Il presidente Obama ha rilasciato un intervista molto vistosa al Corriere della Sera nella quale ha definito qual'è dal punto di vista Usa l'effettivo ruolo dell'Italia, “così ben governata e rappresentata dai suoi grandi amici, Napolitano e Berlusconi”: un fedele alleato militare, truppe aggiunte nella guerra in Afghanistan, anzi un reparto del contingente Usa.
Noi non sappiamo se questa intervista l'ha chiesta il Corriere della Sera o la commissionata il Presidente Usa, ma fa lo stesso; perchè l'attitudine del giornalista intervistatore è dello stile delle interviste 'Porta a porta' a Berlusconi.
Colpisce infatti in questa intervista anche lo stile da “signori del mondo”, in sostanza signori della guerra, depositari del bene e delle sorti del mondo in cui i popoli, i paesi, i loro bisogni, le loro condizioni di vita e aspirazione non esistono.
Certo, però, che stride molto la loro magniloquenza rispetto alle condizioni materiali dei conflitti.
L'imperialismo americano, le sue truppe, i suoi generali, i suoi super armamenti sono in crisi e allo sbando. Obama solo pochi giorni fa ha dovuto sostituire il capo delle forze armate in Afghanistan, in preda a frustrazioni di una guerra persa, di un nuovo Vietnam sia pure solo da parte degli Usa.
Obama in questa intervista parla dell'Italia in maniera sprezzante e indegna: “Fellini, la Toscana...”, siamo poco oltre la “pizza e il mandolino” di presidenti un pò più cafoni di cui gli Usa sono stati pieni. Le uniche cose che gli interessano sono la Turchia e l'Afghanistan e la necessità che l'Italia contribuisca a rafforzare l'elemento filo Usa in Europa facendo rientrare la Turchia come puntello Usa, e gli interessa principalmente sull'immediato che le truppe italiane svolgano bene il mestiere di retrovie, di addestratori delle truppe filo imperialiste afghane.
Come dice il notista di politica estera di questo CdS, sempre più simile al CdS dei tempi del fascismo nel servilismo verso l'alleato che allora era il nazismo hitleriano ora è l'imperialismo americano: “un'intesa ritrovata grazie all'alleanza sul campo di battaglia... l'Italia ha modificato seppur parzialmente quei limiti che frenavano la mobilità dei nostri soldati e che adottati anche da altri europei infastidivano non poco Nato e America. L'Italia, quando Obama ha chiesto rinforzi nell'ambito della nuova strategia afghana, è stata la prima a rispondere offrendo 1000 uomini. Questo pesa a Washington più di qualsiasi altro aspetto del rapporto con Roma... L'Italia deve continuare a capire che la guerra in Afghanistan, anche se difficilmente sarà vinta, resterà fino all'ultimo un test di alleanza. Agire per conto proprio, per esempio con il disimpegno, equivarrebbe ad uscire da una cornice internazionale che è la nostra dal dopo guerra, che serve alla nostra sicurezza e che serve anche alla nostra economia. Come dire, alla vita di ognuno di noi”.
La borghesia imperialista italiana continua quindi a mantenersi nel perimetro chiuso del fedele e servile alleato americano. E si tratta di una scelta non certo solo militare ma anche politica e perfino ideologica (“la vita di ognuno di noi”). Ma nel contesto della situazione mondiale questo è legarsi all'imperialismo in crisi e condividerne le sorti.
Questo si comprende meglio se si pensa a quello che sta avvenendo in questo momento in Gran Bretagna. Le truppe inglesi hanno abbandonato in questi giorni la Valle di Helmand, sostituite dalle forze statunitensi, e si parla di fallimento strategico e di ritirata. Si scappa, in sostanza. Nel cuore di questa Regione, Sagin, è stato ucciso il 10% delle truppe Nato e una parte rilevante dei militari britannici. Sono i marines ora a doversene occupare nel quadro del più grande dispiegamento delle truppe Usa in Afghanistan e nel quadro della visione di Obama ancora più guerrafondaia di Bush, fondata sul concetto: massimizziamo le truppe, massimizziamo la pressione ora per poterci poi ritirare. E' in questo quadro che va vista la crescita del ruolo dell'Italia in Afghanistan.
Ma la discussione e la mobilitazione su questo è ai minimi termini ed è parte della mancanza di una visione d'insieme della politica di questo governo, dello Stato imperialista italiano.
In questa visione d'insieme l'opposizione parlamentare è pienamente interna e contende a Berlusconi lo scettro del filo americanismo.
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