Solidarietà alla donna offesa e
condanna dell’omertà dei “compagni”.
Come gruppo di autodifesa femminista
e lesbica partiamo dal presupposto che in questo momento storico non ci sono
differenze tra una discoteca a Rimini o a L’Aquila, una strada di Porto Salvo in
Calabria e il Raf di Parma. Perché in una società organizzata sul dominio del
sistema patriarcale sulle donne, nessuno spazio può essere considerato
alternativo anche se si dichiara “antisessista” , “antifascista”,
“antirazzista”.
Non servono le etichette, non bastano
i cartelli all’ingresso degli spazi, anzi, questi sono illusioni pericolose che
inducono le donne che li frequentano ad abbassare la guardia, credendo di stare
in un luogo sicuro tra “compagni”. Sappiamo bene che non è interesse di tutti
combattere il sessismo
perché vorrebbe dire rinunciare al privilegio e al vantaggio sociale di essere “uomini”.
perché vorrebbe dire rinunciare al privilegio e al vantaggio sociale di essere “uomini”.
Come dovremmo quindi chiamare queste
merde che la violenza l’hanno agita, filmata, condivisa, chi ha riso usando dei
nomignoli e ha minacciato e cacciato da alcuni spazi di movimento lei che è
sopravvissuta a tutto quest’orrore dandole dell’infame? Che nome hanno queste
azioni?
Per noi gli infami sono loro: gli
stupratori Francesco
Cavalca, Francesco Concari, e Valerio Pucci insieme ai/alle loro complici che
hanno denigrato e continuano a giudicare lei. Riconosciamo in questo stupro la
stessa brutalità e tortura di quello del militare Francesco Tuccia all’Aquila e
di tutti gli altri, in divisa e non, legittimati da questa società patriarcale a
violare il corpo delle donne. Identifichiamo, con modalità diverse, il loro
stesso privilegio di essere creduti, difesi e presenti nello spazio pubblico
come se nulla fosse successo!
Pare che non siano bastati i 6 anni
di silenzio, ora si condanna pure la mancanza di fermezza ideologica da parte di
lei, quando il movimento nei suoi confronti ha reagito nel peggior modo,
lasciando che fossero gli sbirri a scoprire lo stupro attraverso il video che si
divertivano a girare gli stupratori e i/le loro complici!
Perché si dubita sempre di quelle che
la violenza l’hanno subita? Come mai non si è fermi/e e compatti/e contro gli
stupratori? Gli uomini non subiscono la stessa violenza che subiamo noi donne e
questo episodio, come tutti gli altri, è la radiografia di un corpo sociale
organizzato sulla prevaricazione maschile come forma di potere.
La solidarietà alle donne
sopravvissute a uno stupro noi la diamo a priori, senza sé e senza ma.
Continuiamo a costruire reti di solidarietà tra donne che spezzino l’omertà che
si crea intorno ai maschilisti, continuiamo ad autodifenderci senza alcuna
delega, contro ogni ideologia, senza maschi, né sbirri, né “compagni”.
Auto-organizziamoci per cacciarli: invece di far girare i loro video di
merda, scambiamoci le foto e i nomi degli stupratori, molestatori e sessisti che
attraversano e respirano la nostra stessa aria negli spazi, facciamoli
vergognare di quello che sono e quello che fanno! Ribadiamo che sono loro che
devono essere isolati e non noi donne.
Noi pensiamo che i veri posti sicuri
siano solo quelli di donne, organizziamoci per crearne di nuovi, per rafforzarci
contro la violenza maschile e per continuare a costruire reti di solidarietà tra
donne. Unite siamo più forti. Organizziamoci per andare sotto il tribunale; e non perché siamo d’accordo con un processo,
piuttosto perché siamo consapevoli che le donne vengono attaccate anche dal
sistema giudiziario e non solo dagli amici degli stupratori, che le minacciano
fuori dai tribunali.
Invitiamo tutte a dare solidarietà
alla ragazza alla prossima udienza che si terrà il 19 dicembre mattina al
Tribunale di Parma.
Trasformiamo la paura in
rabbia, la rabbia in forza, la forza in lotta!
Amazora, autodifesa
femminista e lesbica a Bologna
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