sabato 27 febbraio 2016

pc 27 febbraio - Il sistema del capitale si incarta sempre più nella sua crisi

Pubblichiamo questo articolo che dimostra in maniera chiara, nonostante le intenzioni dell'autore, come in realtà non ci sono soluzione alla crisi del capitalismo. Si consiglia di immettere tanto denaro per far ripartire l'economia mondiale, facendo tornare, quindi, centrale proprio quel sistema bancario che è stato il fattore scatenante dell'attuale crisi, per entrare inevitabilmente in una nuova e più devastante crisi. La borghesia imperialista cerca di prendere una "boccata di ossigeno", ma in questa corsa schizofrenica, lascia sul suo percorso morti e feriti, peggiorando ulteriormente le condizioni di vita e di lavoro dei proletari, di tutte le masse popolari, dei giovani.

Ma il sistema del capitale non si distrugge da solo. Spetta ancora ai proletari, alle masse popolari, ai "becchini" operai che lo stesso capitale si è creato, rovesciare con la rivoluzione proletaria questa "moderna barbarie", costruendo il loro strumento: il Partito comunista maoista.

proletari comunisti - PCm

24 febbraio 2016

Contro la frenata dell’economia servono elicotteri carichi di denaro

di Martin Wolf con un articolo di Fabrizio Galimberti

L'economia mondiale sta rallentando, sia sul piano strutturale che su quello congiunturale. Come possono reagire le autorità? Con improvvisazioni disperate, su questo non c'è dubbio: i tassi di interesse negativi hanno già traslocato dal regno dell'impensabile a quello della realtà. Il prossimo passo sarà probabilmente l'espansione della spesa pubblica: è quanto raccomanda l'Ocse, per lungo tempo fiero sostenitore del rigore di bilancio, nel suo Interim Economic Outlook. Ma difficilmente la storia finirà qui. L'espansione della spesa pubblica potrebbe essere accompagnata da un sostegno monetario diretto, inclusa la politica più radicale di tutte: gli elicotteri che rovesciano denaro sulle città, per usare l'immagine del compianto Milton Friedman.
Più vicino ai giorni nostri, questa è la politica preventivata da Ray Dalio, fondatore dell'hedge fund Bridgewater. Non solo l'economia mondiale sta rallentando, dice Dalio, ma la «politica monetaria 1» – tassi di interesse più bassi – e la «politica monetaria 2» – l'allentamento quantitativo – hanno in gran parte esaurito la loro efficacia. Il mondo ha bisogno di una «politica monetaria 3», che punti direttamente
a incoraggiare la spesa. È la stessa raccomandazione di Adair Turner (ex presidente della Financial Services Authority, l'organismo di vigilanza – oggi abolito – sui mercati finanziari britannici) nel suo libro Between Debt and the Devil.
Perché il mondo dovrebbe ridursi a simili espedienti? In sintesi, perché il rallentamento dell'economia globale è destinato a durare a lungo. L'Ocse ora prevede una crescita della produzione globale nel 2016 «non maggiore di quella del 2015, che già era il livello più basso degli ultimi cinque anni». Alla base di questo rallentamento c'è un semplice dato di fatto: l'eccedenza di risparmi a livello globale (cioè la tendenza delle intenzioni di risparmio a crescere più in fretta delle intenzioni di investimento) è in aumento e la «sindrome da deficienza cronica della domanda» si sta aggravando.
Questa fase della debolezza della domanda va vista nel suo contesto storico. Il tasso di interesse reale a lungo termine sui titoli sicuri è in calo da almeno due decenni. È dall'inizio della crisi finanziaria del 2007-2009 che si aggira intorno allo zero. Prima di allora, la debolezza della domanda era compensata in Occidente da un insostenibile boom del credito. Dopo di allora, i disavanzi di bilancio, i tassi di interesse a zero e l'espansione dei bilanci delle Banche centrali hanno stabilizzato la domanda in Occidente, mentre in Cina un'espansione del credito ha finanziato investimenti su larga scala. Le politiche monetarie accomodanti in Occidente e le politiche creditizie accomodanti in Cina hanno anche alimentato il boom delle materie prime seguito alla crisi, anche se il fattore più importante in questo caso è stata la crescita eccezionale della Cina.
