A Palermo nella giornata di venerdì scorso abbiamo tenuto un'Assemblea di lavoratori, di precari, di organizzazioni sociali e politiche di Palermo, già in lotta e già impegnate. Un'assemblea in cui il messaggio forte è stato: non abbiamo nessun partito che ci rappresenti, e quindi serve il partito dei lavoratori. Non abbiamo nessuna organizzazione che ci rappresenti, e quindi serve il sindacato di classe. Abbiamo detto: mettiamo il punto, intraprendiamo un'altra strada.
Contro la guerra intesa come la guerra vera che si sta combattendo in Ucraina, la guerra che sta combattendo lo Stato sionista israeliano fino al genocidio nei confronti del popolo palestinese e che si apprestano a combattere anche in altri scenari del mondo di fronte all'intenzione dei governi di tutti i paesi imperialisti di marciare, tamburo battente, verso una guerra mondiale. Ma chiaramente la guerra, come all'esterno, si conduce all'interno. Una guerra interna volta a cancellare il dissenso, le manifestazioni con le volgari cariche, ad esempio, nei confronti delle lotte degli studenti che stanno rialzando la testa, prendendo la questione delle questioni che attraversa il mondo, il genocidio palestinese per risvegliare se stessi e una nuova generazione. La guerra interna, però, è quotidiana.
E’ la guerra di quel lavoratore di Palermo che, intervenendo, ha detto: “non ho i soldi per mangiare perché ci avete tolto anche il reddito di cittadinanza”. E' la guerra della catena di stragi sul lavoro, ecc.
Alla guerra si risponde con la guerra, non ci sono altre soluzioni, non è un problema di essere estremisti. È un problema che quando le cose arrivano al punto in cui il lavoratore va a lavorare e non sa se tornerà a casa - e questo non è un fatto solo di una situazione, è una situazione che si vive su tutti i posti di lavoro, dalle grandi fabbriche come l'Ilva, la Stellantis di Melfi, ai cantieri, alle cisterne assassine, ovunque si lavora c'è il rischio della vita, per la morte sul lavoro ma anche per le malattie professionali, per l'inquinamento, da sfruttamento, da stress -; quando è in discussione la vita dei lavoratori e di conseguenza delle loro famiglie e delle intere masse popolari, la vita si deve difende nei confronti dei "procacciatori di morte". Il sistema della morte, che non è fatto di cattivi, è fatto di un modo di produzione capitalista/imperialista fondato sullo sfruttamento e sul profitto. Più tu lavori e meno ti pago, più tu lavori in condizioni che non mi costi niente, neanche i costi della sicurezza, più io faccio profitti: questa è la legge-base del sistema capitalista. E quindi non ci dite che ci vogliono altre leggi. Non ci dite che bastino scioperi veri rispetto alla farsa degli scioperi confederali su questo tema. Non ce lo dite più e non ci auto inganniamo dicendolo, ma riprendiamo il messaggio detto nell'assemblea di Palermo. Un'assemblea tenuta, per puro caso, proprio quando e dove è avvenuta la strage...
In questa Assemblea il ragionamento è partito proprio da questo, che bisogna mettere un punto, fare un salto di qualità noi per primi. Non accontentiamoci della nostra tenace lotta sindacale, economica, non accontentiamoci delle nostre manifestazioni contro la guerra, contro la repressione. A Palermo c'è
un compagno, Luigi, che è in carcere, trasferito ad Alessandria perché accusato di essere un terrorista, peraltro senza alcuna prova, perché una bottiglia incendiaria è esplosa all'interno della fabbrica della guerra, la madre di tutte le fabbriche della guerra, la Leonardo.Un ragazzo senza alcuna prova può stare in carcere, trasferito e trattato come un terrorista, e invece il terrore quotidiano sui posti di lavoro da parte dei padroni, del governo, del sistema, non è terrorismo? Questa è la norma del modo di produzione capitalista nelle fasi della sua crisi estrema.
A questo messaggio dell'assemblea tutti lavoratori, le lavoratrici, i compagni presenti, con le loro parole grandi e piccole, si sono uniti in un impegno di dare ad essa continuità, ma non per continuare come prima, ma per fare un salto di qualità nella lotta, nella trasformazione della lotta in guerra di classe. Nella costruzione dell'unità non come sigle, bisogna essere uniti, ma uniti per far cosa? Che fare da subito? E per i nostri compagni a Palermo questo “subito” è venuto in maniera scioccante, fin troppo rapidamente, in questo maledetto lunedì della morte nella cisterna di Palermo.
In questa Assemblea tutti i lavoratori e le lavoratrici - soprattutto le lavoratrici - hanno detto “noi ci siamo!”. E lo hanno detto non lavoratrici abituate ad essere attiviste nelle lotte sociali ma lavoratrici comuni. E qui “comune” non sta come diminutivo, ma come rappresentativo di un sentire di massa, di una indignazione che si trasforma in voglia di fare qualcosa.
Una lavoratrice chiedeva: “come lo facciamo questo Partito della rivoluzione?”. Una lavoratrice che dice questo ha capito tutto. Tante lavoratrici e lavoratori hanno detto: come facciamo una giornata di lotta seria contro governo, Stato e padroni, ad esempio, quando verranno in Italia per il G7 in Puglia i governi responsabili di questo sistema, gestori di questo sistema che ci porta alla guerra, al fascismo, alla miseria? Perché il fascismo non è solo Mussolini che diceva “comando io” o come l'ignobile persona che dice: “scrivete Giorgia sulla lista perché sono una di voi”, esattamente come dicono tutti i demagoghi cialtroni, coloro che dicono al popolo “sono come voi” perché vi voglio schiacciare, voglio comandare solo io! Il fascismo è il fascismo di un sistema radicalizzato tale che fa la guerra ai lavoratori. Il fascismo cancellò i sindacati, cancellò i diritti dei lavoratori, cancellò i partiti dei lavoratori, impose la dittatura del padrone, come sola dittatura accettabile.
