Contropiano - giornale on/line che fa capo alla Rete dei Comunisti - si associa alla stampa di regime e infama la memoria del Presidente Gonzalo e della Rivoluzione peruviana.
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"Una cosa deve essere chiara da subito: si sta parlando della storia di un esperimento politico e insurrezionale fallimentare e terribilmente tragico, di cui Abimael Guzmàn è stato il principale responsabile".
Afferma il "compagno" Bruscolotti, non sulle pagine de La Repubblica o de Il Giornale ma su Contropiano, in un articolo del 14 settembre scorso dal titolo "Muore in carcere 'il presidente Gonzalo' ", ma facciamo un passo indietro.
Cenni sull'esperienza storica della Guerra Popolare del Perù diretta dal Presidente del PCP Gonzalo
L'11 settembre scorso, dopo 29 anni di prigionia in isolamento, è morto il compagno Gonzalo, il presidente del Partito Comunista del Perù sotto la cui direzione nel 1980 è stata lanciata la rivoluzione seguendo la strategia della Guerra Popolare di Lunga Durata, guidata dal partito comunista, condotta principalmente dai contadini e dalle popolazioni indigene e sostenuta da masse proletarie nelle città, con molti studenti e intellettualiche vi hanno preso parte.
Una rivoluzione che fino al 1992 mise in ginocchio il regime peruviano asservito all'imperialismo principalmente USA. Il PCP arrivò a conquistare vaste zone del paese. Contro le masse in armi il regime non esitò ad usare le più inumane pratiche controrivoluzionarie con il pieno supporto della CIA provocando decine di migliaia di morti.
Per esempio non esitò a soffocare con l'esercito una ribellione dei prigionieri del PCP in rivolta nel carcere de El Fronton e in altri due il 18 giugno 1986, dove dopo una resistenza eroica di due giorni agli
assalti dell'esercito che letteralmente bombardò le prigioni per penetrarvi, circa 300 compagni caddero combattendo.Intanto nelle campagne, nelle zone liberate si costruiva il nuevo poder (l'embrione del nuovo Stato popolare), i contadini cacciati i latifondisti si appropriarono della terra, gli speculatori locali legati alla corrotta classe dirigente nazionale, la borghesia compradora che svende le risorse nazionali all'imperialismo, furono espulsi. Il "contagio rivoluzionario" arrivò anche nei sobborghi di Lima, la capitale.
Nel settembre del 1992 però il regime riesce ad arrestare a Lima il Presidente Gonzalo in una casa in cui viveva con altri compagni tra cui alcuni membri del comitato centrale.
Il presidente golpista Fujimori inebriato dall'arresto del rivoluzionario più ricercato al mondo, il 24 settembre 1992 convocò una conferenza stampa in cui venne mostrato il presidente Gonzalo con camice da carcerato dentro una gabbia nel tentativo di umiliarlo e di colpire il morale rivoluzionario dei combattenti dell'Esercito Popolare di Liberazione e del PCP, ma al contrario quel giorno verrà sempre ricordato per il "discorso della gabbia" nel quale Gonzalo contestualizzò il proprio arresto definendolo "uno dei tanti tornanti della Rivoluzione, niente di più" facendo appello al popolo peruviano, al partito e all'esercito popolare a perseverare lungo la via rivoluzionaria.
Come altri rivoluzionari nel mondo imprigionati, per non aver mai chinato la testa e non aver rinnegato i principi rivoluzionari, la borghesia gliela fece pagare "seppellendolo vivo" in una cella di pochi metri quadrati in isolamente nel carcere militare di massima sicurezza sull'isola di Callao per 29 anni cioè fino al suo assassinio e negli ultimi mesi gli sono state negate le cure necessarie. Una campagna internazionale a difesa della sua vita era già incominciata in vari paesi del mondo, sostenuta anche dal più grande partito comunista del mondo: il Partito Comunista dell'India (maoista) che dirige la Guerra Popolare in quel paese
La rivoluzione peruviana scoppiò in un contesto internazionale critico per i rivoluzionari, nel 1980 l'URSS e la Cina avevano ormai abbandonato il socialismo e non fungevano più da basi d'appoggio per la Rivoluzione Proletaria Mondiale, al contraro i partiti al potere in quei paesi "esportavano" il revisionismo a livello internazionale diffondendo teorie quali quelle della "coesistenza pacifica" con il capitalismo e scoraggiando quindi la via rivoluzionaria che era presente al suo stadio iniziale in difficili contesti isolati l'uno dall'altro come nelle Filippine, in India e in Turchia.
