lunedì 27 settembre 2021

Politica proletaria - SULLA VACCINAZIONE - UNA LETTERA E UN ARTICOLO UTILE

Cari compagni e compagne dello Slai Cobas sc,

vi scrivo a nome del collettivo politico Prospettiva Operaia dopo l'assemblea di domenica scorsa a Bologna per lo sciopero del 11 ottobre perché condividiamo pienamente la battaglia contro la bandiera della libertà di scelta riguardo la vaccinazione anti-covid e ci rallegriamo della contrarietà da voi espressa in mozione finale riguardo lo sterile punto sul green pass.
Riteniamo sia fortemente nell'interesse della classe lavoratrice e del proletariato mondiale non solo l'accesso al vaccino per tutti e tutte ma finanche l'obbligatorietà se necessario. Il diritto individuale (liberale e borghese), l'interesse individuale non può e non deve mai prevalere sugli interessi di classe e questa battaglia purtroppo non viene portata fino in fondo, ad esempio con una ferma condanna nei confronti del movimento e delle manifestazioni no - green pass, da buona parte del sindacalismo di base e diversi pezzi della sinistra di movimento e in parte anche sedicente di classe.

Di seguito il nostro articolo sulla questione:
Prospettiva Operaia

Diritti borghesi, individualismo e parole al vento nella guerra della/alla vaccinazione anticovid

Fin dai primi mesi della pandemia, Prospettiva Operaia ha analizzato la crisi pandemica come un fattore storico della crisi capitalista e ha evidenziato come le misure volte ad arginarla, applicate dai vari Stati, mirassero prima di tutto al salvataggio della borghesia mediante una convivenza forzata con la malattia per mantenere attiva la produzione,  relegando quindi l’umanità ad un soggetto impotente e incapace di

uscire dall’emergenza sanitaria. In secondo luogo, c’è stato l’obiettivo di tutelare la salute dell’indispensabile forza lavoro con delle chiusure (mal tollerate dagli industriali e dalla media e piccola borghesia legata al commercio), tuttavia tali misure potevano avvenire solamente nei limiti dettati dal primo obiettivo, la salvaguardia della natura dello Stato borghese e il tentativo di arginare la crisi economica sviluppatasi ben prima della crisi sanitaria.

Le preoccupazioni in tema  di “salute pubblica” hanno sempre avuto insiti ed evidenti interessi borghesi. Non a caso, oltre a mostrare un fasullo senso di protezione verso i cittadini, con il fine di renderli mansueti ed evitare immediate sommosse popolari, l’obiettivo di evitare di far ammalare troppe persone nello stesso momento mirava soprattutto a scongiurare un tracollo totale del sistema sanitario (già gravato da tagli economici di lungo corso) e ad assicurare la continuità della produzione, necessaria alla sopravvivenza stessa dello Stato borghese. Ciò che quindi quest’ultimo tutelava era la struttura del sistema capitalista.

Di conseguenza abbiamo assistito a una gestione globale fallimentare dell’emergenza, che si è prolungata a tempo indeterminato, producendo quasi 130 mila vittime in Italia e oltre 4 milioni nel mondo. Tuttora non si vede la fine di questa crisi e non avrebbe potuto essere altrimenti perché il quadro attuale delinea un ritratto perfetto dell’impasse del regime del capitale nell’epoca della sua decomposizione.

Green pass, il ricatto di un potere decadente

A distanza di un anno e mezzo dall’inizio dell’emergenza le cose sono addirittura peggiorate. Il virus è mutato in nuove varianti più aggressive, e l’unica novità nella lotta contro il virus è stata la scoperta dei vaccini.

Il green pass è la nuova misura politica di convivenza con il virus, applicata in forme diverse da molti Stati nel mondo e in vigore qui in Italia dai primi giorni di agosto. Come ogni altra misura adottata dai governi del capitale essa risulta essere piena di contraddizioni, sia per la sua effettiva applicabilità, sia perché causa non pochi disagi a chi non può accedere al vaccino. Ciò ha stimolato un acceso dibattito tra le varie forze atomizzate della sinistra radicale e della sinistra di classe.

Come facilmente notato da chiunque, il provvedimento è a tutti gli effetti una sorta di obbligo vaccinale, ottenuto però con l’arma del ricatto da parte di un governo che non possiede alcuna autorevolezza, capacità organizzativa e forza politica (altro che autoritarismo e dittatura).

