Mentre si entra nell’ultima settimana utile per risolvere il problema della possibile chiusura della Lukoil che insieme a tutto l’indotto dell’area siracusana impiega circa 10.000 lavoratori, i sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil (bontà loro!) hanno indetto uno sciopero generale di tutte le categorie impegnate nell'area industriale: Chimici, Energia, Metalmeccanici, Trasporti, Edilizia, Servizi per il 18 novembre, lo stesso giorno in cui ci sarà un incontro, a Palazzo Piacentini a Roma, tra i rappresentanti della società che gestisce la grande raffineria siracusana ed il ministro per le imprese, Adolfo Urso!
Il 18 novembre! cioè, quando potrebbe essere troppo tardi.
Gli incontri con il governo infatti durano da agosto! Come si legge in un comunicato della stessa
Filctem Cgil: “La Lukoil deve mantenere la sua attività a Priolo e se necessario il Governo, come aveva dichiarato nell’incontro con le organizzazioni sindacali ad agosto, si impegni a fornire attraverso la SACE le garanzie finanziarie necessarie affinché l’azienda possa approvvigionarsi sui mercati invece di dipendere dal petrolio russo”.Se necessario? Visto come stanno le cose crediamo che sia proprio
necessario che il governo, con gli “aiuti di stato”, attraverso la Sace, intervenga
per garantire i soldi all’azienda, e di conseguenza i posti di lavoro!
Ma che non ci sia da fidarsi lo dice il responsabile della Cgil
di cui sottolineiamo una frase: “La confort letter del Governo – ha proseguito
Falcinelli - che abbiamo visto pubblicata dal Ministero non è un elemento che
tranquillizza circa il futuro: non c’è il tempo per aspettare che le banche
ritornino a ripristinare le linee di credito anche perché se avessero avuto
questa intenzione non saremmo arrivati a questa situazione. La raffineria
ISAB, che fa capo a LUKOIL, produce 1/3 del ‘raffinato’ soprattutto per il Sud
del nostro Paese oltre a prodotti intermedi vitali per le attività
petrolchimiche italiane. Il ‘condominio industriale’ di Priolo, compreso
l’indotto, dà lavoro a 10 mila persone e l’eventuale fermo delle attività,
anche temporanee, produrrebbe un danno alla nostra industria oltre a generare
una crisi sociale ed occupazionale di enorme portata”.
Come si vede la “confort letter” non poteva affatto “confortare”
e quindi sarebbe stato utile mobilitare gli operai subito, anche perché,
ammesso che alla Lukoil venga concesso di acquistare petrolio sul mercato, cioè
da altri fornitori (Stati Uniti, Qatar, Arabia Saudita…?) è molto probabile che
i costi saranno più alti e quindi anche i prezzi di vendita del “raffinato” e
dei “prodotti intermedi vitali per le attività petrolchimiche italiane” saranno
più alti, cosa che potrebbe comunque far perdere “quote di mercato” alla Isab/Lukoil
e aggravare la crisi già in atto che si scarica sugli operai, per i quali non c’è
tempo visto che l’embargo sul petrolio russo scatta dal 5 dicembre a causa delle
sanzioni economiche.
La vertenza Lukoil è inserita oggettivamente ed è stata inserita dai padroni (se ne è occupata perfino il quotidiano americano Wall Street Journal) dentro lo scenario internazionale: il 18 novembre può essere, quindi, per gli operai in prima persona un momento importante per prendere nelle proprie mani la vertenza, organizzarsi e decidere come gestirla, al di fuori dei giochi dei sindacati confederali, della politica nazionale, regionale e, più in generale, della “politica di guerra” dei padroni.
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