L'inizio della Rivoluzione peruviana fu quindi un elemento di controtendenza positiva: il suo successo iniziale anno dopo anno fu un faro che trasmise ottimismo ai popoli del mondo ispirando nuove rivoluzioni come la Guerra Popolare in Nepal scoppiata il 13 febbraio 1996.
In un periodo di riflusso rivoluzionario anche ideologico , dalle Ande all'Himalaya i popoli oppressi e indigeni sventolavano la bandiera rossa, favorito dalla nascita del Movimento Rivoluzionario Internazionalista, un'organizzazione internazionale che univa queste esperienze e i partiti che le animavano a cui il PCP diede un grande contributo.
Nelle decine di messaggi pubblicati in questi giorni in occasione dell'assassinio del Presidente Gonzalo, molti partiti rivoluzionari che oggi conducono lotte armate rivoluzionarie come il Partito Comunista delle Filippine o il TKP/ML in Turchia, nonchè i comunisti combattenti in Rojava hanno sottolineato il contributo dato dal Presidente Gonzalo, dal PCP e dalla Guerra Popolare in Perù alle loro rivoluzioni.
Quando i "comunisti" diventano gli utili idioti del pensiero dominante
Noi comunisti abbiamo appreso in oltre un secolo e mezzo di rivoluzioni proletarie come la borghesia sia capace di demonizzare tutti i tentativi rivoluzionari, di calunniarli, dipingerli con orrore e così via, la stessa sorte è toccata alla rivoluzione peruviana e al Presidente Gonzalo che viene definito dalla stampa borghese peruviana al servizio del proprio regime e dell'imperialismo come un "terrorista genocida e sanguinario".
Niente di nuovo e niente di strano, in una società divisa in classi, quest'ultima è "marchiata a fuoco" dalle regole e dalle idee della classe dominante: "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante" scrive Marx ne "l'Ideologia Tedesca", a noi comunisti l'enorme lavoro di contrastare con i nostri mezzi l'influenza di tali idee e conquistare l'egemonia nella nostra classe per dirla alla Gramsci.
Ciò che fa specie invece è leggere articoli dello stesso tenore, con simili epiteti da "Libro Nero del Comunismo", su organi di stampa sedicenti "comunisti".
La prima, apparentemente banale, questione che salta agli occhi in questo articolo è la terminologia denigratoria utilizzata, tipica della stampa borghese: il gruppo dirigente del PCP arrestato nel '92 viene definito "cupola di sendero", i compagni che aderivano alla linea di Gonzalo vengono indicati come "suoi seguaci", dipingendo implicitamente il PCP come una sorta di gruppo mafioso/setta mentre il PCP per oltre 12 anni è stato il più influente partito rivoluzionario dell'America Latina, un partito dall'organizzazione bolscevica in grado di costruire negli anni decine di organizzazioni di massa nei più disparati settori della società dalle campagne alle città, viene infine liquidato come "gruppo armato peruviano".
E ancora in modo denigratorio si afferma: "SL un’anomalia nella storia della sinistra rivoluzionaria sia latinoamericana che mondiale", su questo siamo d'accordo ma nel senso che forse mai dalla vittoria della Rivoluzione d'Ottobre, ovvero da quando è stato "collaudato" e verificato il funzionamento del partito leninista come macchina da guerra organizzativa per abbattere lo Stato borghese e quella della Rivoluzione Cinese, quando il "collaudo" si è esteso anche ai paesi oppressi, un partito comunista, in America latina e non solo, con la propria direzione è riuscito in così poco tempo a strutturarsi, delimitandosi dalla palude riformista, a lanciare la lotta armata rivoluzionaria e a raggiungere tali risutati in termini di base di massa, agibilità politica, controllo del territorio, manovra militare e così via.
Per restare in Sud America, i "gruppi armati" (questi si) che tanto piacciono ai gruppi di "sinistra" in Europa come le Farc-EP o gli zapatisti mai hanno avuto una fermezza teorico-ideologica, una chiarezza sulla strategia politico-militare e soprattutto sull'obiettivo rivoluzionario che è la conquista e la distruzione della macchina statale borghese e la sua sostituzione con una macchina statale proletaria, come il PCP.
Non ha caso in Perù, il referente di questo "riformismo armato" autoreferenziale slegato dalla lotta di massa, il Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru, é stato relegato in secondo piano negli anni della Guerra Popolare.
