A Taranto operai e
cittadini sono in questi giorni in lotta in diverse forme, a fronte
della situazione determinatasi all'Ilva e nella città.
L'insieme del sistema dei
padroni, confindustria, grande stampa e il governo si stanno muovendo
per chiudere a loro favore la partita apertasi in fabbrica, in città
e nelle aule del Tribunale, volta ad imporre le leggi del capitale e
la loro natura nociva che produce sfruttamento e morti sul lavoro in
fabbrica, inquinamento, devastazione ambientale, morti e malati
all'esterno.
Il modo di produzione
capitalista nella sua espressione alta della grande industria, l'Ilva
è una multinazionale dell'acciaio, fronteggia la crisi economica, la
sovrapproduzione e la guerra sui mercati riducendo i costi interni e
riversandoli sulla condizione operaia e sull'intera città,
considerata espansione della grande fabbrica e sotto il dominio, il
controllo delle stesse leggi.
Questo ha prodotto la
vicenda sociale, umana, economica e politica dell'Ilva e di Taranto.
In particolare dal 2012
questa vicenda è divenuta esplosiva per l'effetto dirompente di
un'inchiesta giudiziaria che ha messo a nudo il crimine rappresentato
dal modo di produzione capitalista
capitalistica che ha come scopo unicamente il profitto.
capitalistica che ha come scopo unicamente il profitto.
Padron Riva, una sorta di
personificazione vivente delle leggi del capitale, ha via via
trasformato la fabbrica in una fabbrica di morti all'interno, circa
50 in pochi anni, e ha invaso i quartieri popolari circostanti e
l'intera città di polveri sottili, diossina, benzoapirene, ecc. che
hanno contaminato aria, terreni e acque per un raggio di chilometri
molto grande, data la dimensione della fabbrica, due volte la città
di Taranto, il più grande impianto siderurgico d'Europa e uno dei
più grandi nel mondo.
L'inchiesta giudiziaria ha
acceso i riflettori su questa fabbrica a livello nazionale e
internazionale e ha chiamato in campo tutte le anime sociali,
politiche, culturali, esistenti in fabbrica e in città.
La classe operaia si è
trovata tra due fuochi: il dominio padronale e il ricatto
occupazionale che in una città del Sud è un fattore condizionante
in senso assoluto e relativo; e l'ambientalismo ideologico e
superficiale che alimenta la contrapposizione tra la fabbrica
considerata come un unico blocco di padroni e operai e una città che
sarebbe danneggiata non dal capitale ma dall'esistenza stessa
dell'industria.
L'ambientalismo,
nelle sue diverse espressioni a Taranto e a livello nazionale, ha
portato avanti a difesa delle sue tesi un'analisi non materialistico
storico dialettica del rapporto uomo/ambiente. Mettendo l'accento
sull'ambiente, non solo non colloca questo rapporto nel sistema
capitalista, precludendosi una analisi reale, per cui vede gli
effetti ma non la causa, vede l'albero ma non la foresta, vede la
fabbrica che distrugge l'ambiente ma non il sistema del capitale che
impone per il suo profitto quella organizzazione, produzione del
lavoro, quell'uso delle macchine, ecc.; ma più in generale esprime
una visione statica, immobile di questo rapporto, perchè ne nega la
dinamicità e la dialettica, e il fattore soggettivo: la classe
operaia.
Questo scontro, in questa
città, da sempre industriale, ma anche base militare Nato/Usa-Italia
nel Mediterraneo e oggi luogo di arrivo, detenzione dei migranti, ha
avuto alterne vicende descritte minuziosamente nel libro “Ilva, la
tempesta perfetta” che ogni studente, o docente, intellettuale
interessato può leggere per approfondire le dinamiche.
In questo sfondo che
attraversa gli ultimi anni, il governo, lo Stato sono intervenuti per
socializzare le perdite e difendere i profitti privati, ai danni di
operai e popolazione. Da un lato ha sostituito temporaneamente i
padroni inquisiti con dei commissari governativi che hanno gestito la
fabbrica con la stessa logica dei padroni inquisiti. In nome della
salvezza della produzione e del lavoro, non si è fatto nessun
intervento di bonifica dell'Ilva per ridurne i danni, né si è
intervenuto in maniera seria sul fronte delle bonifiche della città
e dell'emergenza sanitaria che ha continuato a colpire anche molti
bambini.
