Dal report di un compagno dello Slai cobas sc di Taranto che ha partecipato
RIPORTIAMO ALCUNI INTERVENTI
L’assemblea è stata partecipata da oltre 200 persone, si è tenuta in un clima piuttosto cupo, sotto la cappa della minaccia di sgombero della fabbrica di due giorni prima e, soprattutto dall’annuncio dell’azienda che non avrebbe più corrisposto gli stipendi fino a quando non avrebbe recuperato l’agibilità nello stabilimento. Gli interventi sono stati pochi, intervallati da lunghi silenzi e appelli della presidenza a prendere la parola.
Stralci dell’introduzione di Dario Salvetti.
Ha parlato di assemblea di “restituzione e ricapitalizzazione”: “Restituire” a chi ha “investito” nei 16 mesi del presidio solidarietà, tempo e intelligenze l’analisi della situazione e il valore delle convergenze che si sono sviluppate nel frattempo, “ricapitalizzare” le energie per continuare la battaglia dedicando ancora tempo e sostegno anche materiale, in particolare ai progetti del mutualismo conflittuale, la
costituenda Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) e alla prospettiva di fabbrica pubblica socialmente integrata.Facendo il bilancio di questi 16 mesi, più volte si è dovuto cambiare pelle per giocare una partita a scacchi con un avversario lontano e invisibile.
Un aspetto è rimasto costante durante tutti i 16 mesi, la rivendicazione dell’intervento pubblico. All’inizio, nella lotta contro i licenziamenti in tronco, con la grande manifestazione di settembre a Firenze, abbiamo rivendicato che questi venissero rigettati per decreto governativo, ma il governo si è defilato e ha lasciato che la decisione di illegittimità fosse presa da un Tribunale locale.
Poi abbiamo ancora rivendicato l’intervento pubblico con il disegno di legge contro le delocalizzazioni, che prevedeva di rendere nulli i licenziamenti di fabbriche non in crisi, come la nostra, e che permettesse un’opzione di acquisto quando una multinazionale delocalizza. Infine abbiamo rivendicato la soluzione di un polo pubblico per la mobilità sostenibile che riavviasse la produzione.
Poi è arrivato Borgomeo, che ha acquisito lo stabilimento e da quel momento in poi ci ha fatto soltanto perdere tempo. Il suo era un tentativo evidente di depotenziare e disgregare la lotta prendendola per stanchezza. Borgomeo ha acquisito lo stabilimento con una società scatola cinese che nel 2021 ha messo a bilancio utili per 650 euro!
Borgomeo non ha portato nulla: né investitori, né brevetti, né il consorzio per lo sviluppo degli e-drives, e a settembre avanza la richiesta di un “accordo di sviluppo” finanziato dal settore pubblico per 35 milioni su 50 di investimenti complessivi per riavviare la fabbrica. Borgomeo non ha neanche mai presentato i documenti per accedere alla CIG, che in questo paese ottengono tutti, per qualsiasi cosa, ma non Borgomeo, che non poteva presentarsi al ministero dicendo che la CiG mi serve perché sono una testa di legno di Melrose e devo logorare i lavoratori, svuotare il mgazzino vendendo i pezzi a rottame. Potrebbe esserci la “CIG di transizione” ma per questa occorre un piano industriale, che Borromeo non ha. Alla fine al ministero si inventano “CIG di guerra” una CIG in deroga giustificata dalla situazione prodotta dalla guerra in Ucraina! Ma su questo pretendevano l’accordo dell’organizzazione sindacale che noi abbiamo rifiutato di firmare.
Arriviamo così prima alla richiesta di svuotare il magazzino, che di fatti è stato svenduto a rottame, poi alla richiesta di accedere ai capannoni per asportare i macchinari. Che noi insieme con i nostri corpi abbiamo bloccato, infine al non pagamento degli stipendi.
Una lotta come questa non può essere vinta da una singola fabbrica, senza cambiare i rapporti di forza nel paese. Perciò occorre che ci chiediamo: abbiamo cambiato i rapporti di forza?
SI e NO è la risposta.
No perché la controparte ha ancora tutte le sue armi a disposizione e le sta usando tutte, da ultimo quella per prenderci per fame.
