da Controinformazione rossoperaia del 22/02
Parlare in questo momento della questione ex Ilva significa parlare di una realtà estremamente complessa. La questione l'abbiamo affrontata in diverse forme e recentemente, i nostri compagni a Taranto hanno prodotto un depliant/documento che potesse servire agli operai per avere un loro punto di vista su quello che stava avvenendo, sulla base degli interessi di classe e dell'analisi concreta della situazione concreta.
Ora la cosa si è fatta ancora più complessa e articolata.
Il primo problema è connesso alla decisione del governo Meloni e dei suoi ministri che, dopo una serie di contrasti interni, si sono attestati, premuti innanzitutto dalle organizzazioni sindacali confederali e dall’emergenza creatasi con il blocco delle attività produttive da parte degli operai dell'appalto, con presidi permanenti gestiti essenzialmente dai padroni e padroncini dell'appalto che hanno fermato gli operai.
Questo ha messo lo stabilimento in una situazione di non operatività progressiva, fino alla notizia di ieri del fermo, già programmato ma immediatamente attuato, con il cambio di governance, dal commissario che ha disposto il fermo dell'ultimo altoforno ancora in funzione. Si dice che questo fermo durerà 24 ore, normalmente non è mai successo così per precedenti fermi e riavvii. Quindi di fatto oggi la fabbrica è ferma, sia nella sua attività diretta sia nell'appalto.
I giornali sottolineano che è la prima volta che avviene in queste forme e che non sembra essere la
miglior carta di ingresso della nuova gestione commissariale. Se il buongiorno si vede dal mattino si potrebbe già pensare alle peggiori ipotesi. Si è accusata la direzione ArcelorMittal di volere chiudere lo stabilimento, mandarlo allo sfascio prendendosi i mercati, ma lo stabilimento è fermo oggi che formalmente non è più gestito dalla Morselli.Tra le tante cose da dire vanno però messe in luce soprattutto quelle che hanno un effetto diretto su operai e lavoratori. Su questo la posizione dello Slai Cobas è da un lato coerente - è stata sempre la stessa nel corso di queste vicende, anche le ultime - dall'altra attualmente è una posizione obiettivamente controcorrente, dopo la decisione del governo di mettere l'Ilva in amministrazione straordinaria, salutata diciamo con entusiasmo malcontenuto dalle organizzazioni sindacali confederali e dalla USB.
Non possiamo mai dimenticare che il sindacato maggioritario all'interno dello stabilimento, la Uil, assai influente in tutta la vicenda dell'appalto, nei giorni scorsi diceva NO all'amministrazione straordinaria. Oggi, invece, tutti dicono Sì, da quelli entusiasti a coloro che lo considerano comunque un passaggio inevitabile.
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe che è l'organizzazione sindacale agente verso le Acciaierie, l'appalto e gli operai in AS invece dice chiaramente che l'amministrazione straordinaria è un rimedio peggiore del male.
Certo, nessuno in fabbrica rimpiangerà Morselli e la gestione Mittal anche sul piano dell'immagine, del rapporto non solo con le organizzazioni sindacali, ma con il sindacato in quanto tale come espressione dei lavoratori, rispetto a come hanno affrontato tutti i problemi all'interno della fabbrica, e che per questo Morselli era stata fatto segno di una contestazione crescente. Noi consideriamo principale quella avvenuta il 6 maggio del 2022, se non non sbagliamo, in cui gli operai furono in sciopero in maniera massiva, contestarono la Morselli che venne in maniera arrogante e provocatoria alla manifestazione davanti ai cancelli della Portineria A e in quell'occasione i lavoratori, uniti in uno sciopero vero, sembravano avere il coltello dalla parte del manico. Noi pensiamo che la continuità di quella lotta, nelle forme in cui fu sollevata, avrebbe permesso come minimo molto prima la realizzazione di molte cose che poi sono state realizzate, ma soprattutto avrebbe costituito un freno e un'alternativa.
In quell'occasione i sindacati promisero direttamente ai lavoratori, ai cancelli, a noi compresi, che sarebbero seguite delle assemblee generali per dare continuità e incalzare su questo.
Tra l'altro, in quelle occasioni chiedemmo esplicitamente, anche per il nostro ruolo attivo avuto nella contestazione della Morselli, che fosse discussa nelle assemblee una Piattaforma operaia, peraltro sottoscritta da centinaia di lavoratori, che potesse essere una base comune e generale della posizione dei lavoratori rispetto all’ ArcelorlMittal, ai governi e anche ai futuri governi. Ma non se ne fece niente. Si può pensare tutto il male possibile di questo, ma nella sostanza non se ne fece niente.