D’altra parte questa misura genera l’illusione di un ritorno in sicurezza ad un’esistenza normale, per garantire lavoro e scuole in presenza (deresponsabilizzando Stato e padroni  dalla messa in sicurezza di mezzi pubblici, luoghi di lavoro e aule), un rimbalzo dei consumi e un risollevamento quantomeno momentaneo dell’economia. Come si è potuto osservare in Inghilterra e Israele il vaccino da solo non è sufficiente ad arginare i contagi con l’attuale variante Delta, pertanto l’eliminazione completa dall’oggi al domani di tutte le restrizioni e le protezioni individuali, anche tra i vaccinati, pone il rischio di un ulteriore inasprimento della crisi sanitaria.

Oltretutto questi vaccini non hanno lunga durata e come gli altri possono non avere sempre successo su ogni singola persona. Ad oggi esistono anche casi di morti per covid (soprattutto anziani) nonostante l’inoculazione della doppia dose. Sperare quindi che il vaccino da solo ci porti ad uscire dall’emergenza è qualcosa di più vicino a un pensiero religioso che scientifico. Non sarà un puntura a portarci fuori dalla crisi.

Lockdown, vaccini e classe operaia

Che la pandemia non abbia colpito le classi sociali in maniera “democratica” è un aspetto evidente e noto. I ceti più poveri di tutti i paesi e le grandi masse dei paesi meno industrializzati, nonché carenti dal punto di vista sanitario, sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto. Inoltre, in alcuni casi come India e Brasile la libera circolazione del virus ha permesso la nascita di nuove varianti. 

La classe lavoratrice mondiale è quella più colpita per contagi e morti. Anche durante i periodi delle restrizioni farlocche, che, sotto i dettami di industriali e banchieri hanno riguardato in misura maggiore aspetti della vita sociale piuttosto che i luoghi del lavoro e della produzione, questa era obbligata a recarsi al lavoro a proprio rischio e pericolo. Dalle fabbriche del bergamasco alle miniere di Antofagasta in Cile e allo stabilimento FCA di Sterling Heights a Detroit, dai mezzi pubblici agli uffici e alle scuole di tutto il mondo, il virus ha viaggiato nei corpi di milioni di proletari e proletarie.

Allo stesso tempo è stato negato alla classe lavoratrice un serio diritto alla salute a causa del malfunzionamento degli ospedali pubblici, già rovinati da anni di privatizzazioni e tagli ai finanziamenti, ed ora intasati dai ricoveri per COVID, e sempre la classe lavoratrice è stata espropriata del proprio tempo libero e della socialità, mostrando a tutti noi quale sia lo scopo essenziale della vita nella società del capitale: lavorare e produrre.

Che il superamento della crisi pandemica fosse un interesse immediato dei lavoratori era chiaro fin da subito, da quando nell’Italia settentrionale si moriva nelle fabbriche sotto il silenzio di governo e padroni e con l’accondiscendenza dei sindacati di regime. Il lockdown, l’unica arma conosciuta inizialmente per affrontare l’emergenza, ha costituito a tutti gli effetti un interesse della classe, come ribadito dagli scioperi spontanei scoppiati nelle fabbriche e nei magazzini. Sebbene non si trattasse di un vero lockdown, poiché nel frattempo in molti continuavano a lavorare e ad infettarsi anche nei settori non essenziali alla gestione dell’emergenza, non vi è stato nessun reale interesse dei lavoratori nel chiederne la fine. Al contrario, era nell’interesse del proletariato rivendicare la sua estensione a tutti i settori non essenziali della produzione fino a contagi zero. Nelle regioni italiane meno industrializzate, soprattutto quelle meridionali, il successo di tale manovra, a cui il governo borghese è stato costretto e contro cui le destre di Salvini e Meloni hanno provato a costruire la propria scalata elettorale al grido di “libertà” (di sfruttamento fino alla morte!), è stato certificato dal quasi azzeramento dei contagi e delle ospedalizzazioni nella prima parte dell’estate 2020.