La fine di questi boom del credito è una delle cause principali della debolezza della domanda. Ma la domanda è debole anche se rapportata al rallentamento della crescita dell'offerta. A livello mondiale, la crescita dell'offerta di manodopera e della produttività della manodopera è calata sensibilmente dalla metà del decennio scorso. Una crescita più bassa della produzione potenziale indebolisce la domanda, perché fa scendere gli investimenti, che in un'economia capitalista rappresentano sempre un motore di spesa fondamentale.
È questo contesto – rallentamento della crescita dell'offerta, aumento della sproporzione fra intenzioni di risparmio e intenzioni di investimento, fine di boom del credito insostenibili e, non da ultimo, una situazione pregressa di debiti enormi e sistemi finanziari indeboliti – che spiega le attuali circostanze. Spiega anche perché economie che non riescono a generare un adeguato livello di domanda internamente sono obbligate a puntare, tramite l'indebolimento del tasso di cambio, su una crescita trainata dalle esportazioni, a scapito degli altri paesi. Il Giappone e l'Eurozona fanno parte di questo club, e anche le economie emergenti che vedono crollare il tasso di cambio. La Cina resiste, ma per quanto ancora? Un renminbi più debole sembra quasi inevitabile, indipendentemente da ciò che dicono le autorità.
Non esistono soluzioni semplici per gli squilibri economici globali attuali, solo palliativi. La tendenza del momento nella politica monetaria sono i tassi di interesse negativi. Dalio sostiene che «è vero che i tassi di interesse negativi renderanno un po' meno attraente (ma non di molto) il denaro liquido, ma non per questo spingeranno […] i risparmiatori a comprare quel genere di attività in grado di finanziare la spesa». Sono d'accordo. Non riesco a immaginare che questa cosa possa bastare a spingere le imprese a investire. Lo stesso si può dire per l'allentamento quantitativo convenzionale. L'effetto più importante di queste politiche probabilmente passerà attraverso i tassi di cambio. Altri Paesi perseguiranno una crescita trainata dalle esportazioni di fronte al sovraindebitamento dei consumatori americani. È un meccanismo destinato a saltare per aria.
Un'alternativa è la politica di bilancio. L'Ocse sostiene, con argomenti convincenti, che un'espansione coordinata degli investimenti pubblici, abbinata a riforme strutturali appropriate, potrebbe potenziare la produzione e perfino ridurre il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo. È uno scenario particolarmente plausibile nella situazione attuale, perché i Paesi più importanti possono prendere denaro in prestito a tassi di interesse reali a lungo termine nulli o addirittura negativi. L'ossessione per l'austerity perfino in una situazione di tassi così bassi è una follia.
Se i Governi non sono disposti ad adottare questi comportamenti logici – e purtroppo tutto lascia pensare che non lo siano – restano in campo solo le Banche centrali. Si potrebbe assegnare loro il potere di spedire denaro, idealmente in forma elettronica, a tutti i cittadini adulti. Basterebbe a far crescere la domanda? Assolutamente sì. Con l'assetto monetario esistente, genererebbe anche un aumento permanente delle riserve delle banche commerciali presso la Banca centrale. Il modo semplice per contenere qualsiasi effetto monetario sul lungo termine sarebbe incrementare i coefficienti di riserva obbligatoria, che potrebbero diventare un elemento auspicabile dei nostri instabili sistemi bancari.
Il punto principale è questo: le forze economiche che hanno spinto l'economia mondiale a una situazione di tassi di interesse reali nulli e, sempre più spesso, tassi ufficiali negativi, oggi si stanno rafforzando. È quello che evidenzia l'economia mondiale, è quello che indica la politica monetaria ed è quello, sempre di più, che dimostrano i prezzi delle attività.
I policymakers devono prepararsi a una nuova normalità fatta di politiche più sgradevoli, meno convenzionali o tutte e due le cose. Il mondo è in grado di uscire da questa situazione di debolezza cronica della domanda? Assolutamente sì. Ne uscirà? Solo se ci sarà il coraggio necessario. Quando le opzioni vagamente possibili sono esaurite, la risposta va cercata in quello che resta, per quanto improbabile.
Copyright The Financial Times Limited 2016
(Traduzione di Fabio Galimberti)

24 febbraio 2016

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