Più che “rischio”, bisognerebbe parlare di certezze visto
che, ieri, 13 novembre, nella “celebrazione” della VI Giornata mondiale dei
poveri voluta dal Papa, i dati sulla povertà che sono stati diffusi in abbondanza,
sono stati chiari.
La fondazione Moressa, per esempio, nel suo Rapporto annuale
sull'economia dell'immigrazione (edizione 2022), ha messo in rilievo non soltanto
la povertà degli italiani ma anche degli immigrati, che vengono definiti “stranieri”
anche se sono oramai da decenni in Italia.
L’articolo che ne parla è del quotidiano dei padroni, il
Sole 24 Ore di oggi, il quale prova a confondere le acque non citando mai le
classi sociali.
I “Quasi 13 milioni di italiani e 2,2 milioni di
stranieri” che “sono a rischio di povertà o di esclusione sociale” sono
infatti “italiani e stranieri” che appartengono ad una classe specifica, ad una
delle due grandi classi in cui è divisa la società capitalista-imperialista, la
classe operaia o proletariato.
“Basandosi su dati Eurostat, la Fondazione rileva che fra
gli italiani è a rischio di povertà e di esclusione sociale il 22,6% della
popolazione sopra i 18 anni, mentre fra gli stranieri la quota a rischio
sale al 44,4%.”
E anche a livello europeo le differenze sono enormi: “il
rischio di povertà per gli stranieri nella Ue a 27 è in media del 40,4% contro
il 19,5% degli autoctoni.”
E all’origine di questa condizione non è tanto il fatto che manca il lavoro, dice la Relazione, quanto il fatto che le “mansioni svolte che comportano spesso retribuzioni più basse
.”I salari più bassi di questo enorme esercito industriale di
riserva aiutano i padroni a tenere più bassi i salari in generale e a fare più
profitti.
Questi dati sono importanti perché mettono in evidenza non
solo la povertà crescente e l’aumento dei “working poors”, dei lavoratori
poveri, come diceva già Marx nel Capitale, ma anche il divario crescente con la
ricchezza dell’altra classe sociale, la borghesia.
La battaglia per l’aumento dei salari è diventata indispensabile ed è da fare qui e ora!
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