mercoledì 29 settembre 2021

Internazionalismo - Tunisia - Sull'attacco alla "democrazia" e i pieni poteri di Kais Saied. Una critica alle posizioni riformiste della "sinistra"

 una analisi corrispondenza

All'indomani dello scacco matto presidenziale del 25 luglio (licenziamento del capo del governo e di alcuni ministri, congelamento del parlamento e assunzione di pieni poteri per un mese) nel mezzo dell'esultazione popolare pressocchè diffusa, anche gli indecisi della "sinistra" piccolo borghese (intellettuali, riformisti ecc.) avevano finito sostanzialmente col prendere atto del risultato e a sostenerlo implicitamente: il governo più antipopolare ed il parlamento più reazionario degli ultimi 10 anni della storia del paese erano stati liquidati in poche ore, come chiedevano da mesi le piazze. Anche la proroga di un mese ulteriore di tali misure non aveva fatto granchè scandalo.

Ma il 22 settembre quando Kais Saied da Sidi Bouzid, luogo simbolo da cui sono detonate le Rivolte Popolari in quasi tutti i paesi arabi nel 2011, rompendo il silenzio di quasi due mesi, ha reso noto che il processo politico avviato il 25 luglio è irreversibile ovvero che l'attuale parlamento è ormai passato alla "pattumiera della Storia" e che una nuova costituzione sarà preparata da un team di giuristi e sottoposta al referendum popolare, la piccola borghesia "progressista" ha levato gli scudi, gettando la maschera e ricongiungendosi col fronte anti Kais Saied ovvero con la destra islamista e quella filo-occidentale (giornalisticamente chiamata "laica") entrambe rappresentanti la borghesia burocratica e compradora tunisina.

Privi di una propria autonomia di pensiero strategica, ma continuemente influenzati dagli alti e bassi dei propri umori, questi "intellettuali" ed esponenti della "sinistra" alla prima grande manifestazione riuscita organizzata da Ennahdha (con un migliaio di partecipanti, triplicati dalla stampa internazionale compreso il Manifesto) a cui hanno contribuito anche Qalb Tounes (altro partito di governo) e altri partiti di centro-sinistra, hanno cominciato a vaccillare, per qualche minuto, e quasi immediatamente a sostenere tale manifestazione iniziando a definirla una "manifestazione eterogenea e non solo di Enanhdha". Come se il fatto che gli altri partiti accomunati ad Ennahdha dall'interesse di restare aggrappati agli scranni parlamentari sia sinonimo di genuinità politica; aggiungiamo per inciso che una persona dai sani principi politici non condividerebbe neanche per un minuto la stessa piazza con gli islamisti che in questi anni hanno svenduto il paese, si sono macchiati di omicidi politici e hanno contribuito all'afflusso di jihadisti in Siria, Iraq e Libia, potenziale boomerang per la Tunisia nei prossimi mesi.

Dovrebbe far pensare che questo ampio spettro politico anti Kais Saied (destra islamista/destra liberale di governo - partiti della sinistra socialdemocratica - partiti della sinistra riformista - "liberi" intellettuali della sinistra piccolo borghese) condividano praticamente le stesse parole d'ordine (difesa della nostra democrazia, difesa della "transizione democratica"/"difesa della Rivoluzione") ovvero difesa dello status quo.

La "sinistra" riformista utilizza come cavallo di battaglia ideologico la difesa e sviluppo della "transizione democratica", una formula che indicherebbe un processo politico rivoluzionario iniziato all'indomani del 14 gennaio 2011 (cacciata di Ben Ali) e che sarebbe tutt'ora in corso, tra alti e bassi, ma il cui dato principale sarebbe l'implemento progressivo e progressista delle "conquiste della rivoluzione".

I fautori stessi di questa lettura limitano tali conquiste alla "libertà di espressione e di organizzazione", che tra l'altro anno dopo anno va restringendosi... Un approccio quantomeno minimalista, tutt'altro che rivoluzionario, considerato che il programma minimo della Rivolta Popolare (leggi Rivoluzione Abortita/Rivoluzione passiva) era Choghl, Hurria, Karama Watania ovvero Lavoro, Libertà, Dignità Nazionale e che tale obiettivo si è allontanato progressivamente in questi dieci anni.


Al contrario i partiti classisti e rivoluzionari sin dal 2011, in tempi non sospetti, avevano espresso chiaramente nelle loro analisi che:

1) nel 2010/2011 non c'è stata alcuna Rivoluzione (thaura) perchè i rapporti di produzione e la natura del paese è rimasta sostanzialmente invariata,

2) ha avuto luogo invece una Rivolta Popolare (intifada chaabia) che ha rovesciato il regime precedente, a cui se ne è sostituito un'altro simile nella sostanza ma con forme e rappresentanti nuovi (Ennahdha su tutti),

3) nel corso degli anni le questioni poste dalla Rivolta (lavoro, libertà, dignità nazionale) lungi dall'essere affermate o sono rimaste irrisolte o dopo un leggero avanzamento sono ripiombate indietro (e questo è sotto gli occhi di tutti) proprio dall'evento normalizzatore per eccellenza: l'Assemblea Costituente e la nuova Costituzione del 2014.