Nella descrizione delle informazioni storiche sulla formazione teorico-ideologica del Presidente Gonzalo, della nascita del PCP por el Sendero Luminoso de Jose Carlos Mariategui (il nome completo del partito) e del lancio e sviluppo della Guerra Popolare in Perù si evince un atteggiamento dominato da pregiudizi piccolo borghesi e confusione nei confronti della Rivoluzione.
L'autore dell'articolo liquida tale applicazione del marxismo (già negli anni '80 marxismo-leninismo-maoismo) scevra da ogni dogmatismo di copiare l'esperienza cinese (che Gonzalo aveva conosciuto direttamente visitando il paese durante i primi anni della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria) come: "un intreccio eclettico di mariateguismo e maoismo con qualche elemento kantiano".
La confusione nella testa dell'autore mista a conoscenza nozionistica fa emergere l'eclettismo dove non c'è: l'analisi di Mariategui (il fondatore del Partito Comunista del Perù) e non il "mariateguismo" che non esiste, altro non è che l'applicazione creativa e non dogmatica del marxismo-leninismo alla realtà peruviana (ed in particolare tenendo conto della presenza dei popoli indigeni), Mariategui viene definito da alcuni "il Gramsci latinoamericano".
Gramsci e Mariategui si incontrarono in Italia e condivisero molto in termini di analisi teorica e di posizioni politiche: anche il partito fondato da Mariategui abbracciò le posizioni della Terza Internazionale prima e del Comintern dopo.
I marxisti-leninisti-maoisti conseguenti in ogni paese partono da un bilancio storico dell'esperienza politica più avanzata nel proprio paese, in Italia ad esempio non possiamo prescindere dall'enorme contributo dato da Gramsci, dalla Resistenza Antifascista e dall'esperienza della lotta armata degli anni '70; e questo sarebbe eclettismo?
Infine il fatto che Gonzalo in una delle sue tesi universitarie abbia analizzato da un punto di vista marxista la teoria dello spazio in Kant, fa pensare al nostro autore che Gonzalo abbia integrato elementi della filosofia kantiana al M-L-M: una tesi tanto ridicola non è mai stata avanzata da nessun detrattore del PCP, in Perù come nel mondo
Al contrario un merito internazionalmente riconosciuto al Presidente Gonzalo è proprio l'estrema finezza e capacità nell'assumere il marxismo-leninismo-maoismo comprenderne le leggi generali e applicarle alla realtà del proprio paese in forme creative e non dogmatiche (in questo senso anche alla luce dell'analisi di Mariategui e sviluppandola).
La confusione dell'articolo di Contropiano continua ad emergere quando affronta l'argomento della strategia della guerra popolare evidenziando un vero e proprio analfabetismo politico.
Secondo l'autore il Presidene Gonzalo pensò bene di elaborare una propria teoria della Guerra Popolare contrapposta a quella di Mao, citiamo testualmente:
"[...] riuscì a dare avvio alla Guerra popolare degli anni ’80, pensata come 'guerra di movimento dalla campagna alla città' e ritenuta a livello strategico ancora più efficace della 'guerra di lunga durata" teorizzata e praticata da Mao."
Se il "compagno" si fosse preso la briga di consultare gli scritti militari di Mao, forse comprenderebbe che la teoria della guerra popolare di lunga durata si divide in differenti fasi strategiche, inoltre non è una strategia militare tout court ma una guerra globale contro il nemico che impegna anche il fronte della produzione e quello culturale per esempio, e che anche nell'esperienza rivoluzionaria cinese la fase finale è stata una "guerra di movimento dalla campagna alla città" con la conquista finale del potere politico.
La rivoluzione peruviana aveva lo stesso obiettivo ma non è arrivata a questo stadio avanzato, piuttosto, il PCP non seguendo dogmaticamente l'esperienza cinese e tenendo conto di fattori specifici del Perù di quel periodo, uno su tutti quello che data la presenza di una megalopoli come Lima in cui è concentrato 1/3 della popolazione nazionale, non è possibile semplicemente "accerchiare la città dalla campagna", assediarla ed entrarvi vittoriosi, ha sviluppato parallelamente il movimento rivoluzionario tra le masse popolari e proletarie urbane insediando anche in città delle basi d'appoggio.
