"Non una di meno" ha lanciato un Appello "a tutti i sindacati confederali, di base e autonomi: l'8 Marzo fermiamo il mondo per dire no alla violenza maschile sulle donne"
Nell'appello scrivono: "Siamo le donne che hanno costruito la grande mobilitazione nazionale dello scorso 26-27 novembre che ha visto scendere in piazza più di duecentomila persone...
La manifestazione ha ribadito che la violenza è un problema strutturale delle nostre società e agisce in ogni ambito della nostra vita. Il femminicidio è la punta dell'iceberg, l'epilogo tragico di una catena di discorsi e atti, simbolici e concreti, che dalla casa al posto di lavoro, dalla scuola all'università, negli ospedali e sui giornali, nei tribunali e nello spazio pubblico tende ad annientarci.
Sappiamo come la violenza sulle donne si esprime in una molteplicità di agiti/piani: nella disparità salariale; nelle tante discriminazioni sui posti di lavoro, nei luoghi della formazione e della ricerca; nello sfruttamento del lavoro domestico e di cura, sottopagato e gratuito; nel ricatto della precarietà; nella privatizzazione della salute e dei servizi; nella negazione della libertà di scelta e dell'autodeterminazione, nella violenza ostetrica e medica, nell'obiezione di coscienza dilagante, nella squalificazione del nostro ruolo e della nostra dignità...".
Siamo d'accordo che la violenza contro le donne è strutturale e si esprime in ogni aspetto della vita e della condizione delle donne, ma occorre chiamare le cose per nome e cognome, non basta parlare genericamente di "violenza", di "nostre società", perchè si tratta di violenza reazionaria, fascista, frutto inevitabile di questo sistema capitalista, che può essere combattuta solo rovesciando questa società capitalista.
Questo porta ad un'altra importante e fondamentale questione: chi deve prendere in mano lo "sciopero delle donne". L'MFPR (Movimento Femmminista Proletario Rivoluzionario), nel foglio fatto sulle manifestazioni del 25 e 26 novembre, ha scritto:
"Sono e devono essere le donne proletarie, più sfruttate e oppresse, quelle che subiscono non una ma tutte le violenze fasciste, sessiste, razziste di questo sistema ad essere l'avanguardia e il riferimento, per contenuti, pratica, prospettiva.
LO SCIOPERO DELLE DONNE È OGGI L'ARMA DELLE DONNE LAVORATRICI, PRECARIE, DISOCCUPATE, DI CHI LOTTA OGNI GIORNO, PERCHÈ VI SIA UNA LOTTA GENERALE CONTRO TUTTO QUESTO SISTEMA BORGHESE, LOTTA RIVOLUZIONARIA".
Ma le donne di "non una di meno" fanno appello ad indire lo sciopero anche ai sindacati confederali. Quando questi sindacati confederali sono parte complementare, organica di questo sistema capitalista di sfruttamento e oppressione. I loro accordi avallano i peggioramenti che i padroni stanno sempre più portando sui posti di lavoro e che colpiscono in particolare le donne, non solo dal punto di vista economico, ma di vita - pensiamo all'accordo dei sindacati confederali, compreso la Cgil, di Almaviva, dove la maggioranza sono lavoratrici, e alla sua devastazione verso le loro vite, lavoratrici che proprio sabato prossimo scendono in lotta contro quell'accordo.
Lo "sciopero delle donne", vero, non virtuale - fortemente ostacolato nel novembre 2013 soprattutto dalla Cgil - è quindi, per forza, anche contro i sindacati confederali, anello della catena che opprime le donne proletarie - E non possiamo chiedere a chi contribuisce a stringere questa catena, di indire il nostro sciopero....
'Non una di meno', nell'appello scrive poi:
"Si tratta di un esperimento inedito in Italia che ha come riferimenti più prossimi gli scioperi delle donne argentine e polacche dei mesi scorsi. E' una sfida che lanciamo per rimettere al centro, dopo il 26 e il 27 novembre, il protagonismo delle donne contro la violenza psicologica, fisica, sociale, economica, politica e culturale, perché “Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo”.
(dal Tavolo 4) - "Lo sciopero delle donne il prossimo 8 marzo non è affatto un'"esperimento inedito" in Italia. Come MFPR lo abbiamo promosso sin dal 2008 e messo in pratica a livello nazionale il 25 novembre 2013 e l'8 marzo dell'anno scorso...
...Negare che ci siano già state esperienze in Italia di questo tipo, vuol dire oscurare... almeno 20.000 donne e lavoratrici in Italia (lotte di cui il web è pieno e che hanno avuto un eco mondiale, arrivando anche in India), che hanno scioperato il 25 novembre 2013 e l'8 marzo 2016, pagando anche sulla propria pelle il coraggio di quella lotta con licenziamenti e, indirettamente, con altre misure repressive...
...quelle donne lavoratrici, precarie, disoccupate, immigrate, che si sono spese nella lotta sono invece "invisibili" per questo "movimento" che sin'ora è stato solo a guardare, quando non ha voltato addirittura la testa dall'altra parte...".
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