Questa dittatura dei padroni è quello che ora vogliono fare perché sanno che i crimini che devono commettere tutti i giorni, per i loro profitti, per il loro potere, potrebbero provocare una ribellione sociale generale e per questo ci vuole la dittatura. Ci vuole non solo la dittatura delle leggi da Stato di polizia ma ci vuole anche il controllo assoluto dei mass media perché di questa strage non si possa parlare più di tanto, come non si possa parlare di quello che succede tra i lavoratori, non si debba parlare delle lotte, eppure alcune lotte ci sono.
La chiamano “telemeloni” ma si dice “telepadrone”, come prima, peggio di prima. E gli stessi giornalisti della Rai lo gridano e per gridarlo vengono trattati come "pezza da piedi" dalla loro azienda per conto del loro governo. I magistrati, i giornalisti, tutti sotto schiaffo, sotto il tallone di ferro.
Ma l'obiettivo siete voi operai, lavoratori, donne, masse, disoccupati, precari, perché voi dovete essere schiacciati, schiavizzati, privati di tutto perché il sistema sia funzionale in un solo senso, ma funzionale in questo senso significa morire in guerra come morire sul posto di lavoro.
L'Assemblea di Palermo è servita a unire i compagni presenti non sulle idee generali ma anche sulla volontà particolare di reagire subito, di costruire queste cose. Certo, in un quadro che non è solo di Palermo ma che deve essere nazionale, dal nord a sud, dai precari ai disoccupati in larga maggioranza a Napoli e a Palermo, nelle grandi città del Sud, agli operai o a quello che resta degli operai nelle grandi fabbriche del Nord, del centro. Questa unità deve essere reale, al di là delle sigle sindacali - e non parliamo dei confederali che non sono una sigla sindacale, sono un apparato di collaborazione e consenso coi padroni, chi in maniera esplicita come la Cisl, chi un giorno sì, un giorno no come la Uil, chi con "parole a chiacchiere" seminate da Landini -; noi parliamo delle nostre forze che devono trovare l'unità in una giornata di lotta che sia seria e simbolica in occasione del G7, dovranno venire in drappelli combattivi in Puglia, perché venga da lì un segnale forte e chiaro di ribellione, che non ci stiamo più, di legame universale tra i lavoratori in lotta, di legame universale tra gli studenti in lotta dall'America alle università italiane, di legame universale dei popoli schiacciati in maniera come mai era avvenuto prima come in Palestina, un legame universale che dice "proletari e popoli oppressi di tutto il mondo, uniamoci!" Ma unirsi significa rappresentare questo desiderio di ribellione e rendere visibile nelle giornate del G7 l'irriducibilità tra gli interessi dell'imperialismo, del capitalismo, dei padroni, dei loro governi e gli interessi dei proletari, degli sfruttati, delle donne, dei giovani e delle masse povere sempre più povere.
Due fronti che si combattono. Noi siamo per organizzare il nostro fronte. Organizzando innanzitutto il Partito, perché senza Partito non c'è Rivoluzione, senza Partito non c'è un sindacato che abbia un fine e una guida. Un fronte unito certo, con differenti idee e differenti, potremmo dire, anche partiti, associazioni, uniti dal fatto che vogliono cambiare le cose o che vogliono un nuovo potere, un nuovo governo, un nuovo Stato, una nuova società. Un fronte però che in questa lotta capisca che l'unica soluzione è la Rivoluzione. Un fronte che oggi dice: o ve ne andate o vi cacciamo. Un fronte che dice: fermiamo la guerra, il fascismo, lo sfruttamento, la morte sul lavoro e per fermarli è disposto a resistere alla repressione di Stato, all'uso della violenza degli sbirri.
Questo è quello che ci serve per rendere onore a Giuseppe Miraglia, a Roberto Ranieri, a Ignazio Giordano, a Giuseppe La Barbera che hanno fatto una morte orribile, ma anche in questa morte orribile i lavoratori hanno dimostrato un'infinita superiorità morale rispetto non solo ai padroni ma ai piccolo borghese, agli individualisti, a chi pensa per sé. Sono morti anche per la generosità di voler aiutare i loro compagni di lavoro. Questa generosità dobbiamo trasformarla in forza, dobbiamo trasformare il dolore - sì, il dolore in rabbia, forza, anche esplosione, ribellione e organizzazione, ferma determinazione. Quando diciamo “mai più morti sul lavoro”, vi rendete conto che stiamo dicendo mai più questi governi, mai più questi padroni? Allora per dire “mai più morti sul lavoro” dobbiamo spazzare via il governo Meloni e tutti i governi dei padroni, per dire “mai più morti sul lavoro” dobbiamo spazzare via i padroni grandi, medi, piccoli, perché anche i piccoli, nel loro piccolo, ammazzano, perché sono dentro un sistema di leggi che dal grande al piccolo mors tua vita mea, profitti per me, morte per te. Vorremmo che da Palermo si senta forte e chiaro la voce vera di chi vuole che finiscano le morti sul lavoro, le guerre, il fascismo, la mancanza d'acqua e la disoccupazione, la mancanza di un qualsiasi reddito, la mancanza di qualsiasi diritto, la mancanza del rispetto delle donne perché a Palermo ci sono stati anche fatti tragici, orribili stupri - e non abbiamo parlato di mafia perché il sistema è peggio che la mafia, nel senso che è “’o sistema, cosa loro”...
A tutto questo è ora di riuscire a dare una risposta dal piccolo al grande, dal particolare al generale.
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