Ott 26
COMUNICATO DI NON UNA DI MENO
A un certo punto, io e la mia famiglia eravamo sedutx a pranzare quando c'è stato un violento bombardamento e la polvere e le pietre hanno riempito la casa, tuttx correvano e non sapevano dove. Poi è stata bombardata la casa accanto a noi e sono stati bombardati i suoi abitanti. All'improvviso, tuttx gridavano aiuto da sotto le macerie. Qui ho perso la comunicazione con la mia famiglia e con tuttx noi. Un luogo e uno stato di terrore e panico. Cosa stava succedendo? Poi abbiamo deciso di lasciare la nostra casa. Tuttx correvano per le strade e nessunx sapeva dove stavamo andando. Tuttx noi eravamo in uno stato di confusione."
Messaggio di Randa, una compagna palestinese che si trova ora a Gaza
Ci siamo presx un pò di tempo per riflettere su quello che succede in Israele e Palestina in questi ultimi giorni e tentare di dare una lettura da una prospettiva transfemminista. La nostra riflessione si è nutrita dell’attraversamento delle piazze per la Palestina organizzate in tutta Italia, che sono stati momenti bellissimi e potenti.
Non siamo per niente stupitx da quello che succede in Israele e Palestina in questi ultimi giorni: crediamo non si possa esserlo perché vorrebbe dire non riconoscere il peso di più di 75 anni di politica israeliana di occupazione e devastazione dei territori palestinesi e le conseguenze di 16 anni di assedio militare e blocco totale della Striscia di Gaza. Le fondamenta su cui si basa lo Stato israeliano sono quelle del nazionalismo religioso e del colonialismo d'insediamento, che utilizza lo strumento dell'apartheid per mantenere dentro e fuori dai confini un'intera parte della popolazione sotto controllo privandola di diritti umani, civili e politici. Questa occupazione predatoria e sanguinaria continua a causare morti con il totale supporto dell'imperialismo occidentale, complice dei massacri perpetrati e di tutte le successive occupazioni, espulsioni ed espropri dei territori palestinesi, che hanno relegato una popolazione a vivere in una prigione a cielo aperto nonostante le ripetute denunce di violazioni del diritto internazionale.
L'arresto di Mariam Abou Daqqa a Marsiglia e le incredibili censure e la criminalizzazione che colpiscono chi esprime una prospettiva non allineata alla narrazione perversa del governo Netanyahu e dei suoi sostenitori occidentali dimostrano quanto le cosiddette democrazie siano disposte a ricorrere a strategie repressive per difendere i propri interessi economici. In questo quadro l'Italia non si è mai sottratta dall'esprimere vicinanza politica ed economica ad Israele, e tutt'oggi continua ad alimentare il conflitto inviando armi attraverso le basi militari italiane. Sui media mainstream la narrazione non fa altro che diffondere una visione distorta della realtà in cui si dipinge Israele come stato oppresso e attaccato, silenziando l'opposizione interna. Questo è l’apice di una strategia di propaganda che da anni cerca di normalizzare le relazioni del nostro paese con lo stato d'Israele: uno stato fascista, imperialista, razzista e colonizzatore. Sottolineare costantemente il diritto alla difesa di Israele e accettare invece che milioni di persone vengano costrette a vivere in condizioni disumane è ipocrita, serve a nascondere gli accordi e le relazioni mai interrotte con un governo razzista e coloniale.
Vogliamo poter dire che siamo dalla parte del popolo palestinese, sottraendoci a questa stringente dicotomia “o con Israele o con Hamas”, perchè crediamo che sia pericoloso e funzionale alla narrazione propagandistica occidentale. Questa narrazione semplicistica depoliticizza situazioni complesse che vengono sistematicamente strumentalizzate per giustificare crimini, genocidi, espropri, occupazioni militari. Al momento attuale lo stato coloniale e fascista d’Israele sta approfittando dell'attacco portato avanti dalle forze di Hamas per eliminare completamente la popolazione di Gaza e questo non possiamo permetterlo. Questa strategia è coerente con una "logica dell'eliminazione"e di pulizia etnica che mira alla sostituzione di una popolazione nativa e autoctona con quella dei coloni. Questo è avvenuto nel 1948, la Nakba, con più di 800.000 persone palestinesi cacciate dalle proprie abitazioni e sta avvenendo nuovamente con la richiesta di Israele di spostare civili a sud della striscia di Gaza, una Nakba continua.
La Striscia di Gaza, separata dalla Cisgiordania, e i territori del 48' (i territori della Palestina storica occupati da Israele nel 1948), è nei fatti una realtà completamente isolata e segregata ed è diventata praticamente inaccessibile anche a personale diplomatico, giornalistx e compagnx stranier*. Anche grazie alle testimonianze e ai racconti delle compagnx in Palestina, sappiamo che le donne e le persone LGBTQIA+ palestinesi lottano contro una triplice oppressione, di classe, di genere e coloniale, in una situazione estrema stratificatasi nella violenza e nel dolore di un'occupazione militare permanente. Sappiamo anche che le stesse forze politiche palestinesi non sostengono le lotte delle donne e delle persone LGBTQIA+ e che il patriarcato esiste in Palestina come nel resto del mondo. Rifiutiamo però che si strumentalizzi questo per giustificare una diffusione dell'islamofobia che sta dilagando in tutto l'occidente. Seppur non siamo nella posizione di giudicare una situazione complessa che, come abbiamo sempre detto e continueremo a dire è conseguenza diretta ed esclusiva dell'occupazione coloniale dello stato di Israele, riconosciamo come il colonialismo sia la principale fonte del patriarcato interno. Sarà il popolo palestinese a decidere sul proprio futuro e scegliere da chi difendersi e come autodeterminarsi, in una Palestina libera che tuttx ci auguriamo di vedere presto. Siamo convinte che non possa esistere una Palestina Libera senza la libertà delle donne e persone LGBTIAQ+ ma sappiamo anche che non potrà esistere libertà per le donne e persone LGBTQIA+ senza una Palestina libera dall'occupazione israeliana.
Siamo per la fine immediata dell'attacco israeliano e la liberazione degli ostaggi e prigionerx politicx palestinesi nelle carceri israeliane e con tutte le donne, le persone LGBT+ e i soggetti che quotidianamente combattono e si organizzano contro la violenza patriarcale e nazionalista.
Siamo per il boicottaggio delle merci di provenienza israeliana.
Da 8 anni costruiamo il corteo nazionale del 25 novembre contro la violenza patriarcale come uno spazio libero e aperto a chiunque lotti per la propria autodeterminazione. Uno spazio a disposizione quindi delle donne e delle persone LGBTQIAK+ della Palestina e di ogni altra parte del mondo, in lotta contro ogni oppressione. E diamo a tuttx appuntamento il 28 ottobre a Roma per il grande corteo per la Palestina, dove saremo al fianco dellx compagnx palestinesi. Le compagne* del movimento femminista palestinese Tal'at, che siginifica, "noi usciamo" declinato al femminile plurale in arabo, nel 2019 gridavano in tutta la Palestina storica che non può esserci una Palestina libera se le donne palestinesi non saranno finalmente libere (Donne libere in una Palestina libera_ وطن حر نساء حرة).
Patriarcato e colonialismo sono due facce della stessa medaglia.
Fermiamo la pulizia etnica e il genocidio del popolo palestinese!
PALESTINA LIBERA. FREE PALESTINE.
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