I
padroni vogliono l'acciaio dell'Ilva di Taranto ma non vogliono
metterci i soldi.
Sono preoccupati, vedi Marcegaglia, per il fatto che dovrebbero comprare a prezzi più alti dall'estero, ma i loro soldi se li vogliono tenere stretti; vogliono la fabbrica quasi gratis come fu nel '95 per Riva. Vogliono acquistare una quota dell'Ilva mentre chiudono le loro fabbriche e licenziano i loro operai (come sempre Marcegaglia a Milano vuole fare). Figurarsi se questi padroni vorranno metterci i miliardi necessari per il risanamento dell'Ilva.
Sono preoccupati, vedi Marcegaglia, per il fatto che dovrebbero comprare a prezzi più alti dall'estero, ma i loro soldi se li vogliono tenere stretti; vogliono la fabbrica quasi gratis come fu nel '95 per Riva. Vogliono acquistare una quota dell'Ilva mentre chiudono le loro fabbriche e licenziano i loro operai (come sempre Marcegaglia a Milano vuole fare). Figurarsi se questi padroni vorranno metterci i miliardi necessari per il risanamento dell'Ilva.
(Dal
Corriere del Mezzogiorno) - "A tre settimane di distanza, la
«chiamata alle armi » del gruppo Marcegaglia per salvare l’acciaio
italiano dell’Ilva non ha ricevuto risposte....Insomma, ulteriori
«chiamate alle armi» a cui, però, non corrispondono risposte e
capitali...
Per
proseguire nel tentativo di rilancio e di risanamento ambientale
dell’Ilva di Taranto occorrono all’incirca 4,5 miliardi... Chi
metterà i soldi, visto che agli azionisti — la famiglia Riva — è
stata tolta la gestione? Allo stato attuale l’ipotesi più
probabile è che i 4,5 miliardi necessari possano essere così
reperiti: un terzo attraverso un aumento di capitale; un terzo dalle
banche creditrici; l’ulteriore terzo generato dalla stessa Ilva.
Il
punto chiave è il primo: le banche creditrici (da Intesa
Sanpaolo a UniCredit fino a Banco Popolare), per finanziare
l’operazione chiedono chiarezza su chi parteciperà all’aumento
di capitale.,,,
Marcegaglia
compra da Ilva quasi 1,5 milioni di tonnellate di coils all’anno su
un fabbisogno di 4,5 milioni e l’anno scorso, a causa delle
difficoltà dello stabilimento tarantino, ha dovuto rinunciare a
circa 500 mila tonnellate, acquistate poi da altri partner esteri.
Temendo che la situazione possa ripetersi anche nel 2014, a inizio
aprile il presidente e ad Antonio Marcegaglia—di concerto con la
sorella e vicepresidente Emma, oggi anche numero uno dell’Eni —
lanciò dalle colonne del Sole 24 Ore la «chiamata alle armi» per
salvare l’acciaio italiano dell’Ilva..."
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