Questo è applicazione dialettica della teoria alla pratica nel ciclo continuo e "infinito" prassi-teoria-prassi, l'autore afferma che "da marxisti sappiamo benissimo quando sia fondamentale il legame teoria/prassi, e che da una teoria abborracciata non può che discendere una pessima prassi, e viceversa" , ma da un lato non sembra cogliere il meccanismo della dialettica marxista, dall'altro giudica una straordinaria esperienza rivoluzionaria "una pessima prassi" salvo poi contraddirsi descrivendo in un paragrafo apposito dell'articolo l'efficacia del PCP nella formazione dei quadri rivoluzionari.
Rivoluzione o riformismo?
Continuando a leggere non si può non evidenziare come l'articolo sia pregno di pregiudizi piccolo-borghesi riguardo a concetti quali "democrazia" e "violenza rivoluzionaria" nonchè di un approccio libresco sugli eventi e i fenomeni inerenti ai movimenti rivoluzionari:
- "L’atto primo della Guerra popular viene fatto risalire al 17 di maggio del 1980, quando, nel piccolo villaggio ayacuchano di Chuschi, un gruppo di giovani fece irruzione nel locale dove erano depositate le schede elettorali per le prime elezioni libere (la sottolineatura è nostra n.d.a.) dopo 17 anni di governo delle Forze armate. "
Come fa un comunista conseguente a considerare "libere" delle elezioni in regime borghese? Poco importa della forma dello stato che il regime borghese assume via via (civile o militare, repubblicano o monarchico, progressista o fascista). Anche nello stato borghese più progressista del mondo le elezioni non saranno mai "libere" per il proletariato, figuriamoci per le masse popolari in un paese oppresso come il Perù!
Ma veramente alcune delle esperienze storiche anche tra le più disparate come il Cile di Salvador Allende, la Repubblica di Weimar, la guerra civile spagnola, o la stessa rivoluzione di febbraio russa del '17, per non parlare del tradimento del PCI di Togliatti, non hanno insegnato niente sui rapporti di forza di classe in regime borghese e che l'utilizzo dello strumento delle elezioni può al massimo avere un'utilità tattica e circoscritta ma mai strategica? Evidentemente no.
Come fa un comunista a biasimare un partito rivoluzionario che per affermare la via rivoluzionaria contrapposta al "gioco delle tre carte" delle "libere" elezioni dà inizio tatticamente e anche simbolicamente alla Rivoluzione proprio nel momento in cui il regime peruviano nell'apice della propria propaganda, diffondeva tra le masse la retorica del "ritorno alla democrazia" sancito dal rituale elettorale dopo il periodo di regime militare.
Basti guardare oggi cosa sia stata in questi anni e oggi la "democrazia peruviana" per capire di che parliamo.
Il vero problema è che chi scrive su 'Contropiano" assume pienamente la posizione "bolivariana" di sostegno alla borghesia compradora e burocratica peruviana rappresentata oggi dall'ex sindacalista e nuovo primo ministro Castillo così come sostiene gli altri regimi bolivariani nell'area che in nome della lotta all'imperialismo USA, si legano all'imperialismo russo ed al socialimperialismo cinese.
-"Per evitare che la “controinsurgenza” si trasformasse in genocidio pressoché totale, i vari governi che si succedettero (Alan Garcia nel 1985, Alberto Fujimori nel 1990) affiancarono alle Forze armate con i Comitè de Autodefensas (CAD), contadini organizzati in squadre paramilitari con licenza di uccidere. "
Nei paesi oppressi dall'imperialismo durante i sommovimenti rivoluzionari la classe dominante utilizza spesso sezioni del "popolo contadino" organizzate in bande semi paramilitari in chiave controrivoluzionaria con il tentativo di, nell'ambito della contraddizione tra forza rivoluzionaria e Stato, interporre un cuscinetto rappresentato da "masse controrivoluzionarie armate" come primo ostacolo per le masse armate rivoluzionarie, la guerra rivoluzionaria in certe fasi prende quindi la forma di guerra civile dispiegata in cui una parte delle masse si mette al servizio della reazione e dello Stato.
Ciò è successo in forme dispiegate anche nella Guerra Popolare indiana con il movimento noto come Salwa Judum fallito miseramente e a più riprese nella Guerra Popolare nelle Filippine.
Il risultato è proprio l'opposto: le forme genocide si accentuano, le squadracce al servizio della reazione si macchiano dei peggiori crimini nei confronti degli indigeni e dei contadini inquadrati nelle file rivoluzionarie.