Da quest’anno, però, la nuova arma nella lotta contro la pandemia è stata quella dei vaccini, realizzati e sperimentati in tempi molto brevi, sebbene occorre specificare che la sperimentazione ha potuto sfruttare i precedenti risultati delle recenti ricerche sulle epidemie da coronavirus scoppiate dai primi anni 2000. Anche in questo caso l’umanità ha dovuto fare i conti con tutti i limiti imposti alla scienza dal capitalismo. Anche in questo caso la prima parola d’ordine è stata la difesa della proprietà privata sui vaccini (brevetti), che ha inciso sulla qualità della ricerca e sull’efficienza della produzione e distribuzione, ennesima dimostrazione di come tale sistema sia assassino e impotente nel risolvere le crisi da esso generate. Di conseguenza la campagna vaccinale ha criminalmente stentato a decollare, soprattutto nei paesi più poveri, il che potrebbe causare il prolungamento dello stato d’emergenza anche per i prossimi anni. La nascita di nuove varianti del virus (almeno finora completamente slegate dagli effetti della campagna vaccinale, come alcuna propaganda no-vax vorrebbe far credere), di cui il vaccino ha diminuito l’efficacia sull’organismo umano, mostra anche che questo virus viaggia più velocemente di quanto l’attuale sistema possa rincorrerlo. Tuttavia i dati relativi all’impatto dei vaccini sono comunque positivi, l’effetto sulla diminuzione dei contagi anche di fronte a una variante aggressiva con indice di contagiosità R0 tra 8 e 10 (come la varicella, quasi 4 volte più contagioso del virus di Wuhan) risulta evidente. I dati riportati ad agosto dall’ISS [1], con più della metà della popolazione vaccinata, ci indicano come il vaccino riduca di molto le morti, le terapie intensive, i ricoveri e, in maniera meno efficiente ma comunque positiva, i contagi tra i vaccinati. I dubbi più grandi che permangono sono relativi alla durata della copertura vaccinale.

Fonte: Bollettino sorveglianza integrata Covid19 – Istituto Superiore di Sanità, 11 Agosto 2021

Spesso  in modo sarcastico e totalmente antiscientifico si tende a ridimensionare un po’ troppo il valore delle attuali medicine, ponendo l’accento su singole notizie di persone decedute con la doppia dose, senza concentrarsi sui dati massivi, oppure ponendo l’attenzione su ragionamenti molto fuorvianti che paragonano la situazione di un anno fa (senza variante Delta, con più restrizioni e dopo un lockdown che aveva praticamente azzerato i casi nel meridione) a quella di quest’anno (dopo un anno di convivenza continua col virus senza mai fermare la produzione e arrivare a un calo significativo di contagi, per di più in presenza di una variante quasi quattro volte più contagiosa).

La scienza statistica, invece, in una pandemia aiuta molto a capire e prevedere eventuali rischi e benefici. Abbiamo così confrontato i dati di luglio/agosto riportati nella TABELLA 3 (si veda sopra) con le proporzioni derivate su una popolazione totalmente non vaccinata e su una totalmente vaccinata. Ovviamente ci troveremo dinanzi a numeri approssimativi, però sono quelli suggeriti dalle percentuali calcolate sui dati raccolti. Si passa da 173.983 contagi su una popolazione totalmente non vaccinata a 63.288 su una completamente vaccinata, da 10.288 ospedalizzazioni a 1.123, da 990 terapie intensive a 54, da 944 morti a 40.

Per il calcolo delle diagnosi dei non vaccinati sulle varie fasce d’età si è riproporzionato il numero delle diagnosi su tutta la popolazione e lo stesso si è fatto per i vaccinati, ottenendo così le proiezioni delle diagnosi su una popolazione totalmente non vaccinata e su una completamente vaccinata divise per fasce d’età. 

In generale si estrae la seguente formula:

DiagnosiPNV [2] = DiagnosiNV [3] * 100 : PercPopNV [4].

Nel caso particolare della fascia d’età over 80 si ha che 

DiagnosiPNV = 756 x 100 : 9,2 = 8217. 

Su questo numero è stato poi calcolato il numero di ospedalizzazioni proporzionato in base alla percentuale di ospedalizzazioni ottenuta da TABELLA 3  

OspPNV [5]= OspNV [6] : DiagnosiNV * DiagnosiPNV = 220 : 756 x 8217=2391 

Allo stesso modo si è proceduto per Terapie Intensive e Morti. E così via per tutti gli altri valori che si desidera calcolare.

Si precisa che si tratta di un modello molto semplificato il quale non tiene conto di molteplici fattori, tuttavia riesce a fornire un’idea degli effetti del vaccino e dotare il lettore una corretta visione dei dati statistici, confrontando le due situazioni di limite. I valori uguali a 0 (*) sono quelli meno certi, perché ottenuti su campioni troppo piccoli, e potrebbero variare di qualche unità. Tra l’altro qui non si tiene conto del fatto che l’aumento o la diminuzione dei contagi tra le fasce più giovani, che sono quelle più colpite, possono influire direttamente in maniera negativa e positiva anche tra i contagi delle altre fasce d’età.

