lo Stato sia abolito dall'oggi al domani" ( Antidühring. [La scienza sovvertita dal signor Eugenio Dühring], pp. 302-303, terza ed. tedesca, 1894).

Quindi, la prima questione, il primo atto che il proletariato fa una volta preso il potere statale è di espropriare la borghesia, i padroni dei mezzi di produzione e trasformarli in proprietà dello Stato, che a questo punto non è più lo Stato di prima rappresentante della classe dominante borghese, una macchina che non può essere "trasformata" ma deve essere totalmente distrutta perchè ha come scopo principale quello di mantenere l'ordine e il dominio della classe di minoranza sulla maggioranza per lo sfruttamento della classe oppressa, ma lo Stato dei proletari, lo Stato socialista che rappresenta, per la prima volta nella storia, la maggioranza della popolazione ma che ha lo scopo di mettere fine all'esistenza stessa delle classi e della divisione di classi.
Ma così, dice Engels, sopprimendo sè  stesso come proletariato "sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato".  Lo Stato proletario diventando il rappresentante di tutta la società non ha più ragione di esistere. Prima era necessario per la divisione in classi della società, come organo non di conciliazione tra le classi ma di repressione della classe al potere contro la classe oppressa; una volta che le classi vengono abolite lo Stato, così come lo abbiamo conosciuto, non ha più ragione di esistere.
Quindi, prima questione, lo Stato proletario non è lo Stato odierno riformato. Questo è la falsa idea dei borghesi "democratici" che non vogliono rovesciare, sopprimere il potere dei capitalisti, anzi pensano che senza di loro la società, la produzione non potrebbe continuare, e che vogliono soltanto una appunto conciliazione tra le classi. Lo Stato proletario è uno Stato che mette fine ad ogni struttura, ad ogni funzione dello Stato odierno, perchè ogni struttura, ogni funzione è per imporre la dittatura della borghesia sui proletari e le masse oppresse, comunque questa "dittatura" si presenta.

Seconda questione, su cui poi Lenin insiste molto e chiaramente. 
Engels spiega benissimo che tutto quanto dice dopo sul fatto che lo Stato si rende superfluo, che sparirà la necessità dello Stato come forza repressiva particolare, che quindi lo Stato in quanto Stato si estingue si riferisce allo Stato proletario. 
Questo non può essere travisato per dire che allora è lo Stato borghese che si estingue e quindi contro lo Stato borghese non c'è bisogno di fare la rivoluzione proletaria.

Torniamo a ciò che scrive Lenin su questo.
"Si può dire senza timore di sbagliare che di tutto questo ragionamento di Engels, straordinariamente ricco di idee, i partiti socialisti di oggi non hanno veramente acquisito nel loro pensiero che la formula secondo cui, per Marx, lo Stato "si estingue", in contrapposizione alla dottrina anarchica dell'"abolizione" dello Stato. Amputare in tal modo il marxismo vuol dire ridurlo all'opportunismo, poichè, dopo una tale "interpretazione" non rimane che il concetto vago di un cambiamento lento, uguale, graduale, senza sussulti né tempeste, senza rivoluzione. La "estinzione" dello Stato nel concetto corrente, generalmente diffuso, di massa, se così si può dire, è senza dubbio la scomparsa, se non la negazione, della rivoluzione.
Ebbene, questa "interpretazione" è la più grossolana deformazione del marxismo...

Primo. Proprio al principio del suo ragionamento Engels dice che il proletariato, impadronendosi del potere sopprime con ciò "Lo Stato in quanto Stato". Riflettere sul significato di questa frase è cosa che "non entra nelle abitudini". Per lo più o si trascura completamente questo pensiero o vi si vede una specie di "debolezza hegeliana" di Engels. In realtà, in queste parole è espressa in forma incisiva l'esperienza di una delle più grandi rivoluzioni proletarie, l'esperienza della Comune di Parigi del 1871, di cui parleremo a lungo più avanti. In realtà, Engels parla qui di "soppressione" dello Stato della borghesia per opera della rivoluzione proletaria, mentre ciò ch'egli dice sull'estinzione dello Stato riguarda i resti dello Stato proletario che sussisteranno dopo la rivoluzione socialista. Lo Stato borghese, secondo Engels, non "si estingue"; esso viene "soppresso" dal proletariato nel corso della rivoluzione. Ciò che si estingue dopo questa rivoluzione, è lo Stato proletario o semi-Stato.

Secondo. Lo Stato è una "forza repressiva particolare". Questa definizione di Engels, meravigliosa e in sommo grado profonda, è qui enunciata con perfetta chiarezza. E ne deriva che questa "forza repressiva particolare" del proletariato da parte della borghesia, di milioni di lavoratori da parte di un pugno di ricchi, deve essere sostituita da una "forza repressiva particolare" della borghesia da parte del proletariato (dittatura del proletariato). In ciò appunto consiste "la soppressione dello Stato in quanto Stato". In ciò consiste 1'"atto" della presa di possesso dei mezzi di produzione in nome della società. E' ovvio che questa sostituzione di una "forza particolare" (quella della borghesia) con un'altra "forza particolare" (quella del proletariato), non può avvenire nella forma di "estinzione".

