Tortura di una donna eritrea detenuta in uno dei campi di concentramento libici sponsorizzati dal Pd Minniti, ripetutamente bastonata a testa in giù – immagini inviate ai suoi familiari per estorcere denaro.

La nota che segue è stata scritta quando era in sella il governo Lega-Cinquestalle. Ma in questi kampi, e più in generale in tutta la politica migratoria dello stato italiano, nulla di sostanziale è cambiato con l’avvento del governo Conte-bis, e tanto meno cambierà con il governo Draghi. Nel frattempo il Pd Minniti ha deciso di lasciare il seggio di deputato e andare a dirigere la fondazione Med-Or di Leonardo (ex-Finmeccanica), il colosso italiano e internazionale dell’industria degli armamenti. Una promozione: dalla “semplice” guerra agli emigranti in Italia e all’estero, alla guerra a trecentosessanta gradi, la sua vocazione finalmente potrà realizzarsi in pieno. Ora Lega-Pd-Cinquestalle-FI-Leu-Iv, sono tutti nello stesso governo, e certo non saranno Meloni e i suoi FdI a dissentire da questi compiti di guerra, che uno scenario sempre più da nuova “guerra fredda” pare allargare e rendere urgenti. Come notò a suo tempo Zinoviev, sulle questioni fondamentali tutti i partiti borghesi sono d’accordo. Sta a noi lavorare con visione, metodo e determinazione ad uno schieramento di classe contrapposto altrettanto compatto.

“Allargando lo sguardo al mondo intero, l’attuale crisi migratoria in Africa e in Europa appare solo un aspetto della catena di contraddizioni/convulsioni che scuotono un sistema economico e sociale sempre meno sostenibile per la natura e l’umanità lavoratrice. I poteri forti globali e i loro governi non hanno a disposizione nessuna reale soluzione per queste “singole” crisi. Basta vedere quello che accade in Europa dove partiti fratelli, se non gemelli, nella loro infame ideologia, come quelli di Orban, Kurz e Salvini, si collocano su posizioni opposte quando si tratta della possibile revisione dell’accordo di Dublino o della suddivisione dei costi della militarizzazione delle frontiere.

Il governo trumpista Salvini&Di Maio che oggi guida l’Italia si candida ad essere l’avamposto della UE nella guerra contro gli emigranti dall’Africa, e gli immigrati già presenti sul suolo italiano ed europeo. La sua politica d’attacco è a più strati (o anelli) tra loro collegati in un unitario disegno anti-proletario: contro gli emigranti dall’Africa moltiplicando muri, divieti, pericoli, costi, setacci per selezionarli e farli arrivare qui terrorizzati, piegati, indebitati fino al collo (ora i viaggi dal Nord Africa all’Italia costano dai 5 ai 10.000 euro), pronti a essere supersfruttati; contro i reclusi nei centri di detenzione, educandoli ad accettare una condizione servile attraverso l’abitudine al lavoro gratuito; contro i sans papiers, con la minaccia di espellerli dall’Italia, per costringerli a spezzarsi la schiena e astenersi da ogni forma di protesta; contro gli immigrati regolari, colpiti da nuove discriminazioni (i loro figli non potranno avere accesso gratuito agli asili nido, gli immigrati disoccupati sono esclusi dal “reddito di cittadinanza”) e da una propaganda di stato che li presenta vigliaccamente come un peso per le casse pubbliche e la principale fonte del malessere sociale. Infine, contro i proletari autoctoni per creare un fossato incolmabile di diffidenza, sospetto, ostilità, odio tra le due sezioni del proletariato, che le indebolisce entrambe davanti all’aggressione dei “mercati globali”, dei padroni, degli organi dello stato.

Al momento questo governo gode ancora di un ampio gradimento popolare, all’apparenza proprio sulla sua politica contro gli emigranti dall’Africa e gli immigratie. La sua forza, però, è quasi esclusivamente nella debolezza del movimento proletario, nella stasi delle lotte, nell’assenza di una piattaforma e di un’azione politica di classe capaci di unire autoctoni e immigrati in uno stesso fronte di lotta. Se riprenderanno le lotte; se i lavoratori immigrati saranno parte integrante e militante di queste lotte, come già più volte è avvenuto; se forze di classe anche limitate metteranno in campo una politica sull’immigrazione e su tutto il resto capace di contrapporsi da cima a fondo all’azione del governo, dello stato e dell’UE; la scena cambierà, bruscamente. Il malcontento sociale che oggi è utilizzato in modo demagogico da Lega e Cinquestelle gli si potrà rovesciare contro. Dopotutto, ciò che unisce gli sfruttati, emigranti, immigrati o autoctoni che siano, è immensamente più profondo e forte di ciò che li divide.

Ma la risposta di lotta ai governi tipo quello Lega&Cinquestelle in Italia non dovrà assolutamente disertare le tematiche che, a partire dalle attuali “crisi migratorie”, mettono in discussione il sistema sociale capitalistico in quanto tale, e la sua macchina di dominazione neo-coloniale. Oltre a battersi contro le politiche migratorie restrittive e repressive degli stati e ogni forma di discriminazione ai danni delle popolazioni immigrate, i rivoluzionari internazionalisti debbono dire chiaro e forte che sono contro le migrazioni forzate, quali sono la pressocché totalità delle migrazioni contemporanee. E sanno bene cosa va fatto per rimuoverne le cause. Certo, il processo è complicato, data la loro profondità storica e il loro carattere strutturale. E per avanzare in questa direzione saranno necessari grandi scontri e giganteschi sconvolgimenti sociali.

Ma, tanto per cominciare, si dovrebbe:

1)azzerare il debito estero dei paesi africani;

2)ritirare immediatamente dall’Africa le truppe di stato e private italiane ed europee, i consiglieri militari, gli addestratori di truppe e di polizie;

3)restituire le terre razziate con il land grabbing;

4)cessare di inondare l’Africa con i prodotti agricoli sovvenzionati europei che distruggono l’agricoltura locale;

5)finirla di appropriarsi del pescato dei loro mari;

6) ridiscutere su basi paritarie e di effettiva reciproca utilità i commerci in atto;

7)avviare un processo di restituzione del plurisecolare maltolto, e così via.

E, prima di tutto, spezzare il silenzio sulle lotte operaie e popolari, sulle resistenze al neo-colonialismo in corso in Africa, e sostenerle con ogni mezzo.

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