Oggi siamo a un capolinea. Mittal lascia la gestione dell'azienda e avvierà una procedura giudiziaria che pensiamo avrà anche un'indiretta influenza sugli sviluppi successivi. Ma gli alibi del governo e di chi gli sta dietro sono finiti e questo è giusto e necessario. Quali sono state le forze sociali che hanno sostenuto questa linea che il governo oggi ha attuato? Innanzitutto la Federacciai - i padroni dell'acciaio - ha sostenuto questa posizione con l'obiettivo di mettere mani sull'Ilva a costo zero e con i soldi dello Stato. Questo è stato detto più volte dal Presidente della Federacciai che, non dimentichiamo, è uno dei candidati forti alla successione di Bonomi alla Confindustria.
Quindi sono i padroni dell'acciaio il soggetto fondamentale che sta dietro questa operazione. E non c'è alcun dubbio che questo è segnalato anche dalla nomina del Commissario. Questa è una vicenda su cui nei prossimi giorni bisognerà fare chiarezza soprattutto tra i lavoratori.
Come viene raccontato, per esempio dal Fatto Quotidiano, sembra che due questioni siano inconfutabili. Quaranta, il nuovo manager, dicono che è da diversi anni in Ilva, molto prima di Mittal e in questo caso stare molto prima di Mittal è avere molte più responsabilità di quello che è avvenuto all'Ilva della stessa Mittal. Questa nomina - dice il Fatto Quotidiano - è stata caldeggiata dal Presidente della Federacciai, Antonio Gozzi. Non solo, ma perché questa nomina? Perché Quaranta? È stato il manager che ha rappresentato per anni l'Ilva in Federacciai.
In secondo luogo, esso è rimasto. Quaranta in tutti questi anni ha cambiato i ruoli, ma è rimasto sempre all'interno delle figure, come gli si dice sui giornali, “apicali”, cioè di vertice di questa azienda, compresa la gestione del Centro studi Ilva. È stato anche il direttore delle relazioni istituzionali del gruppo. Sulla grande questione dei morti sul lavoro e del disastro ambientale provocato dalla fabbrica. E’ Quaranta che nella sua veste di direttore aveva detto sul rapporto Sentieri che inchiodava l'Ilva alle sue gravi, enormi, responsabilità sulle emissioni che hanno prodotto inquinamento e morte nella città e nei quartieri, che c’è “ un grande interrogativo nella relazione tra causa e effetto”.
Consentiteci di avere un legittimo dubbio: ma questa è stata la linea di condotta di tutti gli avvocati del gruppo Riva e dei suoi alleati nel processo ambiente svenduto che ha avuto in Quaranta un loro referente per mettere in dubbio l'effetto inquinante di morti, malattie, oltre che morti sul lavoro, prodotti dalla gestione Ilva, sia nel periodo precedente alla venuta di Riva e soprattutto in tutto il percorso di Riva.
Quaranta ha ricoperto diversi incarichi anche dopo il sequestro degli impianti del 2012. Uno dei Commissari nominati da Renzi, commissari nominati per imporre una continuità produttiva contro l'inchiesta della magistratura - quella di Pietro Gnudi - ha avuto come effetto immediato che Quaranta è stato promosso come direttore centrale delle operazioni di Acciaierie, carica che ha tenuto per circa un anno. Poi però non è che sparisce, va alla divisione tecnica operativa, partecipa a tutte le vicende successive anche come Commissario dell'Ilva in AS, cioè quello avvenuto dopo l'ingresso di Mittal.
Ma questo è il minimo. Perché sono altre notizie che sono effettivamente celate, dobbiamo leggerle oggi solo sul Fatto Quotidiano e fanno parte della memoria storica di chi ha combattuto in questi anni contro la fabbrica dei morti sul lavoro. Quaranta ha avuto due condanne definitive e non per il procedimento che non è andato avanti di cui si parla, relativo alla morte di un bambino per tumore, molto noto a Taranto e nella battaglia antinquinamento, il piccolo Lorenzo, ma per morti significative all'interno dello stabilimento avvenuti negli anni di Riva.
Quaranta è stato condannato in via definitiva, insieme ad altri quattro imputati, per la morte dei due giovani operai, Paolo Franco e Pasquale d’Ettorre, di cui abbiamo parlato tanto e chiaramente torneremo a parlare perché hanno segnato la storia di questo stabilimento, uccisi il 12 giugno del 2003 per il crollo del braccio di una gru nell'area parchi minerali di cui Quaranta era all'epoca responsabile.
