Quando i governi dei padroni parlano di "riforme" - e quando lo fa in particolare questo governo di fascisti -, allora dobbiamo interpretarlo al contrario e considerarlo non certo come un miglioramento ma come un pesante attacco ai diritti che peggiorerà le condizioni di vita delle masse, che approfondirà le disuguaglianze sociali ed economiche, perchè andranno spedite le privatizzazioni che porteranno maggiori profitti ai padroni, colpiranno i contratti nazionali, e crescerà il divario tra Nord e Sud.
Con il premierato e l'autonomia differenziata questo governo sta fascistizzando lo Stato e non è certo un caso che i 2 provvedimenti siano in discussione uno dopo l'altro.
L'autonomia differenziata è il tributo che questo governo ci scarica addosso per avere la Lega come suo alleato.
Ma intanto i costi li pagano lavoratori e le masse popolari!
E’ una legge voluta dal principale alleato di Meloni, la Lega, e la sua approvazione fa parte non solo dei giochi di scambio che i partiti di governo stanno facendo sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari ma, soprattutto, entrambe le leggi puntano alla formazione di uno Stato che sia apertamente fascista e che abbia a cuore un solo interesse: la difesa dei padroni e del loro sistema sociale.
Ci hanno tolto reddito di cittadinanza, il salario minimo non lo vogliono, di patrimoniale e di tassare i padroni divenuti sempre più ricchi - anche per opera di questo governo - neanche a parlarne, invece in parlamento bisogna discutere - e in fretta anche - del DDL Calderoli sull’autonomia differenziata che è un pesante colpo a Sanità, Scuola, Trasporti, diritti dei lavoratori e che apre la strada al sogno
dei padroni che è la reintroduzione delle gabbie salariali.I giornali dei padroni, primo fra tutti il Sole24ore, ne parlano con toni burocratici: "il ddl Calderoli è una legge puramente procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001: definisce procedure legislative e amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’autonomia differenziata. Dopo l’approvazione del Senato, il testo dovrà passare alla Camera per l’ok definitivo".
Si tratta del disegno di legge 615 “Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, proposto dal ministro Calderoli e che è arrivato in aula al Senato martedì 16 gennaio.
E’ un collegato alla manovra di finanza pubblica, riguarda le spese dello Stato per erogare servizi pubblici fondamentali. Questo tema così importante perchè riguarda la condizione delle masse, viene fatto passare per una “legge puramente procedurale”, da far passare in fretta in Parlamento.
La riforma del titolo V della Costituzione ha aperto la strada a questa autonomia. Il disegno di legge dice: "consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. I LEP indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali e per favorire un'equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali".
Tutte parole per dargli un minimo di tenuta con la Costituzione e per questo Calderoli aveva istituito una Commissione-farsa col compito di identificare questi Lep e i relativi finanziamenti, composta da 61 "esperti" diretti da Cassese, il giudice emerito allineato oggi al governo, il cosiddetto "costituzionalista" che è pure favorevole al premierato della Meloni, ma la Commissione non ha concluso il suo compito previsto da maggio ad ottobre per le dimissioni dei suoi componenti.
Ma forse l’obiettivo che si voleva raggiungere era proprio questo: non definire i livelli essenziali delle prestazioni perché questi sono solo il pretesto per favorire invece un’ autonomia differenziata tutta a vantaggio dei padroni e padroncini del Nord con il patto Stato-Regioni senza che Parlamento e consigli regionali possano emendare o correggere.
Inoltre il governo e il Senato hanno deciso che la discussione su questo tema non potrà durare più di tre giorni: il testo, infatti, dovrà essere licenziato, forse oggi stesso, da Palazzo Madama per passare all’esame della Camera il 19 gennaio.
Dieci articoli per dare attuazione al terzo comma dell’art. 116 della Costituzione così come riscritto nel 2000 all’interno della riforma del Titolo V della Carta costituzionale.
“Autonomia differenziata” significa che ciascuna regione a statuto ordinario potrà chiedere di decidere in autonomia su ben 23 materie. Tra queste: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Questo è il cuore dell’autonomia differenziata.
Quindi Sanità, Scuola, Trasporti, Contratti nazionali di lavoro, Sicurezza sul lavoro.
Su questo i lavoratori devono comprendere la posta in gioco.
Il comma 1 dell’articolo 8 del disegno di legge dice: “Dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Le Regioni che hanno già meno avranno meno risorse economiche da gestire.
I tagli fatti dai vari governi hanno aperto l'autostrada a questi al governo oggi. Tagli che anche Regioni e sindaci hanno fatto.
Il comma 2 dell’articolo 8 del testo Calderoli, stabilisce che per finanziare sanità, asili, eccetera, si deve far riferimento ai finanziamenti standard, cioè a quanto già si spende oggi per quei servizi nei diversi territori. Ciò significa che in Sicilia o in Calabria, dove gli asili nido sono pochissimi, si continuerà a spendere la stessa cifra di oggi. Per non parlare di Sanità e di Trasporti e di tutela dell’ambiente.
Con la Sanità al collasso che le masse toccano con mano ogni giorno, per i tempi di attesa biblici per avere delle prestazioni sanitarie che, oltre che essere un diritto, sono già ampiamente pagate con le tasse sulle buste paga dei lavoratori, per le migrazioni che la popolazione del Sud è costretta a fare verso le regioni del nord per avere cure perlomeno dignitose (la fondazione Gimbe parla di “un fiume di oltre € 4,2 miliardi che scorre dal Sud al Nord nel 2021”); con la Scuola martoriata per le strutture fatiscenti, a rischio sicurezza, dove continua la precarietà del personale; con i Trasporti in cui manca la sicurezza per i lavoratori, di coloro che lavorano nella manutenzione (ricordiamo uno fra tutte Brandizzo dove sono morti 5 operai che lavoravano nell'appalto di manutenzione), in cui vi sono i deragliamenti che coinvolgono i macchinisti, dove alcune linee vengono tagliate e privatizzate, un inferno per i pendolari, e poi i contratti nazionali che tengono bassi i salari e dove dilaga la precarietà - questi del governo parlano di gabbie salariali che questo disegno di legge favorirà, dove viene negata la sicurezza e fatti i tagli al personale ispettivo, ecc..- Questo Ddl invece di intervenire per migliorare questi settori essenziali, li affida alle Regioni tagliando i fondi e istituzionalizzando una divisione tra Regioni più ricche e Regioni più, quindi tra masse popolari del sud e del nord.
Nel giorno dell’arrivo in Senato del DDL Calderoli sono partite le proteste dell’opposizione parlamentare, dei sindaci del Sud legati al PD e 5S, dei confederali, ma soprattutto le proteste dei comitati contro l’autonomia che si sono organizzati da quando è cominciata a nascere la proposta di legge Calderoli.
I lavoratori, le masse popolari devono dire NO a questo disegno di legge, e si dovranno schierare per il NO se si dovesse fare il referendum abrogativo come propongono le reti dei Comitati.
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