(Dal blog tarantocontro)
In questi giorni sulla questione Ilva/Procura/governo tutti fanno
esattamente la loro parte come in un teatro. Solo che in platea vi sono
gli operai che rischiano lavoro e salario, a parte la salute (e a volte
anche la vita) in cui il rischio sembra "ordinario".
L'azienda
in risposta alla mancata commercializzazione dei prodotti, ha la via
facile di aumentare giorno per giorno i numeri degli operai in
cassintegrazione, si è arrivati a 2600 (chi offre di più?), come se
fossero pezzi per ora inservibili da mettere da parte e non persone; ha
ripreso a minacciare il mancato pagamento degli stipendi, dal prossimo
del 12 di febbraio. Nello stesso tempo fa trovare agli operai in cig i
cancelli della LORO fabbrica sbarrati, o improvvisamente i tesserini
bloccati (come alla Semat), una forma odiosa per affermare la SUA
"proprietà", contro i veri produttori della fabbrica.
Riva e
Ferrante ricattano, fanno uscire "voci" su prossimi avvii di
licenziamenti (e chiaramente siamo sempre nell'ordine di migliaia), di
scorpori di reparti, di trasferimento in altri paesi esteri, ecc..
Alimentano attesa e forte preoccupazione. Non si sa mai esattamente
quanto ci sia di vero e quanto di uso politico per aumentare la
pressione verso il governo, le istituzioni perchè si muovano in fretta e
pesantemente contro la magistratura per imporre il diktat del decreto
salva-Riva. Le stesse alte grida sul fermo dei prodotti non sta
esattamente come la raccontano, visto - come dicono gli operai - che i
coils continuano a partire verso Genova.
Il governo e Clini
certo sono incazzati con la magistratura tarantina. Con la perdita
dell'Ilva (dopo il forte ridimensionamento della Fiat) e il suo pesante
impatto sull'economia nazionale e sui mercati esteri, l'Italia rischia
sulla scena internazionale di essere ridotta e considerata alla stregua
di un paese sottosviluppato, scendendo ancora più in basso nella scala
delle potenze imperialiste.
Questo Stato, governo mentre si mette
al servizio di padron Riva e dei padroni internazionali, verso gli
operai invece suona tutt'altra musica: la Digos, la Prefettura, le forze
dell'ordine sono allertate contro proteste e lotte che fuoriescano da
quelle pilotate dalla stessa azienda e dai sindacati suoi servi;
soprattutto le forze dell'ordine devono impedire il legame degli operai
con le forze "estremiste" - come è accaduto martedì alla portineria A
dell'Ilva quando la Digos con i vigilanti dell'azienda hanno
materialmente impedito ai rappresentanti esterni dello Slai cobas per il
sindacato di classe di entrare con gli operai in fabbrica.
La
recente nomina a garante di Vitaliano Esposito, 71 anni, napoletano è un
altro tassello della politica padronale di questo governo. La nomina di
Esposito, è stato frutto di una guerra interna contro Magistratura
Democratica, per imporre un uomo nelle grazie della destra, quindi
fidato, un amico di Nicola Mancino inquisito per il patto con la mafia.
I segretari confederali, e non poche volte anche i loro
delegati, di Uilm e Fim in questi giorni devono rincorrere gli operai in
cassintegrazione che autonomamente e organizzandosi tra loro stanno
lottando per il rientro in fabbrica; questi parlano agli operai come se
fossero l'azienda, ripetendo le stesse giustificazioni di Ferrante circa
la tenuta in cig; la Fiom, poi, la butta sui temi generali, evitando di
dare risposte. L'obiettivo comune è di tenere a freno la protesta - la
Fim arriva anche a minacciare nuovi blocchi, ma parla per conto di capi,
quadri, ecc. - e di buttare acqua sul fuoco. Anche loro hanno il
problema di spezzare il legame operai e slai cobas, operai del Comitato
liberi e pensanti, ecc. Certo, sono anch'essi preoccupati, ma
soprattutto la Uilm (sindacato maggioritario all'Ilva) non ha soluzioni
se non quelle dell'azienda; per questo cerca di indirizzare la protesta
degli operai contro la magistratura, o verso la Prefettura dove non può
dare fastidio a nessuno.
