giovedì 15 dicembre 2016

pc 15 dicembre - La situazione all'Ilva e a Taranto - nel commento di Tarantocontro

A Taranto operai e cittadini sono in questi giorni in lotta in diverse forme, a fronte della situazione determinatasi all'Ilva e nella città.
L'insieme del sistema dei padroni, confindustria, grande stampa e il governo si stanno muovendo per chiudere a loro favore la partita apertasi in fabbrica, in città e nelle aule del Tribunale, volta ad imporre le leggi del capitale e la loro natura nociva che produce sfruttamento e morti sul lavoro in fabbrica, inquinamento, devastazione ambientale, morti e malati all'esterno.
Il modo di produzione capitalista nella sua espressione alta della grande industria, l'Ilva è una multinazionale dell'acciaio, fronteggia la crisi economica, la sovrapproduzione e la guerra sui mercati riducendo i costi interni e riversandoli sulla condizione operaia e sull'intera città, considerata espansione della grande fabbrica e sotto il dominio, il controllo delle stesse leggi.

Questo ha prodotto la vicenda sociale, umana, economica e politica dell'Ilva e di Taranto.
In particolare dal 2012 questa vicenda è divenuta esplosiva per l'effetto dirompente di un'inchiesta giudiziaria che ha messo a nudo il crimine rappresentato dal modo di produzione capitalista
capitalistica che ha come scopo unicamente il profitto.
Padron Riva, una sorta di personificazione vivente delle leggi del capitale, ha via via trasformato la fabbrica in una fabbrica di morti all'interno, circa 50 in pochi anni, e ha invaso i quartieri popolari circostanti e l'intera città di polveri sottili, diossina, benzoapirene, ecc. che hanno contaminato aria, terreni e acque per un raggio di chilometri molto grande, data la dimensione della fabbrica, due volte la città di Taranto, il più grande impianto siderurgico d'Europa e uno dei più grandi nel mondo.

L'inchiesta giudiziaria ha acceso i riflettori su questa fabbrica a livello nazionale e internazionale e ha chiamato in campo tutte le anime sociali, politiche, culturali, esistenti in fabbrica e in città.
La classe operaia si è trovata tra due fuochi: il dominio padronale e il ricatto occupazionale che in una città del Sud è un fattore condizionante in senso assoluto e relativo; e l'ambientalismo ideologico e superficiale che alimenta la contrapposizione tra la fabbrica considerata come un unico blocco di padroni e operai e una città che sarebbe danneggiata non dal capitale ma dall'esistenza stessa dell'industria.

L'ambientalismo, nelle sue diverse espressioni a Taranto e a livello nazionale, ha portato avanti a difesa delle sue tesi un'analisi non materialistico storico dialettica del rapporto uomo/ambiente. Mettendo l'accento sull'ambiente, non solo non colloca questo rapporto nel sistema capitalista, precludendosi una analisi reale, per cui vede gli effetti ma non la causa, vede l'albero ma non la foresta, vede la fabbrica che distrugge l'ambiente ma non il sistema del capitale che impone per il suo profitto quella organizzazione, produzione del lavoro, quell'uso delle macchine, ecc.; ma più in generale esprime una visione statica, immobile di questo rapporto, perchè ne nega la dinamicità e la dialettica, e il fattore soggettivo: la classe operaia.

Questo scontro, in questa città, da sempre industriale, ma anche base militare Nato/Usa-Italia nel Mediterraneo e oggi luogo di arrivo, detenzione dei migranti, ha avuto alterne vicende descritte minuziosamente nel libro “Ilva, la tempesta perfetta” che ogni studente, o docente, intellettuale interessato può leggere per approfondire le dinamiche.

In questo sfondo che attraversa gli ultimi anni, il governo, lo Stato sono intervenuti per socializzare le perdite e difendere i profitti privati, ai danni di operai e popolazione. Da un lato ha sostituito temporaneamente i padroni inquisiti con dei commissari governativi che hanno gestito la fabbrica con la stessa logica dei padroni inquisiti. In nome della salvezza della produzione e del lavoro, non si è fatto nessun intervento di bonifica dell'Ilva per ridurne i danni, né si è intervenuto in maniera seria sul fronte delle bonifiche della città e dell'emergenza sanitaria che ha continuato a colpire anche molti bambini.