La seconda condanna Quaranta l'ha avuta per la morte di un altro giovane operaio, Marco Perrone, altra morte significativa perché si è trattata un giovane operaio assunto alcuni mesi prima con un contratto di formazione lavoro. E l'operaio, nel luglio 2002, cadde durante le operazioni di pulizia, incastrato negli ingranaggi del nastro trasportatore. Il neo Commissario dell'Ilva venne assolto di primo grado su questo, ma la sentenza venne ribaltata in appello e confermata dalla Cassazione.
Misuriamoci tra quello che hanno detto immediatamente le organizzazioni sindacali confederali e la figura effettiva del nuovo Commissario.
Quindi abbiamo mille e una ragione per dire che, sia la scelta dell'amministrazione straordinaria sia la nomina di questo Commissario, rappresentano non un cambiamento ma una restaurazione. Una restaurazione dell'Ilva peggiore. Certo, noi saremo i primi a sperare che non sia così, ma se guardiamo dal punto di vista di ciò che vorrebbe dire che “non sia così”, abbiamo seri dubbi e pensiamo che i lavoratori debbano ragionare, contare fino a 10 prima di parlare, e non solo le organizzazioni sindacali ma anche i lavoratori.
Noi continuiamo a dire che il segnale concreto è il ritorno al lavoro degli operai dell'appalto e il loro pagamento regolare di stipendi. Invece su questo pensiamo che l'amministrazione straordinaria non sia all'altezza di realizzare questo, al massimo è la semina di una nuova montagna di cassa integrazione, per altro in una dimensione in cui o questa cassa integrazione in deroga copre tutti i lavoratori oppure una metà di questi lavoratori perde anche il diritto di andare in cassa integrazione e alcune aziende stanno già annunciando che comunque non sono della partita della continuità ma sono della partita di vedere di recuperare soldi.
Gli operai dell’ Acciaierie non possono trovare in queste decisioni altro che il rilancio dell'ammortizzatore sociale della cassa integrazione.
Attenzione: era il tema di scontro nei confronti della Morselli e della direzione ArcelorMittal. Le casse integrazioni, semipermanenti, unilaterali, dopo essere state accettate le prime, poi sono state contestate, su cui vi è stato un contrasto reale, sia pure senza effetti concreti nello scontro reale tra operai e padroni.
L'amministrazione straordinaria assolve queste casse integrazioni, anzi, ne prevederà molto di più in maniera sistematica. E la cassa integrazione era divenuta un tema forte di contrasto, perché senza alcuna supporto di integrazione ha distrutto il salario dei lavoratori, ha portato i lavoratori da 300 a 500 € in meno al mese in generale. Nell'appalto ha prodotto già i licenziamenti.
E’ evidente quindi gli effetti poi sulla sicurezza, se si pensa o si è della logica - che noi contrastiamo a tutti i livelli - che questo stabilimento vada chiuso e trasformato in rottami di ferro, questa è una posizione, o chi pensa che questa sia una sciagura per gli operai e per i lavoratori, per il futuro della città, ecc ecc.. deve pur sapere che non c’è alcun tipo di garanzia che ci sarà un recupero delle manutenzioni, della sicurezza per chi comunque dovrà restare nello stabilimento.
Sugli effetti inquinanti ci esprimeremo dopo, ma la figura di Quaranta non è tranquillizzante, certamente.
E’ sulla base di questi fatti che possiamo esprimere il giudizio chiaro sulla scelta che il governo Meloni ha fatto con l'accordo con i sindacati Confederali e USB compresa. E su questo toccherà ancora una volta agli operai scegliere da che parte stare: da parte del governo, dei futuri nuovi padroni che somigliano molto ai vecchi, che sul piano generale presenteranno piani simil copia a quelle di ArcelorMittal, dalla parte di sindacati Confederali diventati un anello dell'assetto collaborazionista e neocorporativo che individua nelle soluzioni per i padroni la soluzione per i lavoratori, quando tutta la storia di questo stabilimento dimostra che proprio questo è causa di quello che è avvenuto; o gli operai scelgono la riorganizzazione delle file operaie, a partire dai loro interessi di classe, da una visione opposta sul futuro dello stabilimento, che poi è il futuro della classe operaia innanzitutto come soggetto storico che possa essere l'elemento di trasformazione di unità tra operai e masse popolari in questa fabbrica e non solo in questa fabbrica, ma in generale.
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