Botta e risposta tra attivisti e Montanari
Lunedì 19 febbraio, il comitato Palestina Siena è intervenuto alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università per Stranieri di Siena, contestando la ministra dell’Università e Ricerca.
Gli attivisti del comitato, tra cui alcuni studenti dell’università per stranieri di Siena, dopo aver esposto bandiere palestinesi e cartelli invocanti la fine del genocidio, hanno contestato alla Ministra Bernini la complicità del governo nel genocidio del popolo palestinese, chiedendo la fine immediata di ogni rapporto accademico con le università israeliane, partecipi al sistema di occupazione e di apartheid nella Palestina occupata.
A margine della contestazione è passato di là, mentre la DIGOS identificava i contestatori, il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, cui è stata contestata la vicinanza al console onorario d’Israele Carrai e che ha pilatescamente sviato le sue responsabilità.
Al Rettore Tomaso Montanari, il comitato ha ribadito come la posizione da lui espressa su boicottaggio universitario non tenga conto da un lato del contesto storico, se così vogliamo chiamare il genocidio in atto dal 1949 ad oggi, e dall’altro del ruolo delle Università israeliane nel sistema di Apartheid e di sfruttamento della Palestina.
“Capisco profondamente la sofferenza del popolo palestinese, e non giudico in alcun modo chi, da questa profondamente scosso, arriva a sbagliare clamorosamente obiettivo, e non è disposto a discutere il senso profondo delle argomentazioni contro ogni boicottaggio universitario che avevo esposto in un articolo dello scorso novembre” – ha affermato Tomaso Montanari in una intervista alla Gazzetta di Siena. “Credo solo che sia una strada sbagliata, miope, a suo modo inutilmente violenta – conclude il Rettore dell’Università per stranieri di Siena.
Da ciò è partita una polemica che pare stia superando i confini senesi.
Il comitato Palestina Siena chiarisce alcuni aspetti della polemica in questa intervista alla Gazzetta di Siena:
Come rispondete alle ultime dichiarazioni sui social di Montanari?
“Non crediamo utile prendere parte a un botta e risposta mediatico che inizia dai social, ieri abbiamo posto dei problemi concreti al Rettore, ed è su quelli che possiamo accettare un confronto. Non siamo quindi contrari a discutere le motivazioni per le quali è necessario rompere anche gli accordi accademici e di ricerca con Israele. Siamo però persone che ogni giorno studiano, lavorano o devono comunque preoccuparsi ogni giorno per il giorno successivo, il nostro tempo è utilmente impiegato se può incidere sulla realtà dei fatti. Fino ad oggi il Rettore Montanari ha ribadito la sua indisponibilità a rescindere gli accordi, minando di fatto ogni base di dialogo. La messa in discussione pubblica di questa posizione, vale a dire la dichiarazione di essere disponibile a prendere in considerazione le richieste del popolo palestinese, è quindi premessa irrinunciabile per sederci ad un tavolo di discussione”.
Bisogna escludere accordi con le università israeliane?
“Su questo citiamo le linee guida PACBI (Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel) del movimento BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni), che sono sicuramente esaustive: ‘Le istituzioni accademiche sono un punto chiave della struttura ideologica ed istituzionale del regime di oppressione, colonialismo ed apartheid di Israele contro la popolazione palestinese. Fin dalla sua fondazione, l’accademia israeliana ha scritturato il suo destino con l’establishment politico-militare egemone in Israele, e nonostante gli sforzi di una manciata di accademici di principio, l’accademia israeliana è profondamente implicata nel supporto e nella perpetuazione del sistematico diniego di Israele dei diritti dei palestinesi’.
