Non sono gli uomini che determinano la storia, ma in determinati tempi storici o vicende è come se la storia trovi i suoi uomini.
L'imperialismo in crisi, la crisi esigono da tutti i padroni e da tutti i governi uno stesso tipo di politica. Non esistono quindi governi buoni e governi cattivi, ma come nel vecchio fascismo apparvero uomini della provvidenza e camicie nere, anche ora vediamo apparire l'uomo col maglione nero.
Marchionne inaugura un nuovo modo di rapportarsi verso la situazione italiana e in particolare verso i lavoratori. Questo modo è però nuovo nelle forme e anche nel fatto che sia un manager ad utilizzarlo, ma è vecchio nella sostanza. Uno di questi aspetti di vecchiume sono la demagogia sfrenata e le bugie.
In questi giorni attraverso le sue lettere, i suoi discorsi, questa demagogia ha libero corso e invece che segnalata da chi dovrebbe, viene incensata.
Una bugia clamorosa e una demagogia sfrenata è quella che viene fatta sul consenso che godrebbe tra gli operai in America e ora, come nuovo messia, in Polonia o in Serbia. A parte che le uniche voci effettive, collettive venute da queste parti, dalle fabbriche di questi paesi, dicono ben altro e anche dalla Chrysler, le cose non stanno come ci vengono raccontate.
Marchionne poi nasconde il fatto che sono i governi, da Obama al governo attuale in Serbia, che rovesciano sulla Fiat una montagna di denaro diretto e indiretto, dando vita a forme spudorate di capitalismo assistito, di capitalismo statalizzato, dove lo Stato versa i soldi e i padroni percepiscono gli utili. Quindi, quello di Marchionne è un mestiere abbastanza lurido di procacciatore di affari, di profittatore nella crisi, di salvatore di patrie; quindi molto contrastante rispetto a come si rappresenta e ancor più contrastante col modo veramente osceno e servile con cui lo rappresentano i sindacalisti compiacenti, gli esponenti dei partiti politici e l'insieme di quella corte di intellettuali servili che hanno sempre tratto dal servilismo la miseria di ricchezza di ceto.
C'è una sorta di vigliaccheria, poi, ostentata in Marchionne per il modo con cui offende, insulta e generalizza le sue accuse contro gli operai definiti “assenteisti, scioperati”. Il modo stesso con cui ha parlato di Musacchio, l'operaio licenziato di Termoli, in permesso per poter assistere la figlia, recatosi dopo a difendere gli interessi dei suoi compagni di lavoro di Pomigliano, che poi è difendere gli interessi di classe degli operai in generale e quindi dei suoi compagni di lavoro di Termoli e anche di sua figlia; il modo con cui Marchionne invece ha bollato questo comportamento, mostra la disgustosa miseria umana di chi pensa che incrementare vendite e profitti delle sacre famiglie sia qualcosa di “umano” e non l'immagine stessa della disumanità del capitale.
In questo senso la lotta in corso sul piano Fiat è effettivamente, nel suo piccolo, una lotta tra barbarie e civiltà che si deve combattere e vincere.
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