Come dire: più chiaro di così si muore... Dopo la rivoluzione proletaria e la soppressione dello Stato borghese, le classi non finiscono da un giorno all'altro, la borghesia non scompare improvvisamente (anzi, come l'esperienza delle rivoluzioni ci insegna, la borghesia tenta disperatamente e con tutti i mezzi di riprendere il potere); quindi è necessario nel socialismo - periodo di transizione verso il comunismo - che il proletariato costruisca "temporaneamente" un proprio Stato, che sostituisca alla dittatura della borghesia - dittatura di una minoranza sfruttatrice sulla maggioranza delle masse - la "dittatura del proletariato" che è la massima democrazia per la maggioranza e dittatura per la minoranza che vuole restaurare il potere di sfruttamento e oppressione. E come la presa del potere da parte del proletariato non può avvenire senza una rivoluzione, questa rivoluzione (come soprattutto la Cina di Mao Tse tung ha insegnato) deve continuare per rendere forte e stabile il potere del proletariato e tutti i suoi atti conseguenti.

Quindi, l’abbattimento dello Stato riguarda necessariamente lo Stato borghese, che non si può estinguere, "non se ne può andare con le sue gambe"; ’abbattimento dello Stato borghese comporta per il proletariato rivoluzionario e il suo partito comunista l’altrettanta necessità di costruire lo Stato di dittatura del proletariato per difendere i risultati della rivoluzione, impedire con la forza dello Stato proletario che la borghesia riprenda il potere. Chi parla di “rivoluzione” e non, insieme, di “dittatura de proletariato” vuole seminare illusioni, e portare il proletariato alla sconfitta.
L’estinzione dello Stato riguarda invece lo Stato proletario, che, via via che le classi e la divisione in classi antagoniste scompare e le masse si autogovernano, non solo nel proprio paese, ma in tutti i paesi, non ha più ragione di esistere.
Gli opportunisti da un lato lottando tenacemente contro l’abbattimento dello Stato borghese, e gli anarchici dall’altro parlando oggi di estinzione dello Stato, negano entrambi la lotta rivoluzionaria del proletariato e la dittatura proletaria.

Continua Lenin:

Terzo. Questa "estinzione", o, per parlare con più risalto e più colore, questo "assopimento", Engels lo riferisce in modo chiaro ed evidente al periodo che segue "la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società", cioè al periodo che segue la rivoluzione socialista...

Quarto. Enunciando la sua celebre tesi: "Lo Stato si estingue", Engels si affretta a precisare che essa è diretta e contro gli opportunisti e contro gli anarchici. Inoltre da Engels è posta in primo piano quella conclusione dalla tesi sull'"estinzione dello Stato" che è diretta contro gli opportunisti... (ma) la conclusione contro gli opportunisti è stata messa in ombra e "dimenticata "!

Lo "Stato popolare libero" era una rivendicazione programmatica, una parola d'ordine corrente dei socialdemocratici tedeschi degli anni 1870-1880. In questa parola d'ordine non v'è alcun contenuto politico salvo una pomposa enunciazione piccolo-borghese della nozione di democrazia... Ma questa parola d'ordine era opportunista, non soltanto perchè imbelliva la democrazia borghese, ma anche perchè esprimeva l'incomprensione della critica socialista di ogni Stato in generale. Noi siamo per la repubblica democratica, in quanto essa è, in regime capitalista, la forma migliore di Stato per il proletariato, ma non abbiamo il diritto di dimenticare che la sorte riservata al popolo, anche nella più democratica delle repubbliche borghesi, è la schiavitù salariata. Proseguiamo. Ogni Stato è una "forza repressiva particolare" della classe oppressa. Quindi uno Stato, qualunque esso sia, non è libero e non è popolare...

Questa funzione di "forza repressiva particolare" della classe oppressa c’è sia quando lo Stato è democratico sia quando è fascista. "La Repubblica democratica in regime capitalista - dice Lenin - è la forma migliore di Stato del proletariato", perchè il proletariato ha una certa maggiore libertà di organizzare le sue forze per la lotta, per la rivoluzione, ma non perchè cessi o attutisca la dittatura della borghesia (e questo lo abbiamo sperimentato molto bene con i governi di centrosinistra, di "sinistra" che non hanno certo abolito lo sfruttamento delle masse, che non hanno certo garantito i diritti fondamentali, ecc.). Anche la borghesia in generale, da parte sua, preferisce il metodo democratico, perchè così può fare tranquillamente i suoi affari, ma in determinate fasi è costretta ad assumere la forma della dittatura aperta, ma non per negare i conflitti ma sempre allo scopo di attenuarli. Quando l’attenuazione non riesce, occorre soffocarli. Benchè con lo Stato fascista la borghesia deve dichiarare in maniera nuda e cruda la sua vera natura di oppressione e repressione, la democrazia e il fascismo non sono due forme opposte ma l’una serve l’altra. La necessità per il proletariato della rivoluzione non nasce quindi dalla forma fascista dello Stato ma dalla sua permanente natura di classe. 

