In questi giorni sono alla ribalta le manovre aggressive di Unicredit per comprare la Commerzbank tedesca e la Banca popolare di Milano per diventare così la terza banca più grande in Europa; manovre che hanno tirato in ballo gli interessi dei partiti politici, dalla Meloni a Salvini a Tajani ma che sono in realtà normali manovre del sistema capitalistico di centralizzazione dei capitali, che ha portato negli anni “alla scomparsa delle banche popolari e privato di vitale credito il sistema delle imprese, specie quelle più piccole”. Ma a proposito di banche, l’aspetto che vogliamo mettere in evidenza in questo caso è dato da una notizia riportata da Affari&Finanza del 18 novembre scorso, e cioè l’operazione portata avanti dagli Stati che prima salvano le banche dalla bancarotta, le risanano, le nazionalizzano temporaneamente, impiegando miliardi di soldi pubblici e poi le restituiscono ai privati.
E questo mentre la borghesia
piange costantemente miseria, dice di non trovare fondi per le necessità
sociali, fa finta di arrovellarsi su dove trovare i soldi per chiudere le leggi
di bilancio perché “la coperta è corta”, cerca addirittura vergognosamente di
far passare leggine per aumentare i fondi a disposizione dei partiti, come
quella sul 2xmille, e poi invece…
Invece, come dicevamo in un
precedente articolo, senza il sostegno attivo dello Stato borghese, e qui ci
limitiamo al campo economico, questo sistema capitalistico non potrebbe stare
in piedi, e le contraddizioni create dagli eventuali fallimenti, soprattutto
delle banche, diventerebbero molto più acute, tanto che la borghesia avrebbe
più difficoltà a gestire l’inevitabile “turbolenza sociale”.
Il “fenomeno”, come si sa, tocca
tutti gli Stati del mondo. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il crac del
2007 con il “crollo di Wall Street”, della Borsa degli Stati Uniti dove si
concentrano buona parte degli scambi azionari e obbligazionari e le sue
ripercussioni in tutto il mondo.
E per rimanere in Italia, l’esempio
del salvataggio delle banche è illuminante.
Tutti ricorderanno il fallimento
della banca Monte dei Paschi di Siena che causò la perdita di soldi per
tantissime persone, soprattutto piccoli risparmiatori e correntisti, ebbene,
secondo l’articolo di Affari&Finanza questo è “Il dossier italiano più
voluminoso per importo — in tutto forse 10 miliardi tra aumenti, rimborsi e
costi vari” ed “è stato anche il più sofferto. Non per le somme ma per
la rilevanza della banca senese, ‘politica’ (nel territorio e nella classe
dirigente nazionale) e ‘sistemica’, ai fini di vigilanza e per le emissioni
di debito pubblico di cui Mps è specialist.” Come si può leggere il
salvataggio non è stato solo economico, ma politico perché ha coinvolto “la
classe dirigente nazionale”.
Il “risanatore” incaricato ha
chiesto al governo 2 miliardi e mezzo di nuovo capitale “per spesare
4 mila esuberi”, cioè bisognava comunque liberarsi di 4 mila lavoratori.
In questo senso ogni operazione di M&A (Fusione e acquisizione),
prevede degli esuberi di lavoratori, per quella con la Bpm la Repubblica parla
di 7000!
Oggi, grazie a tutto questo il
Monte dei Paschi di Siena “è una banca risanata, con un patrimonio Cet1 da
record al 18,3% e che vede 2 miliardi di utili nel 2024.”
Dalla vendita delle banche
risanate ai privati si pensa che il governo possa ricavare quello che aveva
investito, e invece no, per niente, anzi: “…il saldo resta negativo sui 7
miliardi sborsati. Più in generale, dei 1.000 miliardi messi nelle
banche dai governi europei le dismissioni ne hanno fruttati un centinaio.”
Salvare i padroni e i loro profitti, questo è il compito dei governi e in particolare, detto in maniera esplicita, di questo governo moderno fascista.
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