domenica 17 settembre 2023

pc 17 settembre - La nostra azione sulla guerra interimperialista in Ucraina - La necessaria lotta di posizione per un fronte unico di classe - L'esperienza a Palermo


In che modo abbiamo fatto la nostra battaglia in questo anno politico?

A parte la propaganda contro la guerra interimperialista in Ucraina (e la guerra imperialista in generale) fatta in proprio, abbiamo cercato di organizzare un fronte unico di classe con altri gruppi organizzati con cui condividere azioni di lotta contro la guerra e il governo della guerra, per allargare il campo d’azione e per spostare posizioni, criticando, combattendo le altre tendenze, le sfumature.

Nel gruppo che si è, per così dire stabilizzato in città, dopo le prime assemblee pubbliche, indette con un nome creato appositamente per l’occasione “assemblea noguerra”, all’inizio abbastanza partecipate da compagni e gruppi (Pcl/Cub, Centri sociali/sicilianisti, anarchici, Cobas lavoro privato, Usb, Fgc…Udi, individui Cgil a titolo personale, Potere al popolo, un altro gruppo scisso da questi che si definisce Officina del Popolo) si ritrovano tutte le definizioni che Lenin analizza nel libro “Il socialismo e la guerra”: pacifisti (anarchici), opportunisti e “socialsciovinisti”.

Dopo le prime discussioni sulle posizioni e le iniziative da fare, Potere al popolo, Officina del popolo, i centri sociali e l’Usb si sono di fatto eclissati. Mentre a parole continuano a dirsi contro la guerra, nei fatti non hanno più agito, almeno a livello locale. Ma questa è un’altra forma di opportunismo, non si può essere “neutrali”, non si può non fare niente contro il governo, perché significa non ostacolare il governo nemmeno nella sua fortissima propaganda della guerra. Essere “neutrali” significa non vedere le classi, pensare di stare al di sopra di esse! Le classi, borghesia e proletariato, non solo esistono ma sono inconciliabili, altrimenti vi è collaborazione di classe, e così si rafforza solo la borghesia, si alimenta il suo “nazionalismo”.

Invece, con gli anarchici (pacifisti), con i compagni del Cobas lavoro privato, che si sono sempre detti “contro tutte le guerre” e per la “diserzione”, la discussione è stata utile e ha portato il “risultato” che nei volantini questa guerra è stata indicata come "guerra imperialista".

La lotta è stata anche contro i “socialsciovinisti”, militanti del Pcl/Cub, che pubblicamente non dicono di no alla lotta di classe, non dicono di votare i crediti di guerra, non difendono Zelensky, ma difendono la “resistenza del popolo ucraino”!.

Oltre alla chiarezza della nostra posizione nei confronti dei lavoratori, degli studenti, degli operai e delle masse in generale, con volantini e azioni pratiche, la nostra posizione, è stata chiarissima nei confronti dei partiti politici borghesi di governo e “opposizione”, dei sindacati confederali e scontro pubblico con elementi del Pd sulla firma sugli armamenti all'Ucraina.

Determinante nella lotta di posizione è stata la questione della centralità della lotta esplicita contro il nostro imperialismo. Vi è una sottovalutazione dell’azione del governo italiano, oggi

rappresentato dall’ala più a destra della borghesia dominante, in questa guerra e della natura ideologicamente fascista di questo governo. Questo nel concreto ha portato al fatto che mentre nelle iniziative pubbliche noi portavamo striscioni e cartelli contro il nostro governo, le altre realtà nei loro materiali “dimenticavano” di citare il governo italiano imperialista, del quale è invece necessario auspicare la “disfatta".

Oscurare il ruolo attivo imperialista del governo di casa nostra alle masse, oggi il nero governo Meloni, che è il primo nemico contro cui si deve lottare e organizzare la lotta degli operai, dei proletari, un governo che non è solo in continuità con i precedenti, che non è da vedere solo come solo "più reazionario" rispetto ai precedenti (posizione dei centri sociali), vuol dire non riconosce fino in fondo la natura ideologica fascista e il vero e proprio salto di qualità nella politica guerrafondaia che vuole puntare a fare dell’Italia un puntello di prima linea nella partecipazione alla guerra, con soldi imperialista, armi, soldati… 

