La nostra linea per lo sciopero generale è quella di partecipare alle manifestazioni di massa se ci sono gli operai e a manifestazione dove noi possiamo prendere la parola e quindi portare la nostra linea generale per lo sciopero generale, espressa nel manifesto, centrata sulle rivendicazioni dei lavoratori, sull'essenziale che sono i salari, il lavoro e la sicurezza sul posto di lavoro. Queste dentro il discorso più generale del governo, della finanziaria, su cui non abbiamo molto da aggiungere alle cose dette anche dal sindacato confederale. Il problema è di mettere al centro le rivendicazioni essenziali, e porre un nesso tra la lotta che si fa sui posti di lavoro, per il salario, per difendere il lavoro e migliorare le condizioni di lavoro, per la sicurezza e lo sciopero generale.
Ci sarebbe piaciuto che lo sciopero fosse stato centrato solo su queste tre questioni (Salari, lavoro, sicurezza), perché su queste vogliamo dei risultati concreti. Mentre su altri problemi noi pensiamo che in realtà non si possa ottenere niente senza cacciare il governo e senza innescare una lotta adeguata.
Su questa linea sembra che siamo solo noi. Tutti se la cavano con una sorta di “lista della spesa”, rivendicando tutto e il contrario di tutto, mettendo tutte le rivendicazioni possibili e immaginabili. Questo modo di fare gli scioperi generali non ci è mai piaciuto e non è giusto. Gli scioperi generali hanno una loro forza quando si centrano su alcune questioni precise, comuni a tutti i lavoratori e su questo si riesce a ad aprire uno scontro reale con i governi e i padroni, che dalle fabbriche arriva nelle città e dalle manifestazioni generali arriva alle manifestazioni particolari.
Anche la piattaforma dei sindacati di base, condivisibile, è inutile. Si tratta chiaramente di rivendicazioni più giuste rispetto a quelle dei sindacati confederali, ma nella sostanza il metodo, la concezione dello sciopero generale sono identici.
Serve lo sciopero generale, è giusto che ci sia, al di là che sarà difficile che ottenga risultati. Però è importante.
Anche rispetto a questo governo la nostra linea generale resta sempre; trasformare lo sciopero economico in sciopero politico, lo sciopero politico in insurrezione. Ma ora siamo ancora allo stadio dello sciopero economico. Quando Lenin parla di sciopero economico parla di scioperi generali che
investono tutti i lavoratori, contro il governo e l’intero sistema dei padroni; e che nello stesso tempo, a fronte del fatto che i governi non rispondono positivamente, lo sciopero si radicalizza e diventa un brodo di coltura dello sciopero politico che viene costruito dalle forze politiche, dagli operai d'avanguardia.Noi siamo in una fase, non sappiamo quanto lunga, in cui la caratteristica generale del movimento dei lavoratori è lo sciopero economico. E questo indipendentemente dalla nostra attività. Evidentemente nello sciopero economico vanno messe le questioni politiche importanti: la guerra, la repressione che oggi fa un salto di qualità con i decreti sicurezza, la questione degli immigrati sia quelli che lavorano che quelli che vengono rinchiusi nei ghetti, del razzismo verso gli immigrati - perché il movimento dei migranti nel nostro paese è una componente essenzialissima di tutta la lotta politica e sociale e della stessa lotta sindacale perché sono consistenti settori e sono presenti in maniera differenziata nel paese.
Su questo la piattaforma dei sindacati confederali contiene solo l'opposizione ai decreti sicurezza. E siamo contenti. dobbiamo dirlo ai lavoratori perchè questa battaglia deve essere assunta dall'intero movimento sindacale, e la maggioranza dei lavoratori non sta con noi. L'unico modo per arrivare a loro è attraverso le organizzazioni sindacali a cui si riferiscono.
Questo è molto, molto importante che la rivendicazione del No al decreto sicurezza ci sia nella piattaforma dei sindacati confederali in uno sciopero generale. Più che nella piattaforma della “rete Liberi di lottare”. Questo è un risultato, certo anche della forte denuncia e dell'azione che tutti quanti abbiamo fatto e chi aveva più forza l'ha potuta fare meglio. Però il risultato importante in questo sciopero generale è che la denuncia, l'opposizione ai decreti sicurezza sia dentro la piattaforma dei sindacati confederali per arrivare alla gran massa dei lavoratori.