Lenin proseguendo e riprendendo sempre Engels chiarisce come il proletariato può prendere il potere: con la rivoluzione violenta.

"Quinto. La stessa opera di Engels, in cui si trova il ragionamento sull'estinzione dello Stato che tutti ricordano, contiene anche una considerazione sul significato della rivoluzione violenta. La valutazione storica della sua funzione si trasforma in Engels in un vero panegirico della rivoluzione violenta. Nessuno "se ne ricorda"...

Ecco questa considerazione di Engels: "...che la violenza abbia nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria, che essa, secondo le parole di Marx, sia la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova, che la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..." (p. 193, terza ed. tedesca, fine del 4° capitolo, II parte).

Come unire nella stessa dottrina questo panegirico della rivoluzione violenta, tenacemente presentato da Engels ai socialdemocratici tedeschi dal 1878 al 1894, cioè fino alla sua morte, e la teoria dell' "estinzione" dello Stato?...

Abbiamo già detto prima, e lo dimostreremo in modo più particolareggiato nel seguito della nostra argomentazione, che la dottrina di Marx e di Engels sulla necessità della rivoluzione violenta si riferisce allo Stato borghese. Questo non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di "estinzione"; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta. Il panegirico con cui Engels esalta la rivoluzione violenta concorda pienamente con le numerose dichiarazioni di Marx (ricordiamo la conclusione della Miseria della filosofia e del Manifesto del Partito comunista che proclama fieramente e categoricamente l'ineluttabilità della rivoluzione violenta; ricordiamo la critica del programma di Gotha nel 1875, circa trent'anni più tardi, dove Marx flagella implacabilmente l'opportunismo di questo programma)...

La sostituzione dello Stato proletario allo Stato borghese non è possibile senza rivoluzione violenta. La soppressione dello Stato proletario, cioè la soppressione di ogni Stato, non è possibile che per via di "estinzione".

Marx ed Engels svilupparono queste concezioni in modo particolareggiato e concreto, studiando ogni situazione rivoluzionaria particolare, analizzando gli insegnamenti forniti dall'esperienza di ogni rivoluzione...

Dall’analisi dello Stato borghese, dalla sua genesi, così come tracciata da Marx, Engels e ripresa da Lenin, scaturisce l’inevitabilità e indispensabilità della rivoluzione violenta, base di principio indispensabile della teoria rivoluzionaria del proletariato.

Lo Stato borghese è distaccamenti speciali di uomini armati che dispongono di prigioni, ecc.…”. Certo, lo Stato non è solo ‘distaccamenti armati’, quindi polizia, eserciti, prigioni – Engels dice “…e istituti di pena di ogni genere…” - ma questa è la forza principale di uno Stato come strumento di dominio della classe dominante. Da qui il carattere necessariamente violento della rivoluzione proletaria, la sua necessità di distruzione dell’apparato statale borghese. Pur se su piccola scala al momento, i proletari, le masse popolari lo vedono ogni volta che sviluppano lotte dure, rivolte, contro le quali lo Stato mostra senza orpelli la sua natura oppressione/repressiva di fondo. 
Questo carattere dello Stato si rafforza nell’imperialismo così come si rafforza nella misura in cui si sviluppano gli antagonismi di classe e i contrasti tra Stati. Si tratta di un processo non certo dipendente da questo o quell’evento, ma legato al processo di progressivo estraniamento dello Stato dalla società e dal potenziale degli antagonismi di classe che lo sviluppo della società imperialista produce sia al suo interno sia all’esterno nelle contese tra Stati, nella fase dell'imperialismo. 
Da ciò l'inevitabilità della rivoluzione proletaria come rivoluzione violenta che non dipende dalle forme specifiche del dominio della classe dominante. La diversità dei regimi e dei governi influisce nella tattica della realizzazione della rivoluzione proletaria, non nel suo carattere.
La rivoluzione proletaria mette la violenza al servizio della lotta contro il carattere principale dello Stato e in funzione di strappare il potere alla classe dominante, distruggere l’apparato statale della classe dominante, mettere fine alla violenza reazionaria della borghesia, e nel comunismo alla violenza in generale.

Gli opportunisti, anche tra coloro che si dicono rivoluzionari o addirittura "comunisti", cercano di nascondere la necessità della rivoluzione proletaria violenta; parlano a volte di rivoluzione ma di fatto non lavorano realmente per essa e si accontentano al massimo, anche gli anarchici, di azioni più dure ma di gruppo; non si ha fiducia e non si lavora per la violenza da parte del proletariato e delle masse oppresse. 

Ma, infine vigliamo sottolineare le parole di Marx sulla violenza rivoluzionaria che Lenin riprende: "la violenza (ha) nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria (come) la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova... la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..."
La violenza non è solo "male necessario" essa serve anche come levatrice di una nuova società, che distrugge le forme morte per le nuove forme vive. In questo quello che avviene nella la società non è diverso da quello che avviene nella natura, in cui i reali cambiamenti avvengono spesso in forme traumatiche, violente, ma necessarie.
Questo deve far piazza pulita di ogni moralismo piccolo borghese che non ha nulla a che fare con i movimenti storici dell'umanità.
(continua)

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