La “salvezza della
fabbrica” è fatta allo scopo di riconsegnarla ai nuovi padroni, le
grandi multinazionali dell'acciaio che come avvoltoi si aggirano
sull'Ilva di Taranto per appropriarsi della fabbrica e soprattutto
della sua porzione del mercato mondiale dell'acciaio, attraversato
dalla crisi e dalla contesa internazionale.
A questo, gli operai in
fabbrica stanno opponendo una resistenza tuttora minoritaria, ma
costante e quotidiana in diverse forme. Alle elezioni interne delle
Rsu. i sindacati della conciliazione col padrone e della
collaborazione col governo mantengono la maggioranza del voto
operaio, ma una sempre più consistente minoranza dei lavoratori ha
votato contro questi sindacati o non ha partecipato al voto, e
quotidianamente sviluppa, ora in forma individuale ora in forma
collettiva, una opposizione alla guerra di bassa intensità condotta
dai commissari Ilva del governo e dai capi.
Non sono gli scioperi
tradizionali la forma di lotta principale ma la microconflittualità
e lo sforzo di costruire una forza di resistenza dal basso.
In questi giorni questa
resistenza cerca la strada per fronteggiare la nuova fase della
svendita dell'Ilva ai nuovi padroni che comporterà ristrutturazioni,
licenziamenti, novazioni delle assunzioni che taglieranno
ulteriormente salari e diritti acquisiti.
Ma questo fronte interno
non è ancora il fronte principale della lotta, perchè quello che si
sviluppa è principalmente il fronte esterno alla fabbrica, dove
gruppi di operai e cittadini, in prima fila le donne dei quartieri
inquinati, i lavoratori del cimitero, pezzi del movimento
studentesco, si oppongono alla soluzione padronal renziana della
crisi dell'Ilva e hanno fortemente contestato Renzi quando è venuto
a Taranto, e i suoi ministri che appesantiscono le condizioni
sanitarie della città.
Vi sono state
manifestazioni anche recentemente, a novembre e a dicembre, a cui,
oltre i cittadini, hanno partecipato gruppi di operai. Di particolare
importanza sono quegli operai che denunciano nelle manifestazioni
quello che realmente succede in fabbrica sul fronte della sicurezza,
della salute e dello sfruttamento, che denunciano il comando di
fabbrica e i sindacati che incatenano i lavoratori al ricatto dello
stipendio, della presunta difesa del posto di lavoro, mentre cercano
di scavare un solco tra operai e città.
Un fronte, però,
paradigma di tutta la vicenda è quello del Tribunale, in cui la
guerra sociale in atto nella città si svolge con altri mezzi.
Nel processo, in cui sono
inquisiti padroni, amministratori locali, dirigenti d'azienda, organi
di controllo, Chiesa, forze dell'ordine, in un'alleanza sistemica e
infame che ha provocato la strage da profitto e continua a
provocarla, è arrivata la lunga mano dell'interesse generale del
capitale e dei padroni associati, oltre che degli imputati, la lunga
mano del governo che conduce l'obiettivo di svuotarlo di contenuto e
pilotarlo verso patteggiamenti, allungamenti e prescrizioni, negando
giustizia e risarcimenti.
E proprio in questi
giorni, in queste ore operai, lavoratori, cittadini hanno sviluppato
una protesta in Tribunale contro tutto questo, che mostra che la
soluzione capitalistica e statale alla crisi dell'Ilva e l'uso della
giustizia come strumento di parte non passerà facilmente; ma che
nello stesso tempo dimostra che non nei tribunali la vicenda potrà
risolversi ma solo con un rivolgimento sociale e politico che affermi
il primato della vita è della collettività operaia e popolare sul
primato del profitto capitalista.
Questa contesa in corso
deve entrare nelle aule universitarie dalla porta principale, essere
parte di una didattica formativa a tutti i livelli che realizzi nello
stesso tempo la funzione di un'università critica e il legame
indispensabile tra sapere e produzione, tra sapere ed economia.
I REDATTORI DEL LIBRO
“ILVA LA TEMPESTA PERFETTA” - 10.12.16
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