Un operaio lavora tra i tubi che rotolano e avanzano sulla via rulli nel reparto aggiustaggio. Tonnellate di acciaio dentro una zona che dovrebbe essere confinata, segregata, con barriere, reti metalliche per impedire, secondo i principi della sicurezza ‘l’accesso ad impianti in movimento oltre qualsiasi possibilità di errore umano’.
Così i buchi nelle reti diventano, non tanto la piena verità, ma un’ipotesi plausibile secondo la quale l’operaio in appalto colpito da un tubo da una tonnellata nella fabbrica dei record produttivi, poteva entrare nell’area di produzione.
Una versione comoda tanto al padrone che ai sindacati confederali, se lasciata al suo stadio superficiale. L’azienda ancora una volta minimizza ‘...un operaio ferito, c’è stato il pronto intervento l’applicazione delle procedure di sicurezza…’, Fiom Fim Uilm si barricano dietro il silenzio, nessun comunicato sull’operaio manutentore in mezzo agli impianti in movimento, solo il paravento dei messaggi ufficiosi via social, che assecondano la versione dell’errore individuale.
Tant’è che nemmeno due ore dopo, alle ore 14.00 si tiene come se nulla fosse, un incontro Fiom Fim Uilm Tenaris per il contratto aziendale. Della
sicurezza si parla di rimbalzo a proposito di un ‘premio sicurezza’ (pagato se vengono denunciati pochi infortuni!) che l’azienda vorrebbe modificare. Il vergognoso comunicato sindacale che ne segue ratifica difficoltà nella trattativa e perciò proclama quattro ore di sciopero per mercoledì 20 settembre. Con buona pace degli operai che sugli impianti rischiano la vita.Non vogliono ostacoli nella trattativa, nulla hanno detto per i cinque morti di Brandizzo, figuriamoci per uno che si è pure salvato ‘è uscito dalla linea con le proprie gambe’, ‘è salito in ambulanza vigile e cosciente’ hanno detto. Ma in realtà non vogliono che sia messo in discussione il loro impianto contrattuale fondato sui premi per la produttività., soldi in cambio del rischio e del silenzio. Il bastone del padrone e la carota sindacale nel c...
Questi meritano il massimo disprezzo e di essere messi nelle condizioni di non fare più danni.
Ma i comodi buchi nelle recinzioni degli impianti sono di responsabilità aziendale. Ci sono naturalmente le indagini in corso, che seguiremo facendo il possibile, cercando e utilizzando criticamente, come una contro inchiesta sul campo, il punto di vista e le informazioni degli operai, che non sono mai neutre.
Dall’altra, gli operai che invece richiamano la fermata estiva, dove ci sarebbe stato tutto il tempo per riparare i buchi alla rete, di chi riconosce che è tutta la zona ‘in aria’, visto che stanno facendo i lavori di ristrutturazione della linea, intervenendo di volta in volta su parte dell’impianto, lavori in corso fianco a fianco ai lavori di produzione, che resta l’aspetto principale in fabbrica, cogliendo la piena responsabilità aziendale nell’aver lasciato i varchi per accedere alla linea in movimento.
Un pò come il treno di Brandizzo, la sorte degli operai affidata all’azzardo, variabile impazzita della condizione operaia.
Ed anche qui fioriscono le versioni sospette ‘...ho detto interveniamo alle 16.00 quando l’impianto è fermo, mi sono girato ed era dentro….’
AGLI OPERAI DICIAMO, DOVETE AVERE UNA CERTA PAURA AD ENTRARE IN FABBRICA IN QUESTE CONDIZIONI, NON AD ISCRIVERVI ED ORGANIZZARVI CON LO SLAI COBAS.
Tutto in fabbrica è potenzialmente fonte di infortunio, così tra i manutentori si comincia ad ammettere che ‘siamo sempre chiamati ad intervenire di fretta, in un continuo stato di emergenza’, ‘siamo rimasti in pochi’ ‘il grosso lo hanno smantellato o dato in appalto’. E gli operai raccontano di una realtà fatta di passerelle insicure, di pavimentazioni irregolari, di illuminazione scarsa o addirittura assente ‘in attesa di ripristino’. Di incidenti che non fanno clamore perché si risolvono senza conseguenze sui lavoratori.