Ma abbiamo dovuto contrastare anche contro la personalizzazione dell’imperialismo russo (“Né con Putin né con la Nato”), la banalizzazione, che è durata un bel pò anche tra le masse, del “Putin pazzo” che guida un gruppo di oligarchi. Ogni paese imperialista, capitalista, ha i suoi “oligarchi” e man mano tutti quelli che fanno la guerra sarebbero “pazzi”!? Dire contro Putin e non contro l’imperialismo russo, certo rappresentato da Putin ma nel senso della borghesia oligarca dominante in Russia che è dietro Putin; concentrare solo sui nomi e sui singoli individui politici, veicola un messaggio non corretto ai proletari e alle masse popolari e deviante, rischiando di alimentare la concezione della guerra ad opera del potente pazzo di turno, del singolo che spadroneggia e offuscando/cancellando le classi.

Così come abbiamo criticato la “confusione”, di fatto occultazione, sugli altri imperialismi; nonchè il tentativo di distrazione di chi voleva mettere al centro prima la lotta per l’ecologia.

Altre parole d'ordini non corrette, presenti nel presidio donne Udi e in altre realtà che partecipano anche all’Assemblea Noguerra, sono: “Disertori di tutte le guerre”, “Fuori la guerra dalla storia”.
Non si identifica la guerra, contro cui organizzare la lotta, come imperialista, ma si considera la guerra in modo generale e generalista. Mao Tse tung parlava di guerre giuste e ingiuste, o di guerre di aggressione o di difesa. 
Parlare genericamente di "guerra" che significato ha? Allora dovremmo cancellare la guerra partigiana? O le guerre che fanno i popoli contro l'imperialismo, gli Stati imperialisti e oppressori? Le guerre di liberazione nazionale o le guerre popolari? Perfino la guerra di classe che ogni giorno siamo chiamati a fare contro chi, padroni e governo borghese, la guerra ce la fa ogni giorno?
Dobbiamo parlare di "guerra imperialista", che è la manifestazione più grave di un sistema imperialista e capitalista che deve essere distrutto affinché, come sono portati a scrivere queste compagne e compagni nei volantini, "gli oppressi vincano sugli oppressori".
La borghesia può dire tutti i giorni che questa guerra è giusta mentre i proletari dovrebbero parlare solo di guerre in generale? Le realtà opportuniste si limitano a volere di fatto solo dei “miglioramenti” dentro questo sistema, senza affermare invece la giustezza della guerra che la nostra classe è chiamata a fare e per la quale deve organizzarsi con gli strumenti necessari per una vera liberazione dalla guerra imperialista prodotta dal sistema del Capitale di sfruttamento e oppressione, per opporre alla loro guerra la guerra rivoluzionaria.

Questa lotta critica è stata anche sul terreno dell'azione pratica, sulla necessità di agire concretamente, contro la tendenza a "discutere e organizzare assemblee". In questo senso abbiamo svolto anche una nostra azione autonoma, con partecipazione a cortei, anche a Niscemi, con alcuni lavoratori, assemblee, manifestazioni anche studentesche; tra gli operai della Fincantieri, tra i quali abbiamo fatto una raccolta firme, e abbiamo riportato l’esperienza da indicazione “operaia” delle manifestazioni nazionali come quella della Gkn; denunciando la guerra come sbocco obbligato di un sistema sociale, antiproletario e contro le masse, alla ricerca costante del massimo profitto, fatto a costo di guerre, distruzioni, ecc. e in questo senso considerare le “ricadute economiche negative” per i proletari e le masse come risultato “normale” del sistema capitalista. 

La lotta/critica alle posizioni errate, elevandola anche dall’aspetto locale, togliendo per così dire "i nomi e cognomi", e individuando invece le tendenze, è condizione necessaria per portare una giusta linea, pratica tra i proletari e le masse popolari nella battaglia lunga contro la guerra imperialista.

Lenin che ha fatto sempre una lotta costante ma anche feroce, accanita contro gli opportunisti, gli economicisti, i menscevichi, combattendo le posizioni teoriche, politiche e pratiche che rallentano, deviano, ingannano, soffocano, ostacolano il cammino rivoluzionario della classe.