La richiesta di ripristinare la loro agibilità nello stabilimento per procedere alla rimozione dei macchinari, respinta dalla risposta che ancora una volta è andata ben oltre le forze del collettivo, e la successiva sospensione dei pagamenti degli stipendi, il tentativo di prenderci per fame.
Si, perché abbiamo sviluppato la convergenza, siamo andati oltre Firenze, abbiamo costruito le manifestazione di Bologna e Napoli ed è così che è stata la Digos, noi direttamente noi a fermare i camion di Borgomeo avantieri, e non perché ci fosse un accordo tra noi e la Digos ma perché è stato evidente che dalla parte del collettivo operaio ci sono ancora parecchie migliaia di persone pronte ad opporre i loro corpi.
Un aspetto dei rapporti di forza che non siamo riusciti a cambiare è l’idea, tremendamente passiva ma molto diffusa anche tra noi, che noi lottiamo per andare a imporre i rapporti di forza al tavolo ministeriale e che lì in qualche modo ci ascolteranno. Chi lo pensa non sa che quello dei tavoli al ministero è un gioco vuoto, che quei funzionari, questo governo, non hanno le competenze per rimettere in moto la fabbrica, non sono stati creati per fare questo.
Perciò noi, mentre continuiamo ad invocare l’intervento pubblico, e continueremo a farlo, in realtà siamo costretti a reinventarci noi il lavoro, la produzione, perché non possiamo continuare a fare quello che facevamo, i semiassi, che non sono un prodotto finito ma si producono su commesse che non possiamo trovarci.
Oggi, mentre iniziano a prenderci per fame, dobbiamo reinventarci il lavoro a qualsiasi costo: perciò abbiamo depositato ieri lo statuto della SOMS “Insorgiamo”, che permette di metterci in contatto con la rete “fuori mercato” fare lavoro mutualistico, vedere se riusciamo a fare una cassa mutualistica per iniziare a spostare la ricchezza tra di noi, perché chi tra noi ha qualcosa in più presti senza interessi a chi ha meno. Purtroppo siamo in ritardo, avremmo potuto e dovuto iniziare a farlo un anno e mezzo fa ma siamo costretti a farlo oggi in fretta e furia.
Il tempo è fondamentale, ancora non sappiamo dive riusciremo ad arrivare, e giornate come questa ci fanno forse pensare che siamo alla fine, che non ce n’è più. Ma se riusciamo a sopravvivere a questo ennesimo attacco, se riusciamo a stare in piedi con la mobilitazione, riaprire uno spiraglio di progettualità, allora possiamo farcela. Abbiamo bisogno che sottoscriviate la SOMS, che contribuiate con prestiti alla cassa mutualistica per permetterci di tirare avanti, non perché siamo messi peggio di tanti altri che lavorano ma perché occorre sostenere una comunità in lotta, che attraverso la lotta restituirà questa ricchezza se riusciamo a realizzare la fabbrica pubblica socialmente integrata, tutto quello che è stato fatto in questi mesi per salvare la fabbrica ha aperto una finestra tra fabbrica e territorio e fonda la fabbrica al territorio.
Questo progetto ha bisogno di un largo spazio di tempo per consolidarsi, e noi ne abbiamo pochissimo e siamo anche costretti a rispondere a ogni attacco di Borgomeo, come faremo domani.
Se non ci riusciremo, speriamo di essere stato un seme che, una volta sotterrato, produrrà nuovi germogli.
Comitato No Inceneritore No aeroporti
In continuità con la nostra lotta contro progetti costosi, nocivi e inutili per il nostro territorio, vogliamo contribuire al progetto della fabbrica socialmente integrata con l’idea di fare della fabbrica un centro per il riuso e recupero di materiali, come alternativa all’incenerimento. Per questo siamo pronti a mettere a disposizione energie e competenze che abbiano raccolto nella nostra lotta.
Slai Cobas SC
Un saluto solidale all’assemblea.