Interessante notare come nel 2012 Ennahdha e il Partito dei Lavoratori (ex PCOT) erano d'accordo sulla convocazione di un'Assemblea Costituente come passaggio politico necessario e come oggi nel 2021 siano ugualmente d'accordo nel difendere "la nostra Costituzione".


Allora quanto è perverso parlare di "transizione democratica" di fronte ad una restaurazione che tra l'altro ha subito una profonda accelerazione con l'ultimo governo Mechichi sostenuto da un tale parlamento ultrareazionario pronto a usare più repressione contro i movimenti sociali pur di accontentare le richieste del FMI e delle potenze straniere?


E' un fatto che decine di movimenti sociali e di lavoratori si sono opposti al governo Mechichi, che una rivolta popolare e giovanile nel primo bimestre dell'anno abbia provato a rovesciare il regime e che infine ciò è avvenuto grazia alla mossa presidenziale del 25 luglio, vero e proprio supporto alle istanze popolari; il 22 settembre "ci ha messo una pietra sopra" con la netta chiusura al dialogo invocato dalle forze politiche dominanti nell'ultimo governo e parlamento che adesso sono allo sbando:


Ennahdha il 24 settembre ha visto la dimissione in massa di oltre 113 quadri e dirigenti del partito in rottura con il leader, nonchè (ex) presidente del parlamento Ghannouchi, Karama, truppa di completamento a destra di Ennahdha vede i massimi dirigenti arrestati, Qalb Tounes partito senza base di massa raccolto intorno al proprio leader, Nabil Karoui, magnate delle televisioni, è in agonia dopo che quest'ultimo spaventato dalla retorica anticorruzione di Kais Saied, ha pensato bene di scappare in Algeria entrandovi illegalmente e per questo si trova lì in prigione da settimane.

La manifestazione di domenica scorsa rappresenta un colpo di coda di queste forze politiche in declino, così in crisi che negli ultimi giorni anche i paesi imperialisti le stanno mollando provando a corteggiare Kais Saied, ma ecco che arrivano gli utili idioti a dare man forte...


Il momento del 25/07-22/09 che ha determinato una profonda crisi degli ex partiti di governo è sicuramente buona cosa e viene visto positivamente dalle forze rivoluzionarie seppur non vi sia da parte loro "nessuna fiducia" nel governo dell'uomo solo al comando, ma tutt'altre critiche vengono poste rispetto a quelle che provengono dal campo riformista.


Quest'ultimo si inserisce nel solco interpretativo (fuorviante) che va sotto la locuzione di "transizione democratica" come si diceva all'inizio, una vera e propria fede nei valori della democrazia borghese occidentale.


Un corollario che discende dal punto precedente è l'altrettanta deificazione della cosiddetta "società civile" che altro non è per la maggior parte dei casi di un insieme di associazioni e organizzazioni che vivono e fondano la propria azione sull'elemosina dei paesi imperialisti (qui in primis da Francia, Italia, Germania, USA) e che analogalmente ai parlamentari a cui è stato chiuso l'habitat in cui sguazzare temono che un irrigidimento delle potenze straniere e/o un cambio di regime faccia venire meno i finanziamenti di cui godono e la ragione sociale della propria attività.


I soliti amici della sinistra riformista nelle ultime ore sbandierano un comunicato congiunto in cui figurano ben 18 ong della "società civile" che in certi passi si unisce al coro dello spettro politico anti Kais Saied e ben ne sintetizza i contenuti:


"Pur riconoscendo i limiti del sistema politico attuale reso possibile dalla Costituzione del 2014, chiediamo che qualsiasi riforma di questo sistema venga svolta nel pieno rispetto dell’ordine costituzionale, in particolar modo del principio di separazione dei poteri e della garanzia delle libertà e dei diritti umani. (Siamo pienamente nel solco della filosofia politica liberale promossa dalla classe sociale dominante che i popoli del mondo aspirano a reovesciare n.d.a.). [...] La Tunisia, il solo Paese in transizione democratica nella regione dell’Africa del Nord e del Medio Oriente, che ha alimentato, finora, la speranza di un cambiamento reale, sembra avere in questo modo girato la pagina della democrazia emergente. (Qui ritorna la favola della Transizione Democratica ben lontana dalla realtà concreta e materiale di milioni di lavoratori, contadini e tunisini in generale" n.d.a.).


Spesso con simili intenti viene tirato in ballo anche l'UGTT che recentemente ha tuonato contro le decisioni scaturite dal 22 settembre, il problema è che la burocrazia sindacale in Tunisia è una sorta di "sinistra organica del sistema" svolge una funzione progressista all'interno del sistema sin dall'indipendenza (oltre ad aver contribuito a quest'ultima) ma allo stesso tempo ne rappresenta una forza stabilizzante e quindi non rivoluzionaria, controlla gli argini del fiume evitando che esso si spinga troppo fino a trasbordare, è stato così a Gafsa nel 2008 e in tutte le rivolte post-2011.


