"Tumori per le sigarette", bufera su Bondi
In un documento inviato alla Regione contesta il collegamento tra inquinamento del siderurgico e malattie.
"E' noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato piu alta rispetto ad altre aree del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni '70". Hanno subito creato una bufera polemica le affermazioni contenute in una lettera che il commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, ha inviato al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nonché all'Arpa Puglia, all'Ares Puglia e all'Asl di Taranto, con la quale contesta sia il collegamento fra inquinamento del siderurgico e casi di tumore a Taranto - relazione evidenziata nelle relazioni consegnate dai periti alla magistratura - sia l'introduzione della Valutazione del danno sanitario nell'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale dell'Ilva.
Il Ministro dell'Ambiente Andrea Orlando avrebbe già convocato il commissario dell'Ilva Bondi per un chiarimento immediato. Il ministro ha anche provveduto a scegliere i tre esperti che contribuiranno a redigere il piano di risanamento e riqualificazione dello stabilimento Ilva di Taranto. Si tratta di Marco Lupo, commissario all'emergenza rifiuti della regione siciliana e già dirigente del ministero dell'Ambiente; Giuseppe Genon, docente di ingegneria dell'ambiente al Politecnico di Torino; e Lucia Bisceglia, medico epidemiologo, dirigente dell'Arpa Puglia.
Gli "argomenti di Bondi sono inaccettabili",
"Siamo abituati - lamenta l'assessore regionale all'Ambiente, Lorenzo Nicastro - a un atteggiamento aziendale che non accetta controllo e che è insofferente a qualunque meccanismo di garanzia rispetto a tutela dell'ambiente e della salute dei tarantini. E' grave, tuttavia, che lo stesso atteggiamento del privato e della proprietà si riverberino oggi nelle parole e nelle azioni di un manager nominato dal governo che, nei fatti, ha una mandato pubblico volto a dirimere una questione di importanza nazionale, sulla cui urgenza non ci sono dubbi".
La strage silenziosa dell'Ilva
in tredici anni 386 i morti
E' del gennaio 2012 la relazione degli esperti nominati dal tribunale che ha stabilito una connessione tra i decessi, le malattie e le emissioni dell'acciaieria
TARANTO - Trent' anni fa la prima inchiesta partì grazie a una casalinga: esasperata dalla polvere rosa che ogni giorno era costretta a raccogliere sul suo balcone in una casa popolare del quartiere Tamburi, il quartiere degli operai, chiese alla Pretura chi e perché faceva arrivare in quelle case tutto quel minerale. Vent' anni dopo si è scoperto che dietro quella polvere non si nascondevano solo fastidio o sporcizia. Ma una strage.In 13 anni (dal 1998 al 2010) sono morte a Taranto 386 persone per colpa delle emissioni industriali. Negli ultimi sette anni 174 soltanto per colpa del Pm 10. I bambini si sono ammalati più di quanto avrebbero dovuto. Sono morti. Gli operai hanno avuto tumori allo stomaco o all'ulcera, i cittadini di serie B, quelli che abitavano i quartieri popolari a ridosso dello stabilimento siderurgico, condannati a vite brevi dalla geografia.
I dati sono contenuti nella relazione che tre epidemiologi di fama (i professori Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forastiere) hanno consegnato a gennaio 2012 al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, che ha sul suo tavolo gli atti di un'inchiesta a carico dei dirigenti dello stabilimento siderurgico Ilva. Poco prima era stata depositata una perizia chimica che raccontava come gran parte dell'inquinamento industriale di Taranto fosse riconducibile all'Ilva. Così i medici per la prima volta hanno stabilito una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dalle emissioni
I periti scrivono che "nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali (30 per anno). Negli ultimi sette anni 178 sono stati sono stati i morti soltanto per colpa del pm 10. Novantuno abitavano i quartieri Borgo e Tamburi, quelli più vicini allo stabilimento siderurgico Ilva insieme con il Paolo VI. Proprio in questa zona è stato riscontrato un più 27 per cento di mortalità rispetto alle stime effettuate sui dati messi a disposizione dell'Organizzazione mondiale della Sanità con un incremento nella popolazione maschile del 42 per cento per i tumori maligni e del 64, addirittura, per le malattie dell'apparato respiratorio.
Al Tamburi invece si ammalano particolarmente le donne (+ 46) di malattie ischemiche del cuore e +24 di malattie cardiache. I più colpiti sono stati i dipendenti dell'Ilva. Novantotto le morti da inquinamento in 10 anni. Gli operai che hanno lavorato negli anni ' 70-' 90 hanno mostrato, si legge nella relazione , "un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11%) in particolare per tumore dello stomaco (+107%), della pleura (+71%), della prostata (+50%) e della vescica (+69%). Tra le malattie non tumorali sono risultate in eccesso le malattie neurologiche (+64%) e quelle cardiache (+14%)".
Non soltanto gli operai. "I lavoratori con la qualifica di impiegato hanno presentato eccessi di mortalità per tumore della pleura (+153%) e dell'encefalo (+111%)". "Ci troviamo di fronte - scrivono i periti nelle conclusioni della loro relazione - a un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie e un effetto al limite della significatività statistica per i tumori in età pediatrica".
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