Benché siamo coscienti che qualsiasi vaccino contro il Covid 19 sia solo un palliativo temporaneo in una situazione sanitaria storicamente condizionata dalla fase di declino del capitalismo, e tenendo presente anche che una campagna di vaccinazione di massa lascia inevitabilmente delle vittime lungo il cammino, si deve accettare realisticamente che, alle soglie del prossimo autunno, quando l’emergenza sarà tutt’altro che finita, questi vaccini sono quanto di meglio la scienza limitata dal capitale e dal suo potere decadente ha potuto offrire al momento. La crisi del capitale è la crisi dell’umanità, le illusioni di convivenza con questo sistema cadono giorno dopo giorno, motivo per cui per uscire da questo inferno non possiamo ragionare come singoli individui ma come classe operaia internazionale, e come tale occorre tutelarsi. Crediamo dunque che la vaccinazione di massa così come l’astensione dal lavoro in presenza ovunque possibile retribuita al 100% per coloro che non possono vaccinarsi o per i soggetti più fragili, siano rivendicazioni fondamentali e tra i nostri interessi immediati.

Coercizione, libertà personali e interessi di classe: un approccio dialettico

Contemporaneamente a questa tragedia storica del proletariato e dell’umanità, soprattutto nei paesi del ricco occidente si sono formate nell’humus della piccola borghesia, altra classe economicamente martoriata dall’emergenza, delle sterili opposizioni alle misure “semi-coercitive” adottate dai governi. In alcune di queste proteste, cavalcate in primis dalle destre, quelle più liberiste e quelle più reazionarie, si tende addirittura a negare l’esistenza di una pandemia tale da giustificare le restrizioni, blaterando della presenza di una fantomatica dittatura sanitaria che calpesterebbe le libertà personali. Negare l’emergenza significa negare la crisi del regime borghese!

Purtroppo anche una parte della sedicente sinistra di classe, della sinistra di movimento e del sindacalismo di base si sta inerpicando su questi oscuri sentieri. Si attinge ai concetti di libertà di scelta nel decidere sul proprio corpo, di decisioni incostituzionali, di illegittimo trattamento sanitario obbligatorio, di calcoli personali su rischi/benefici, di denuncia della gestione autoritaria dell’emergenza, del “non lasciare le piazze alle destre”. Peccato che qui non si stia parlando di scegliere la cura ad una malattia personale, di aborto o eutanasia (quelli sì diritti inviolabili dell’individuo!).

La libertà di scelta, se non si vuol rischiare di andare a braccetto con novax, libertari modello freak e neofascisti, è un concetto inadeguato nel contesto di una pandemia, che non è una malattia del singolo ma dell’umanità intera.

Sul tema della pandemia, della coercizione e della libertà personale rivendichiamo un approccio dialettico. Partiamo dal punto che dinanzi ad una malattia infettiva epidemica si sgretola il concetto di proprietà privata del proprio corpo: ogni corpo, essendo soggetto ad ammalarsi e a contagiare gli altri, dipende dallo stato di salute della collettività e allo stesso tempo influisce su di esso. Parafrasando nobili termini dell’analisi marxiana, la proprietà privata del corpo diventa una sorta di sovrastruttura incompatibile con la struttura sanitaria della salute collettiva.

Pertanto, la libertà di non vaccinarsi altro non è che la rivendicazione di questa sovrastruttura, che, in questo caso, non può non contemplare lo schiacciamento e l’esproprio del diritto alla salute degli altri, il che la rende parente stretta in termini dialettici della libertà di proprietà privata dei mezzi di produzione che espropria l’operaio dalla struttura economica della produzione industriale.

Ribellarsi alla vaccinazione di massa non può essere un interesse della classe lavoratrice, che è la prima vittima dell’emergenza, così come non poteva esserlo la ribellione al lockdown, alle restrizioni e quindi ora la ribellione in salsa libertaria ad una misura come il green pass (a cui pure in questo stesso articolo avanziamo le dovute critiche). Di conseguenza, la denuncia della coercizione in quanto tale, senza analizzare in maniera dialettica i rapporti tra il suo contenuto e gli interessi di classe, limitandosi solamente a puntare il dito contro “il potere”, è soltanto una semplificazione infantile del pensiero che non può che condurre la classe operaia all’impotenza storica di agire sulla crisi della società capitalista e dell’umanità, e in questo caso all’intralcio dei passi avanti, seppur piccoli, verso il superamento dell’attuale emergenza (o quantomeno un tamponamento dei danni in termini di vite umane, in maggioranza proletarie). Questo è qualcosa che la classe lavoratrice non può permettersi, men che meno in difesa di una libertà individuale, borghese, che mette la scelta libera (si fa per dire) di un singolo prima degli interessi della collettività e della classe, afferendo in alcuni casi addirittura all’ambito del diritto liberaldemocratico (quando per difendere “l’illegittimità” dell’obbligo vaccinale vengono utilizzati ordinamenti e Costituzioni delle democrazie borghesi).