Il sistema di produzione capitalistico è organizzato per ottenere il massimo profitto, per estorcere la quota di plusvalore più alta possibile dagli operai. Con la velocità di esecuzione, riducendo i tempi di formazione, aumentando i carichi individuali, la lunghezza della giornata, la flessibilità… Morti e feriti tra le fila dei lavoratori sono previsti dai padroni, è una guerra. La sicurezza è un costo improduttivo, può rallentare la produzione, fermare gli impianti per ogni intervento fa perdere tempo. I record produttivi, grande motivo di orgoglio dentro Tenaris, sono incompatibili con la sicurezza degli operai!
ATS intervenuta in seguito al grave infortunio, ha constatato la presenza dei buchi nelle barriere. Ha permesso il riavvio degli impianti solo dopo la loro chiusura con reti metalliche IMMEDIATAMENTE saldate dall’azienda! Ha obbligatoriamente rimosso una fonte di pericolo, ma non interviene sulle cause che l’hanno determinata, dai fatti si deduce che non ha avuto un’azione preventiva efficace, non ha potere o volontà per impedire che si ripeta.
Nella battaglia per migliorare la sicurezza nei posti di lavoro, sono gli operai che devono prendere nelle proprie mani l’iniziativa, autorganizzandosi, entrarci di peso, con le loro lotte e azioni contro i padroni assassini e la loro oscena impunità. Dalla fabbrica ad una Rete Nazionale nei posti di lavoro e nei territori, non solo risposte spontanee ed isolate, ma nuovi rapporti di forza che gli operai collettivamente possono esprimere nella lotta contro il sistema dello sfruttamento.
Solo due giorni dopo, ai piani di raffreddamento dello stesso reparto FTM, il laminatoio per i tubi di medie dimensioni, nel turno notturno un giovane operaio precipita dentro una buca di tre metri, ‘apertasi’ tra le griglie di ispezione laterali della linea dove avanzano i tubi.
Il capro espiatorio aziendale/sindacale diventa un tubo alla deriva, che colpisce le protezioni laterali facendo saltare la passerella.Ma la fatalità non è mai la causa reale degli infortuni in fabbrica.
Perché le segnalazioni di pericolo per quella zona non sono state considerate?
In quali condizioni l’operaio è intervenuto tanto da non vedere una buca aperta sotto i suoi piedi?
Quale era lo scopo del suo intervento davanti ad un tubo incagliato nell’impianto in movimento?
Se la buca si è aperta per l’azione del tubo che ha fatto saltare le griglie sotto i suoi piedi, perché il controllo stava avvenendo con l’impianto in funzione nonostante la deriva del pesante tubo?
Se un tubo che esce dalla sede naturale di scorrimento è in grado di mettere in pericolo l’operaio addetto al controllo nella zona laterale dell’impianto demolendo la passerella, c’è un oggettivo limite nei sistemi di sicurezza!
La caduta nella buca di tre metri sicuramente rallentata in qualche modo, ha provocato incredibilmente solo un dito rotto al lavoratore, per fortuna sua e ne siamo molto contenti.
Ma questo in alcun modo ferma la lotta per la sicurezza, che passa anche per la denuncia delle cause e l’azione per rimuoverle. Siamo stati ancora alle portinerie venerdì notte appena successo l’infortunio, e nei turni successivi di sabato, proprio per incontrare gli operai, cercare tutte le informazioni possibili, perché come ormai molti operai ammettono apertamente, comunque continueremo a batterci perché non vengano insabbiati.
Il termometro di fabbrica vibra, il secondo infortunio ha spinto lunedì mattina Fiom Fim Uil ad assumere una posizione di formale protesta in relazione agli infortuni. Lo sciopero di 4 ore per il contratto diventa così di 8 ore ma nessuna parola d’ordine contro le cause degli infortuni in fabbrica!
Dalla
Controinformazione Operaia del 4 settembre 2023:
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