Non c'è invece nella piattaforma dei sindacati di base assolutamente la guerra; non c'è neanche la rivendicazione banale “meno spese militari, più spese sociali”. Non c’è la questione dei migranti. Queste due grandi questiono mancano nella piattaforma dello sciopero generale dei sindacati, è questo lo dobbiamo dire a tutti i lavoratori, non si può fare uno sciopero generale oggi e non inserire l'opposizione alla guerra, all'aumento delle spese militari.
Quindi questo sciopero generale è monco. È bene che sia generale, che coinvolga tutti i settori dei lavoratori; è bene, che sia stato inserito il decreto sicurezza, ma manca il resto e manca gravemente la solidarietà al popolo palestinese. Ma su questo non c'è da stupirsi perché i sindacati sono una proiezione delle politiche dei partiti parlamentari.
Ma per chiarezza. Noi non siamo come il Si.Cobas, non siamo della Rete liberi di lottare per cui siccome c'è la guerra lo sciopero deve essere contro la guerra, assolutamente. No, Lenin ci ha spiegato: una cosa è costruire l'opposizione alla guerra, una cosa è avere chiaramente la percezione di come la guerra pesi nella realtà del movimento dei lavoratori (ma non possiamo dire che nel nostro paese c'è la guerra, mentre chiaramente c’è l'opposizione alle spese militari, alla partecipazione italiana agli armamenti). Ora la guerra non è centrale nel movimento dei lavoratori inteso come un movimento di massa. E la costruzione di un movimento contro la guerra nelle file dei lavoratori deve passare attraverso tutt'altra attività di quella che viene fatta.
Quindi dire che la giornata del 29 e la giornata del 30 sono legate è sbagliato. Non c'è legame tra uno sciopero generale in cui bisogna inserire tutti gli stimoli e spunti anche di carattere politico, e la manifestazione nazionale per la Palestina. Su questo la cosa giusta che hanno fatto i palestinesi è stata di decidere di stare nello sciopero generale. Ma non sono loro che proclamano gli scioperi generali, che possono avere un ruolo determinante nello sciopero generale. Quello che è giusto è che il movimento palestinese partecipi alle manifestazioni dello sciopero generale e porti con forza ai lavoratori la questione Palestina che, evidentemente, portata dai palestinesi ha un impatto verso il movimento dei lavoratori molto maggiore.
Su questo noi dobbiamo avere chiarezza e prendere le distanze dalle posizioni dei sindacati di base. Chiaramente dire che non c'entriamo niente come posizione significa comunque sapere che abbiamo problemi perché siamo sempre di quell'area alternativa alla borghesia.
Però per lo sciopero generale del 29 noi abbiamo bisogno di piazze, dei posti di lavoro.
Noi ci auguriamo che lo sciopero abbia la massima riuscita, facendo anche fallire la volgare provocazione di attacco al diritto di sciopero di Salvini, ma per conto di tutto il governo.
Ci auguriamo che lo sciopero riesca pure per approfondire una separazione necessaria tra i lavoratori. Tra i lavoratori serve la “guerra civile”. Ci sta bene che la Cisl si dimostri apertamente che sta col governo. Ma purtroppo la Cisl non sono “quattro gatti”, è un grande sindacato e quindi il fatto che non partecipa allo sciopero incide nello sciopero.
Detto questo, in maniera improvvisa il parolaio di turno, il segretario della Cgil Landini ha parlato di “rivolta sociale”. Questa cosa ci sta bene perché effettivamente noi siamo per la rivolta sociale, lo abbiamo sempre detto che lo sciopero deve diventare guerra di classe e scioperi selvaggi, blocchi, rivolta sociale, perché questo tipo di sviluppo degli scioperi permette la dialettica tra sciopero economico e sciopero politico e inserisce degli elementi nello scontro che sono funzionali alla trasformazione insurrezionale degli scioperi, anche se senza Partito, fronte unito, gruppi di operai armati, non si fanno le rivoluzioni. Però la dialettica di questo tipo di movimento la si vede in altri paesi, in altre occasioni, e si vede che questa dialettica paga, pensiamo a quello che è avvenuto nel Bangladesh.
Altre visioni non ne abbiamo. Il nostro problema è costruire la forza, la politica per poter fare, ma la linea viene prima di tutto.
Ma chiaramente queste cose abbiamo bisogno non di dirle a noi stessi, ma di dirle nelle piazze. E in questo senso vanno bene tutte quelle situazioni, scioperi, manifestazioni di piazza, in cui possiamo dire queste cose, in cui possiamo fare completamente il nostro discorso.
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