Nella gestione fallimentare della crisi pandemica da parte del capitale, la classe è stata messa alla prova nel dover separare alcuni caratteri parzialmente progressivi dei provvedimenti dello Stato borghese, come alcune restrizioni, il lockdown e i vaccini, da quelli reazionari giocati sul conflitto capitale/lavoro che impongono morti, licenziamenti e convivenza obbligata con il virus.

Sulla questione green pass, ad esempio, sgombrando il campo da eventuali sciocche accuse di sovrapposizione con ciò che dice il tragicomico ministro dell’istruzione Bianchi o minaccia la Confindustria criminale di Bonomi, rifiutiamo con forza l’utilizzo di tale strumento come arma di licenziamento, sospensione del salario e qualsiasi provvedimento disciplinare sul lavoro. Questo perché, nonostante resti incondivisibile la decisione di rifiutare il vaccino esponendo i propri colleghi e compagni di lavoro ad un maggiore pericolo di contagio, si ritiene che le responsabilità della gestione pandemica restino tutte, indistintamente, imputabili allo Stato borghese, e non ai singoli. Per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici sul luogo di lavoro, in questa fase di limbo dove l’emergenza della pandemia viene scaricata sulle scelte del singolo, dove non può dirsi conclusa la campagna vaccinale, ai non vaccinati sia garantito il lavoro non in presenza a salario pieno!

La coercizione che vogliamo e dobbiamo combattere è quella che ci obbliga a lavorare in presenza nei settori non inerenti alla gestione della crisi sanitaria, con ancora minore sicurezza del solito, anche quando fuori ci sono decine di migliaia di contagi al giorno e centinaia di morti, con la paura di ammalarsi, morire, portare il virus a casa e nella vita fuori il lavoro, infettando i propri cari, conoscenti e anche sconosciuti.

Quello è il ricatto più grande, invisibile agli occhi del pensiero individualista piccolo borghese, che non è in grado di vedere l’individuo come altro da sé stesso, e l’unica difesa che conosce è quella della conservazione della propria condizione. Tale visione viene spazzata completamente via dalla crisi del sistema malato che gli ha permesso di nascere e svilupparsi.

La crisi della piccola borghesia, che mai come ora si vede schiacciata come classe, non è solo economica ma ideologica e nell’epoca della crisi del capitale si mostra al mondo mettendo in scena tutta l’impotenza e la miseria che regna all’infuori degli interessi e del ruolo storico del proletariato. Ma se la condizione di un piccolo-borghese è in un certo senso legittimata ad accogliere simili aberrazioni e sventolarle senza pudore come una bandiera della vergogna ai margini del flusso della storia, questo pensiero non può assolutamente essere accolto dai lavoratori e dalle lavoratrici, che al contrario formano l’unica classe che può portare l’umanità fuori dalla crisi. Nel percorso verso la propria emancipazione e liberazione, la classe lavoratrice non può che epurare dal suo pensiero l’individualismo, i metodi di analisi antiscientifici, il complottismo e quanto di esecrabile rischia di poter assorbire dall’attuale società malata.

Note

[1] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_11-agosto-2021.pdf?fbclid=IwAR0gIuScHCQroMAOzLrW6fr_11jWhbnEfIZqkZ1ZhgeBSL-Zlh5kFGlOiy0 

[2] DiagnosiPNV = numero di diagnosi proporzionato su una popolazione totalmente non vaccinata

[3] DiagnosiNV= diagnosi reale nel mese di Luglio dei non vaccinati (dato estratto da TABELLA 3)

[4] PercPopNV= percentuale popolazione non vaccinata a Luglio (dato estratto da TABELLA 3)

[5] OspPNV =numero di ospedalizzazioni proporzionato su una popolazione totalmente non vaccinata

[6] OspNV = ospedalizzazioni reali nel mese di Luglio dei non vaccinati (dato estratto da TABELLA3)


PROSPETTIVA OPERAIA

Nessun commento:

Posta un commento