Ma in questo "teatro" fa la sua parte anche la Magistratura.
Anche la stessa Procura di Taranto, impegnata in questa guerra
giudiziaria contro governo e Riva, non parla più della "messa a norma",
delle prescrizioni stabilite dal riesame, degli impianti da mettere in
sicurezza, dei parchi minerali da coprire, ecc. ecc. Parla ora solo del
blocco dei prodotti. Con l'assurdo che mentre l'area a caldo, quella che
effettivamente inquina, non è di fatto sequestrata e lavora più o meno
come prima (quindi con tutti i problemi di salute per gli operai e la
popolazione di Taranto), restano sequestrati i prodotti da vendere, che
sicuramente sul piano dell'inquinamento non possono fare più danni.
I
ricorsi fatti dai giudici contro le istanze di dissequestro di Riva
sono legalmente ineccepibili, si parla di uguaglianza della legge verso
ogni azienda, che l'Ilva non deve essere trattata in maniera diversa da
altre Ditte, ecc. Si usano per questo gli articoli della Costituzione.
Tutto perfetto. Ma, a parte il fatto che questo bandiera della
"giustizia uguale per tutti" la vorremmo vedere agire in tanti altri
momenti - quale legge tutela gli operai perchè nel frattempo che questa
lunga "guerra" legale vada in porto sia loro salvaguardato i diritti
(anche questi costituzionali) al lavoro, al salario?
In questa
querelle Procura/governo gli operai, ma anche la stessa popolazione dei
quartieri inquinati sono semplicemente spariti. Non vediamo usare
Costituzione e leggi per imporre la messa a norma degli impianti, la
salvaguardia della salute, la requisizione degli utili per fare gli
interventi necessari (non sono anche gli utili "oggetto di reato" nel
momento in cui sono stati fatti violando le norme di sicurezza della
salute?).
Infine, gli unici che (per fortuna) non appaiono in questo "teatro" sono i partiti.
Sono tutti impegnati nella campagna elettorale e al massimo l'Ilva può
essere usata nella propaganda elettorale. Anche i Verdi e buona parte
degli ambientalisti sono spariti, in tutt'altre faccende affacendati.
Gli
operai sono e devono stare totalmente fuori da questo "teatro", non
farsi fregare dalle sirene di schierarsi con una o l'altra delle parti
in gioco. E' una guerra di classe e gli alleati della classe operaia non
stanno in questi "attori".
Gli operai dell'Ilva, delle Ditte
devono prima di tutto costruire nella lotta il loro esercito, devono
unirsi, facendo fallire una "guerra tra poveri" che gli stessi sindacati
confederali alimentano, amplificando artatamente condizioni che al
momento possono essere diverse tra i lavoratori, ma che l'immediato
futuro penserà subito di unire. Gli operai devono creare un problema di
"ordine pubblico" per pesare sulle soluzioni.
Gli operai che in
questi giorni si sono mossi in maniera autorganizzata (i lavoratori in
casintegrazione), devono rendere stabile e dare forza organizzata
(costruendo i Comitati di Base - Cobas, imponendo la presenza anche
negli incontri dello Slai cobas per il sindacato di classe, come de
l'Usb) a questo loro mobilitarsi in maniera indipendente dai sindacati
confederali, altrimenti, come diceva la "maledizione" di un vecchio
dirigente sindacale, Trentin, alla fine sempre i sindacati confederali
riprenderanno le redini.
Gli operai hanno poi bisogno di non
essere soli, mentre la "città" va per conto suo. Ma per questo devono
cadere inutili idee: "non tocchiamo, non diamo fastidio alla città, ai
cittadini..." (come se i "cittadini" non sono strettamente legati
all'Ilva, con quartieri in cui ogni famiglia ha un parente occupato
all'Ilva). Se operai e masse popolari si devono unire per difendere
lavoro e salute, gli operai dell'Ilva devono rendersi visibili (non solo
sui giornali), e la visibilità è di fatto legata a portare anche in
città la lotta.
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