Fujimori che per quanto ha attuato politiche palesemente genocide è stato condannato anche dalla giustizia borghese peruviana, avrebbe addirittura il merito di aver "attenuato" un genocidio secondo l'autore che clamorosamente assume un'atteggiamento specularmente opposto nei confronti della violenza rivoluzionaria pratica dal PCP con una serie di affermazioni:
"Spettacolarizzazione del terrore e violenza brutale, fin da subito questo è stato il tratto distintivo della Guerra Popular di SL." [...] L’ingresso in campo delle Forze Armate, che agirono con tutta la brutalità di un esercito invasore, rientrava nella strategia di SL. Era necessario secondo quando si evince dai comunicati del gruppo dirigente di Sendero, 'pagar la cuota de sangre', 'inducir al genocidio' o, come si espresse senza remore lo stesso Guzmàn in un’intervista al giornale senderista il Diario internacional, nel 1988: 'el triunfo de la revolucion costarà un milion de muertos'. [...] La guerra popular per Guzman non doveva avere limiti, andava perseguita ad oltranza e ogni ostacolo doveva essere abbattuto. Tutti coloro che non si sottomettevano al Piensamento Gonzalo dovevano essere annichiliti, possibilmente nella maniera più brutale. A finire schiacciati sotto questa macchina di guerra furono però soprattutto le popolazioni indigene
(sottolineatura nostra, la famosa teoria borghese che nei conflitti rivoluzionari "il popolo si trova tra i due fuochi" negando che invece il popolo prende parte allo scontro da una parte o dall'altra. I massacri li fecero le forze armate peruviane com'è noto ma l'autore preferisce la versione ufficiale del regime peruviano n.d.a.) , ma anche importanti leader sociali, tra cui, Maria Elena Moyano, dirigente della rete di mutuo soccorso delle donne del quartiere di Villa San Salvador, estrema periferia di Lima. I senderisti dopo averla assassinata fecero esplodere anche la sua tomba, come loro consuetudine."
Com'è noto il capolavoro cinematografico "Giù la testa" di Sergio Leone, che narra gli eventi della Rivoluzione messicana di inizio secolo scorso, si apre con la famosa citazione di Mao:
"La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra."
Il PCP diretto da Gonzalo ha messo in pratica tale principio per raggiungere l'obiettivo, in passato proprio perchè i rivoluzionari hanno usato i guanti bianchi hanno subito pesanti sconfitte e sono stati massacrati, il tal senso la bussola da seguire è rappresentata dal bilancio di Marx ed Engels sulla straordinaria esperienza della Comune di Parigi, bilancio di cui Lenin ha fatto tesoro contrastando anche all'interno del partito alcuni pregiudizi piccoli borghesi simili a quelli espressi in questo articolo nei confronti della violenza rivoluzionaria. Il PCP di Gonzalo trovandosi in una "posizione privilegiata" rappresentata dalla possibilità di aver potuto apprendere, studiare e interiorizzare l'esperienza di diverse e diversificate rivoluzioni, ha applicato con scienza e pianificazione questo principio, ciò fa orrore al "compagno".
Detto tutto ciò, non vogliamo assolutamente affermare che l'esperienza della Guerra popolare in Perù sotto la direzione del Presidente Gonzalo siano scevre da limiti ed errori, come qualsiari processo rivoluzionare reale e in sviluppo
Cosa altra però è infamare un'esperienza rivoluzionaria ed il suo massimo dirigente che ha donato la maggior parte della propria vita alla causa rivoluzionaria, lasciando il suo comodo posto da professore universitario che la società borghese gli aveva concesso e infine resistendo a 29 anni di isolamento, lo ricordiamo ancora, senza mai arrendersi, contrariamente a quanto falsamente e in maniera infamante ha diffuso il regime peruviano costruendo una montatura su fantomatici "accordi di pace promossi da Gonzalo nel '93, tesi che "ovviamente" Bruscolotti abbraccia parlando in maniera altrettanto infame di "una fine ingloriosa".
L'esperienza storica del maoismo applicato dal PCP in Perù, una volta che sarà pienamente compresa e assimilata dal proletariato e dalle masse popolari tramite un serio bilancio di questa Rivoluzione dopo l'arresto del Presidente Gonzalo e di parte del Comitato Centrale nel 1992, rimetterà la locomotiva della rivoluzione sui propri binari ed essa spazzerà via l'imperialismo e i governi ad esso asserviti compresi quei regimi che tanto piacciono ai riformisti nostrani, compreso quelli di 'contropiano'
settembre 2021
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