Lo
studio iniziato nel Circolo proletari comunisti di Taranto del Che
fare? di Lenin ha in questa fase, legata alla situazione oggettiva e
soggettiva della lotta di classe, lo scopo di mettere al centro i
compiti politici rivoluzionari degli operai, lavoratori, proletari e
proletarie d'avanguardia. Tra questi, oggi il principale è la
costruzione del partito comunista di tipo nuovo.
Per
portare avanti questo compito fondamentale, è decisiva la lotta
interna ed esterna contro tutte le teorie, le politiche, le ideologie
- che chiaramente guidano le pratiche - che invece vogliono deviare
dalla costruzione dell'organizzazione centrale che permette ai
proletari di essere autonomi, indipendenti dalla borghesia, dal
riformismo e da tutte le varianti delle teorie e prassi borghesi e
piccolo borghesi, e di portare avanti la lotta rivoluzionaria per il
potere proletario.
Soprattutto
all'esterno è prioritaria una dura e continua critica a tutte quelle
teorie, politiche e pratiche che vogliono sempre, al di là delle
parole che possono usare, mantenere la lotta nell'ambito di questo
sistema “migliorandolo”, spesso per entrarci dalla porta
principale o secondaria nel sistema di potere capitalista; che
vogliono mantenere i lavoratori, i giovani, le donne legati e
limitati alla sola denuncia, con qualche esplosione di ribellione una
tantum, alla sola lotta rivendicativa economica o sociale; che
vogliono fare della lotta per il potere, della battaglia
rivoluzionaria bene che vada degli slogan o temi di seminari e
convegni.
La
costruzione del partito comunista rivoluzionario è quindi una
“guerra” e frutto di una guerra per liberarsi e sgomberare il
campo da tutti gli ostacoli o freni, di una delimitazione da tutti
coloro che vogliono attirare nel “pantano”. “Senza distruzione
non c'è costruzione”.
In
questo, come si sta ancora una volta verificando nello studio del
circolo di proletari comunisti, il Che Fare? di Lenin è un'arma
fondamentale. Per affermare e praticare la teoria, l'ideologia e la
politica del proletariato bisogna fare piazza pulita di tutte le
altre tendenze, anche delle loro “sfumature”, impedire che si
affermino tra i settori avanzati delle masse.
In
questo senso, possiamo dire: Qual'è il compito fondamentale del
circolo di proletari comunisti nella strada per costruire il partito?
Lottare apertamente contro le altre posizioni e fare propaganda
rivoluzionaria.
E,
ancora, in questo senso, nello studio i compagni del circolo non
hanno il problema di riferirsi, riportare immediatamente alla
pratica, allo loro pratica, di tradurre meccanicamente ciò che
leggono in pratica del giorno dopo; ma hanno il compito di afferrare
la teoria, di restare sul piano principale oggi nel lavoro per la
costruzione del partito e l'applicazione ragionata e attuale dei
principi marxisti-leninisti-maoisti frutto della lunga storia del
proletariato, della battaglia teorica, perchè come dice Engels e
riprende Lenin nel libro: “senza teoria rivoluzionaria non vi può
essere movimento rivoluzionario”, ma solo - diciamo noi -
movimentismo cieco che lascia gli operai, i lavoratori, le
lavoratrici sempre e solo legati, come schiavi, alla loro buia
realtà.
Studiando
questo testo – per ora il 1° capitolo “Dogmatismo e “libertà
di critica” - i compagni e le compagne del circolo stanno vedendo
come sia molto moderno e attuale.
Sembra
che parli della situazione di oggi, sia nazionale, ma anche locale di
Taranto. Dai riformisti e opportunisti che vogliono limitare le masse
alla lotta difensiva, sindacale, rivendicativa, alla lotta
“possibile”, anche quando si chiamano “comunisti”, e che ai
proletari danno, a volte in maniera demagogica, la “minestra
riscaldata”, senza elevare mai la coscienza con teoria e propaganda
rivoluzionaria; agli esponenti di oggi della “libertà di critica”,
i vari “liberi e pensanti” di oggi (parolette molto alla moda)
che dicono che parlare di lotta di classe, di partito, di teoria del
proletariato, di rivoluzione, di “bandiere” è roba sorpassata e
negativa, perchè oggi si deve parlare di “movimenti”, in cui
tutti siano sullo stesso livello, dagli operai alla media borghesia,
dai disoccupati a imprenditori, commercianti, professionisti, ecc.
Questi signori rivolgono la loro “libertà di critica” per
criticare non le teorie borghesi, ma la storia, la teoria
marxista-leninista-maoista del proletariato, il partito e la via
rivoluzionaria; questi riciclano per “nuove idee” luoghi comuni,
interclassisti: il concetto e la parola “libertà” è stata
sempre ed è tuttora usata dai padroni, ma per parlare della “loro
libertà” di poter fare profitti come vogliono schiacciando la
minima libertà di vita delle masse popolari e dei lavoratori, pure
quella di “vendersi ed essere pagati come forza-lavoro”, o viene
usata dai partiti borghesi, vedi PdL. A dimostrazione di come sia
equivoca e fondamentalmente di destra parlare genericamente di
“libertà”, di “pensiero” senza dire quale e per chi.
Riportiamo
un pezzo di questo 1° capitolo del Che Fare? che sintetizza la
battaglia che abbiamo da fare e che ha molto emozionato i compagni:
“Piccolo
gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile
tenendoci con forza per mano. Siamo da ogni parte circondati da
nemici e dobbiamo quasi sempre marciare sotto il fuoco. Ci siamo
uniti, in virtú di una decisione liberamente presa, allo scopo di
combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano,
i cui abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver
costituito un gruppo a parte e preferito la via della lotta alla via
della conciliazione. Ed ecco che taluni dei nostri si mettono a
gridare: " Andiamo nel pantano! ". E, se si incomincia a
confonderli, ribattono: " Che gente arretrata siete! Non vi
vergognate di negarci la libertà d’invitarvi a seguire una via
migliore? ". Oh, sí, signori, voi siete liberi non soltanto di
invitarci, ma di andare voi stessi dove volete, anche nel pantano;
del resto pensiamo che il vostro posto è proprio nel pantano e siamo
pronti a darvi il nostro aiuto per trasportarvi i vostri penati. Ma
lasciate la nostra mano, non aggrappatevi a noi e non insozzate la
nostra grande parola della libertà, perché anche noi siamo "
liberi " di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo
contro il pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di
esso...”.
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