La “salvezza della fabbrica” è fatta allo scopo di riconsegnarla ai nuovi padroni, le grandi multinazionali dell'acciaio che come avvoltoi si aggirano sull'Ilva di Taranto per appropriarsi della fabbrica e soprattutto della sua porzione del mercato mondiale dell'acciaio, attraversato dalla crisi e dalla contesa internazionale.

A questo, gli operai in fabbrica stanno opponendo una resistenza tuttora minoritaria, ma costante e quotidiana in diverse forme. Alle elezioni interne delle Rsu. i sindacati della conciliazione col padrone e della collaborazione col governo mantengono la maggioranza del voto operaio, ma una sempre più consistente minoranza dei lavoratori ha votato contro questi sindacati o non ha partecipato al voto, e quotidianamente sviluppa, ora in forma individuale ora in forma collettiva, una opposizione alla guerra di bassa intensità condotta dai commissari Ilva del governo e dai capi.
Non sono gli scioperi tradizionali la forma di lotta principale ma la microconflittualità e lo sforzo di costruire una forza di resistenza dal basso.
In questi giorni questa resistenza cerca la strada per fronteggiare la nuova fase della svendita dell'Ilva ai nuovi padroni che comporterà ristrutturazioni, licenziamenti, novazioni delle assunzioni che taglieranno ulteriormente salari e diritti acquisiti.

Ma questo fronte interno non è ancora il fronte principale della lotta, perchè quello che si sviluppa è principalmente il fronte esterno alla fabbrica, dove gruppi di operai e cittadini, in prima fila le donne dei quartieri inquinati, i lavoratori del cimitero, pezzi del movimento studentesco, si oppongono alla soluzione padronal renziana della crisi dell'Ilva e hanno fortemente contestato Renzi quando è venuto a Taranto, e i suoi ministri che appesantiscono le condizioni sanitarie della città.

Vi sono state manifestazioni anche recentemente, a novembre e a dicembre, a cui, oltre i cittadini, hanno partecipato gruppi di operai. Di particolare importanza sono quegli operai che denunciano nelle manifestazioni quello che realmente succede in fabbrica sul fronte della sicurezza, della salute e dello sfruttamento, che denunciano il comando di fabbrica e i sindacati che incatenano i lavoratori al ricatto dello stipendio, della presunta difesa del posto di lavoro, mentre cercano di scavare un solco tra operai e città.

Un fronte, però, paradigma di tutta la vicenda è quello del Tribunale, in cui la guerra sociale in atto nella città si svolge con altri mezzi.
Nel processo, in cui sono inquisiti padroni, amministratori locali, dirigenti d'azienda, organi di controllo, Chiesa, forze dell'ordine, in un'alleanza sistemica e infame che ha provocato la strage da profitto e continua a provocarla, è arrivata la lunga mano dell'interesse generale del capitale e dei padroni associati, oltre che degli imputati, la lunga mano del governo che conduce l'obiettivo di svuotarlo di contenuto e pilotarlo verso patteggiamenti, allungamenti e prescrizioni, negando giustizia e risarcimenti.
E proprio in questi giorni, in queste ore operai, lavoratori, cittadini hanno sviluppato una protesta in Tribunale contro tutto questo, che mostra che la soluzione capitalistica e statale alla crisi dell'Ilva e l'uso della giustizia come strumento di parte non passerà facilmente; ma che nello stesso tempo dimostra che non nei tribunali la vicenda potrà risolversi ma solo con un rivolgimento sociale e politico che affermi il primato della vita è della collettività operaia e popolare sul primato del profitto capitalista.

Questa contesa in corso deve entrare nelle aule universitarie dalla porta principale, essere parte di una didattica formativa a tutti i livelli che realizzi nello stesso tempo la funzione di un'università critica e il legame indispensabile tra sapere e produzione, tra sapere ed economia.

I REDATTORI DEL LIBRO “ILVA LA TEMPESTA PERFETTA” - 10.12.16

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