L’esperienza a Palermo sulla questione guerra imperialista nasce fondamentalmente in modo più netto dal 25 aprile - proseguita poi con presidi a luglio - in cui vi è stata una convergenza di azione con forze per lo più riunite nella “Assemblea No Guerra”, in cui vi sono da un lato elementi più stabili come i compagni del Cobas confederazione, anarchici di stampo più pacifista, Pcl, donne UDI e forum antirazzista, con il risveglio a Palermo dei giovani della Fgc; e dall'altro realtà invece che ad un certo punto non hanno più partecipato, come Pap, Usb e Officina del Popolo, anche a seguito di alcune prese di posizione/critiche che si sono prese - vedi la questione intervento tra gli operai, ai Cantieri navali, o i centri sociali all’Antudo con veste temporanea sindacale Si.Cobas che poi sono svaniti nel nulla; e infine la Cub che voleva solo portare acqua al proprio mulino in una logica sempre movimentista e localista, ponendo come centrale solo la  lotta dei disoccupati, sul reddito, lotta economica, con la logica per cui “la lotta politica segue la lotta economica”. 

La difficoltà di coinvolgere lavoratori, disoccupati oggettivamente esiste. Il lavaggio quotidiano ideologico e politico con tutti i mezzi a disposizione della nera borghesia al potere sulla necessità giustezza di questa guerra interimperialista in Ucraina, l’azione nefasta dei sindacati confederali che non hanno indetto neanche mezzo sciopero sulla questione guerra (ai Cantieri navali la Fiom/Cgil ha plaudito alla commessa della Cavour per la fabbrica di Palermo), le posizioni non chiare di alcuni sindacati di base che appiattiscono la questione politica della guerra principalmente sulla questione economica (vedi lo sciopero autoreferenziale del 26 maggio dell’USB per esempio dove la questione guerra è passata nettamente in secondo piano rispetto allo stesso comunicato nazionale), mostrano  l’atteggiamento di chi, come scrive Lenin, “rigetta sulle masse le colpe del proprio filisteismo”, "non ci sono le condizioni", ecc.

Nel nostro lavoro autonomo abbiamo provato a rispondere a questa difficoltà tra i lavoratori. Abbiamo fatto e raccolto firme su una mozione operaia in fabbrica, come strumento per schierarsi; anche tra i precari che hanno raccolto firme nelle scuole, abbiamo fatto assemblee in sede, dove hanno partecipato anche dei compagni del comitato territoriale No Muos, abbiamo fatto attacchinaggi con squadre di lavoratori. Abbiamo organizzato presidi ai Cantieri navali in occasione dell’arrivo della nave Cavour, questo ha portato ad un dibattito vivace, utile, di schieramento tra gli operai.

Ma proprio in questi interventi tra gli operai sono emerse le posizioni più opportuniste ed economiste. Pap e Officina del popolo affermavano che verso gli operai si doveva agire in modo cauto perché non avrebbero capito l’iniziativa con contenuti più politici e si sarebbe rischiato di avere un effetto controproducente; che agli operai prima bisogna andare a parlare di istanze più vicine a loro, vedi la questione del salario per esempio, perché se gli vai a dire contro la guerra tout cour, se gli dici "No alla Cavour" si rischia di fare spostare gli operai, che già in buona parte o non vanno a votare o si sono spostati politicamente a destra, verso la Meloni perché percepiranno che sei contro il loro lavoro…. E così via. Amenità che anche la pratica, purtroppo ancora ridotta tra gli operai, in parte smentisce - vedi i portuali di Genova, ma in embrione le stesse firme degli operai sulla mozione contro la guerra, le affermazioni di operai dei Cantieri che si augurano che dopo il varo la nave affondi perché quella nave sarà utilizzata per la guerra, per uccidere donne e bambini, ecc. 

Ecco a questa ottusità politica, noi rispondiamo: i veri incapaci siete voi che considerate la classe operaia come degli idioti con cui si può parlare solo di “proteste che possano promettere solo risultati tangibili”. E' chiaro i comunisti si devono interessare delle battaglie immediate e quotidiane che riguardano la condizione lavorativa degli operai (su questo a Palermo dobbiamo fare passi in avanti), ma se come rivoluzionari non lavoriamo tra gli operai e con gli operai per allargare la loro visuale e suscitare/sviluppare la capacità di “sostenere attivamente ogni protesta contro l’autocrazia” - come scrive Lenin nel "Che fare?", si resta a sguazzare nel pantano dell’opportunismo. La classe operaia non si sposta a destra perché gli si va a denunciare la questione della guerra imperialista ma perché la classe non ha il partito che la guida, che la orienta, che la organizza. 

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