Nell’assemblea operaia in fabbrica di qualche settimana fa Dario diceva: “al momento siamo ancora troppo forti per perdere subito ma non tanto forti da essere certi di riuscire abbastanza per vincere”. Oggi ha aggiunto le considerazioni sullo stato dei rapporti di forza, su quanto e in che modo sono o non sono cambiati.
Credo che questi siano due aspetti decisivi: riuscire a resistere abbastanza a lungo agli attacchi sempre più insidiosi, contrastare il logoramento, cambiare i rapporti di forza non solo nel territorio ma nel paese a partire dalle unità delle lotte, con al centro l’unità e solidarietà delle fabbriche, dei lavoratori e dei settori sociali in lotta.
A questa prospettiva stiamo lavorando dentro il percorso dell’Assemblea Proletaria Anti-capitalista, che i compagni del collettivo conoscono bene e a cui sono anche intervenuti e, per quanto riguarda il sostegno in questa fase difficile, in tutte le realtà operaie in cui siamo presenti, alla Tenaris di Dalmine, Fincantieri Palermo, Acciaierie d’Italia di Taranto e Tessitura Albini di Mottola, il prossimo 11 novembre si terranno iniziative in diverse forme per diffondere solidarietà e sostegno alla lotta della GKN.
Chiudo riprendendo l’ultima frase dell’introduzione: più che un seme che, sotterrato, poi germogli, l’augurio che dobbiamo farci e il seme della lotta operaia dalla GKN si diffonda che sia masticato e dia linfa e nuova forza perché altri fuochi si accendano.
CPA
Il percorso fatto, la convergenza che abbiamo sviluppato insieme è stato importante e di strada ne abbiano fatta tanta insieme. La repressione e gli attacchi del padrone non ci devono sorprendere, li conosciamo e affrontiamo da sempre. Dobbiamo essere pronti a resistere ancora.
Conclusioni
Venerdì ci siamo detti che avevano approntato tutto per vincere loro qualsiasi cosa facessimo noi. Ovviamente avrebbero vinto subito se avessimo ceduto allo sgombero del presidio e dei macchinari, avrebbero cercato di vincere invocando il “ripristino della legalità” e dell’agibilità della fabbrica e non sappiamo ancora se troveranno qualche magistrato che dia corso a queste richieste e si unisca ai loro attacchi.
Quel che sappiamo è che ad ogni passaggio della vertenza e della lotta, i licenziamenti, il ricorso legale, i vari al ministero, noi continuavamo ed estendevamo la lotta e il fronte ma perdevamo compagni e colleghi, prima 420, poi 380, 340, 320…
Ad ogni passaggio in qualche misura vincono, anche se noi avevamo previsto e denunciato tutto in anticipo, c’erano colleghi e compagni che non ci dicevano “avete visto giusto” ma si andavano a cercare un altro lavoro.
E adesso la sospensione degli stipendi è un’arma ancora più insidiosa, l’attacco finale per trasformare la stanchezza in fame.
Serve perciò una svolta creativa, rimettersi al lavoro e darci reddito prima possibile.
Alle loro accuse rispondiamo che la fabbrica è più che agibile, è aperta. È agibile e aperta a chiunque voglia darle continuità e futuro pubblico e socialmente integrato.
Continueremo la convergenza, il percorso importante delle manifestazioni di Bologna e Napoli.
Continueremo la vertenza.
Ci concentriamo sul mutualismo conflittuale, che è qualcosa che non serve solo alle fabbriche in crisi o sotto chiusura, quando c’è crisi la sua necessità è più evidente ma è qualcosa che avremmo dovuto fare prima.
Infine voglio sottolineare che il collettivo aderisce e sostiene la campagna “Non paghiamo”. In questi anni abbiamo visto uno spaventoso aumento della povertà assoluta, per non parlare della povertà relativa. È la nostra gente che abbiamo visto impoverirsi, la nostra gente che abbiamo visto affrontare la povertà da soli. Questo non deve più essere così: la fabbrica deve adottare la comunità e la comunità deve adottare la fabbrica.
In proposito, colgo l’occasione per salutare compagni del SiCobas, che sono presenti, anche se non sono intervenuti, le lotte che conducono nel nostro stesso territorio sono parte della comunità in lotta che vogliamo continuare a difendere e con cui convergere.
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