Gli operai della Fincantieri che hanno manifestato al sit-in di protesta organizzato dai componenti unitari dei direttivi di Fiom Fim e Uilm di Palermo in occasione della riunione della VII Commissione Bilancio, hanno provato a dare ancora una scossa all’Assemblea Regionale Siciliana affinché sblocchi la spesa per la ristrutturazione dei bacini del cantiere navale di Palermo.
La situazione di pericolo per lo stabilimento di Palermo viene confermata infatti dall’articolo apparso su Affari&Finanza di Repubblica dell’11 ottobre in cui viene considerato “stabilimento in emergenza, dove malgrado sia stata appena varata la piattaforma petrolifera Scarabeo 8 dell’ENI (“un gioiello di tecnologia italiana” puntualizza Bono) e siano iniziati i lavori per una nave posatubi della Saipem, sono urgenti ristrutturazioni nel bacino di carenaggio e nell’area ‘riparazioni e manutenzioni’ che costituisce il core business della struttura. [E le costruzioni? Il giornalista dimentica che sono proprio queste il core business per gli operai!]. A differenza dei casi precedenti, [Campania, Genova…] dove non si capisce bene se i terreni siano demaniali o privati !!! e non si sa se a tirare fuori i soldi debbano essere stato, regioni, province o azienda, qui il committente è identificato: la Regione. E la giunta Lombardo sta adoperandosi per vedere se riuscirà a stornarli dai residui fondi regionali della Ue di cui ancora gode la Sicilia.”
Nell’intervista apparsa su Affari&Finanza, quindi, l’amministratore delegato Bono, impiegato statale che si atteggia a padrone, cui manca solo la lacrimuccia per completare il quadro del suo dispiacere, si rimangia di fatto quello che aveva detto in occasione dello sciopero del 1° ottobre, sebbene risponda alle domande del giornalista in maniera “rammaricata” per l’attuale situazione di crisi vissuta dall’azienda, ma cerca in sostanza di scaricare le colpe sugli operai, sulle maestranze in generale e sulle strutture obsolete, come se a dirigere tutta la baracca non fosse stato proprio lui negli ultimi anni. E su questa posizione è stato criticato nello specifico dalla Fiom di Genova che ne ha messo a nudo l’incompetenza!
Ebbene, coerenza vorrebbe che si dimettesse subito se sotto la sua direzione si è arrivati a questo punto e il signor Bono non è stato capace né di “prevedere l’andamento del mercato” come piace dire ai padroni, né di garantire in tempo una svolta negli investimenti e nelle ristrutturazioni necessarie.
Sarà stato il grande sciopero degli operai di tutto il gruppo del 1° ottobre scorso (cui non hanno più partecipato Cisl e Uil che hanno colto al volo l’occasione del loro amico Sacconi che aveva fissato un incontro all’ultimo minuto per l’11 ottobre, ma che poi è slittato al 28 ottobre prossimo per permettere al “nuovo” ministro allo Sviluppo economico, Romani di essere presente), sarà perché oramai tutti i dirigenti sono degli attori nati, ma in questa intervista non è lo stesso uomo arrogante, tutto sicuro di sé che fino a qualche tempo fa affermava che l’azienda andava così bene che poteva permettersi di essere quotata in borsa.
Allora l’opposizione ferma degli operai fece fallire questa operazione che avrebbe ridotto l’azienda ad uno spezzatino nelle mani dei grandi finanzieri internazionali senza alcuna garanzia per gli operai.
Da questa intervista però viene fuori che non ci sono vere novità per gli operai, c’è la crisi ecc. ecc., nonostante gli impegni presi rispetto al ritiro del piano industriale che prevedeva il licenziamento di migliaia di operai e la chiusura di alcuni siti produttivi.
Contro questi pericoli reali gli operai si preparano a partecipare alla manifestazione del 16 ottobre a Roma, ma si devono anche preparare per bene per il prossimo incontro con il ministro che si terrà il 28 ottobre prossimo.
La situazione di pericolo per lo stabilimento di Palermo viene confermata infatti dall’articolo apparso su Affari&Finanza di Repubblica dell’11 ottobre in cui viene considerato “stabilimento in emergenza, dove malgrado sia stata appena varata la piattaforma petrolifera Scarabeo 8 dell’ENI (“un gioiello di tecnologia italiana” puntualizza Bono) e siano iniziati i lavori per una nave posatubi della Saipem, sono urgenti ristrutturazioni nel bacino di carenaggio e nell’area ‘riparazioni e manutenzioni’ che costituisce il core business della struttura. [E le costruzioni? Il giornalista dimentica che sono proprio queste il core business per gli operai!]. A differenza dei casi precedenti, [Campania, Genova…] dove non si capisce bene se i terreni siano demaniali o privati !!! e non si sa se a tirare fuori i soldi debbano essere stato, regioni, province o azienda, qui il committente è identificato: la Regione. E la giunta Lombardo sta adoperandosi per vedere se riuscirà a stornarli dai residui fondi regionali della Ue di cui ancora gode la Sicilia.”
Nell’intervista apparsa su Affari&Finanza, quindi, l’amministratore delegato Bono, impiegato statale che si atteggia a padrone, cui manca solo la lacrimuccia per completare il quadro del suo dispiacere, si rimangia di fatto quello che aveva detto in occasione dello sciopero del 1° ottobre, sebbene risponda alle domande del giornalista in maniera “rammaricata” per l’attuale situazione di crisi vissuta dall’azienda, ma cerca in sostanza di scaricare le colpe sugli operai, sulle maestranze in generale e sulle strutture obsolete, come se a dirigere tutta la baracca non fosse stato proprio lui negli ultimi anni. E su questa posizione è stato criticato nello specifico dalla Fiom di Genova che ne ha messo a nudo l’incompetenza!
Ebbene, coerenza vorrebbe che si dimettesse subito se sotto la sua direzione si è arrivati a questo punto e il signor Bono non è stato capace né di “prevedere l’andamento del mercato” come piace dire ai padroni, né di garantire in tempo una svolta negli investimenti e nelle ristrutturazioni necessarie.
Sarà stato il grande sciopero degli operai di tutto il gruppo del 1° ottobre scorso (cui non hanno più partecipato Cisl e Uil che hanno colto al volo l’occasione del loro amico Sacconi che aveva fissato un incontro all’ultimo minuto per l’11 ottobre, ma che poi è slittato al 28 ottobre prossimo per permettere al “nuovo” ministro allo Sviluppo economico, Romani di essere presente), sarà perché oramai tutti i dirigenti sono degli attori nati, ma in questa intervista non è lo stesso uomo arrogante, tutto sicuro di sé che fino a qualche tempo fa affermava che l’azienda andava così bene che poteva permettersi di essere quotata in borsa.
Allora l’opposizione ferma degli operai fece fallire questa operazione che avrebbe ridotto l’azienda ad uno spezzatino nelle mani dei grandi finanzieri internazionali senza alcuna garanzia per gli operai.
Da questa intervista però viene fuori che non ci sono vere novità per gli operai, c’è la crisi ecc. ecc., nonostante gli impegni presi rispetto al ritiro del piano industriale che prevedeva il licenziamento di migliaia di operai e la chiusura di alcuni siti produttivi.
Contro questi pericoli reali gli operai si preparano a partecipare alla manifestazione del 16 ottobre a Roma, ma si devono anche preparare per bene per il prossimo incontro con il ministro che si terrà il 28 ottobre prossimo.
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