Inoltre vengono fatte analisi decontestualizzate dalla natura del paese (che è semicoloniale e oppresso dall'imperialismo, con la presenza di rapporti semifeudali) e quindi slegate dal contesto internazionale, come se questa "Tunisia della transizione democratica" sia una democrazia "indipendente" mentre in realtà è continuamente sotto ricatto finanziario dall'esterno. In maniera opportunista quest'area politica ha semplicemente ignorato, astenendosi dal denunciare, le ingerenze straniere delle ultime settimane ed in particolare provenienti da UE e USA, forse perchè quest'ultime sostanzialmente usano le stesse argomentazioni dello spettro politico anti Kais Saied di cui fanno parte anche questi esponenti: meno male che molti di questi intellettuali sono esperti in "post-colonial studies"... o forse il problema è proprio che le categorie teoriche figlie del postmodernismo non è solo una questione di forma ma di sostanza, in questo caso nel praticare o meno un anti imperialismo conseguente.


Ci ritroviamo quindi, disparati giornalisti, attivisti sociali e politici e membri di associazioni sia tunisini che stranieri, tutti "progressisti", allineati sulle posizioni del partito riformista per eccellenza, il Partito dei Lavoratori (partito che da anni diserta la lotta di classe e le piazze), a denunciare insieme ad Ennahdha "l'attacco delle conquiste democratiche ad opera di Kais Saied".

Anche una giornalista sveglia e intelligente e che opera sul campo come Arianna Poletti in questi giorni è scivolata sulla questione sottolineando nei suoi reportages che: "nonostante le raccomandazioni internazionali" Kais Saied prosegue verso l'autoritarismo.

Non sarebbe forse necessario chiedersi in via preliminare se è legittimo che nei rapporti tra paesi imperialisti e paesi oppressi il principio formale di non ingerenza sia sistematicamente calpestato? Certo i rapporti di forza la fanno da padrone, sempre, ma ciò non significa non denunciarli e al contrario dare per scontata l'impostazione data dalle forze egemoniche.






Infine queste forze della falsa sinistra conducono una censura praticamente sistematica verso le prese di posizione delle forze rivoluzionarie classiste (questo sempre) come il Partito degli Elkadehines (Partito dei lavoratori più sfruttati n.d.a.), il Partito della Via Comunista ed il Partito Patriottico Democratico Socialista che in questi giorni, sono intervenuti sugli ultimi eventi con una critica da "sinistra" alle ultime dichiarazioni e azioni di Kais Saied, ma al contempo salutando il consolidamento dei risultati del 25 luglio; pur non avendo posizioni identiche tra loro, in maniera costruttiva sono riusciti a trovare una sintesi organizzativa dando vita a una Rete di Lotta Nazionale e Popolare.


La critica delle forze rivoluzionarie nei confronti di Kais Saied si scaglia contro la velleità di pensare di poter amministrare e addirittura riformare un sistema politico da solo o meglio solo con l'appoggio delle forze armate militari e civili senza coinvolgere i partiti e le associazioni dei lavoratori, che sono ben altra cosa dalle ong finanziate dalle potenze occidentali.

Questa critica spinge quindi per sviluppare la forza politica agente espressione dei lavoratori, contadini e masse popolari per sostenere e indirizzare in senso rivoluzionario il passaggio politico del 25luglio/22settembre. Ciò significa lavorare per creare le condizioni per lo sviluppo di un'economia realmente indipendente e slegata dai diktat dell'imperialismo e delle sue agenzie (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale su tutte) e per sviluppare una politica che aspiri ad una reale indipendenza politica e culturale.

Sottolineamo "creare le condizioni" ovvero come momento preliminare perchè tutto ciò non può scaturire nè dall'alto della presidenza della repubblica nè in forme pacifiche sotto la supervisione delle forze armate (verosimilmente le forze armate e di polizia rappresenterebbero il primo ostacolo), ma necessita di una Rivoluzione violenta delle classi lavoratrici delle città, dei contadini e delle masse popolari tunisine che sconfigga sul campo le classi sociali dominanti (i proprietari terrieri e la borghesia compradora urbana) sostenute dall'imperialismo.


Evidentemente l'obiettivo di soddisfare le rivendicazioni sintetizzate dallo slogan Choghl, Hurria, Karama Watania (Lavoro, Libertà e dignità nazionale) risulta essere più complesso rispetto ai dibattiti simil accademici in corso di tipo giuridico/costituzionalista: i dieci anni di "democrazia tunisina", ma potremmo elencare decine di esempi analoghi in giro per il mondo, che stanno lì a dimostrare che il cuore del problema risiede invece nella questione della natura del potere politico e di quale classe/i sociale/i lo esercitano.


Questo blog rinnova quindi l'impegno ad amplificare la voce dei partiti ed organizzazioni di classe e rivoluzionari con la diffusione in lingua originale delle loro dichiarazioni e la loro traduzione ufficiosa in inglese e italiano.




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