“Come regola imperativa generale, tutte le istituzioni accademiche israeliane, salvo prova contraria, sono soggette al boicottaggio, a causa della loro decennale, profonda e consapevole complicità nel perpetrare l’occupazione israeliana e la negazione dei diritti fondamentali dei palestinesi, sia attraverso il loro silenzio, che rappresenta un effettivo coinvolgimento volto a giustificare, occultare o altrimenti deliberatamente sviare l’attenzione dalle violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti umani, o addirittura attraverso la loro diretta collaborazione con le agenzie statali nella pianificazione e nella realizzazione di progetti che violano il diritto internazionale e i diritti dei palestinesi. Di conseguenza, queste istituzioni, tutte le loro attività, e tutte le attività che sponsorizzano o che supportano devono essere boicottate. Si dovrebbe porre fine a tutti i progetti con le istituzioni accademiche israeliane, così com’è stato con le istituzioni accademiche sudafricane sotto l’apartheid’”.
Il console israeliano onorario Marco Carrai dice che in pochi giorni a Siena sono accaduti “due episodi (in riferimento a quanto accaduto anche ai Rozzi, ndr) gravi e sintomatici contro Israele in luoghi preposti alla cultura”, cosa rispondete?
“É evidente che per il console israeliano qualsiasi voce non allineata risulti pericolosa e vada repressa. Ma è comprensibile, perché così funziona in Israele, il cui governo sta imponendo con violenza, sia all’ interno che all’ esterno del paese, il consenso nei confronti dello sterminio del popolo palestinese. Tra l’altro il console, nelle sue dichiarazioni, fa un’operazione, questa sì, molto grave: sovrappone sionismo ed ebraismo, alludendo poi alle misure antiebraiche nazifasciste, per cercare di confondere gli aguzzini di oggi con le vittime di ieri.
Questo per noi è offensivo nei confronti della memoria di quell’ immane tragedia che sono state le leggi razziali e l’olocausto. Il console, insomma, si arrampica goffamente e pericolosamente sugli specchi per sostenere chi sta compiendo una pulizia etnica di vastissime proporzioni. Noi invece, molto semplicemente, siamo dalla parte di chi anche in queste ore viene ucciso sotto le bombe israeliane con la complicità delle nostre istituzioni. É necessario fare di tutto affinché il genocidio si fermi e la Palestina sia libertà dal colonialismo sionista”.
Sono cinque mesi che portate avanti questa battaglia, pensate di essere ascoltati dalle istituzioni?
“Da cinque mesi si è formato il Comitato, ma per moltissimi di noi questa battaglia è iniziata molto prima. Il comitato rivendica la continuità con le lotte in solidarietà con il popolo palestinese che da decenni si svolgono in Italia. Ci sembra assurdo dover ricordare di nuovo che la situazione attuale non è nata il 7/10/2023, ma determinata da un’oppressione coloniale ormai secolare.
Qui c’è anche la replica alla domanda posta: nessuno all’interno dell’arco parlamentare si azzarda a negare a Israele il diritto di difendere l’occupazione, l’oppressione e l’apartheid verso la Palestina e i palestinesi. La distanza tra questi partiti, da Fratelli d’Italia a Sinistra Italiana, e ciò che vediamo e facciamo nelle piazze, nelle università e anche sui posti di lavoro (ricordiamo ad esempio le proteste ed i blocchi in diversi porti italiani contro il trasporto di armi verso Israele) è incolmabile e spiega bene i motivi di quel 40% di italiani che non ha interesse a sancire col proprio voto le scelte politiche della Nato e dell’Unione Europea.
Vista la situazione non ci aspettiamo che le istituzioni, occupate da tali soggetti, si convincano della bontà delle nostre posizioni. La nostra solidarietà con la resistenza palestinese non è solo umana, ma deriva dal fatto che condividiamo lo stesso nemico: quel blocco di potere euroatlantico ed imperialista che in Palestina finanzia un genocidio, mentre in Italia mette a tacere il popolo, imbavagliando la critica e reprimendo il dissenso. I nostri interlocutori principali sono gli italiani che non si piegano ad accettare di essere complici del genocidio. Se gli spettatori si alzano, anche i burattini devono smettere di fare teatro”.
Da Contropiano
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