25 aprile contro i miseri fascisti di ieri e di oggi
L'Anpi: "Le parole di La Russa su via Rasella sono indegne ("Via Rasella è stata una pagina tutt'altro che nobile della resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS") un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza". "Il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti stava completando l'addestramento per andare poi a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne. Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani".
L'attentato di via Rasella "Fu la più importante azione di guerra in una capitale europea", "La presidente del Consiglio, anche il presidente del Senato fa finta di ignorare che non furono i soli nazisti a organizzare il massacro delle Fosse Ardeatine, perché ebbero il fondamentale supporto di autorità fasciste italiane".
Cosi' scriveva Carla Capponi, che partecipò all'attentato di via Rasella, a un’alunna di liceo nella sua autobiografia Con cuore di donna: “Siamo solo uomini e donne che di fronte alla durezza delle situazioni non si sono abbandonati al pianto o nascosti per la paura, ma hanno reagito, alzato la testa. E, credimi, eravamo in tanti”.
"La sua impresa più nota è l’attentato di via Rasella. Giovedì 23 marzo, i Gap romani decidono di
attaccare la colonna di SS che passa di lì ogni giorno, di ritorno dalle esercitazioni dal poligono di tiro di Tor di Quinto. Via Rasella viene scelta per la sua conformazione: stretta, priva di negozi (e quindi poco frequentata), ma soprattutto in salita. Ogni gappista ha un ruolo: l’ordigno principale viene nascosto in un carrettino della spazzatura, e sarebbe stato innescato da Rosario “Paolo” Bentivegna travestito da spazzino. Carla Capponi invece deve trasportare dei mortai in alcune buste della spesa, celati da qualche verdura, e aiutare Paolo nella fuga facendogli indossare un cappotto per nascondere la divisa da spazzino. Al passaggio del I battaglione del Polizeiregiment Bozen, dato il segnale, Paolo accende la miccia e in circa cinquanta secondi la bomba esplode, causando la morte di 33 militari. L’esplosione innesca le granate dei soldati, generando ulteriori deflagrazioni, mentre la colonna viene raggiunta da altre tre bombe a mano. Segue un feroce scontro a fuoco, in cui nessuno dei gappisti rimane ucciso o ferito, né viene fatto prigioniero. I nazifascisti, colti di sorpresa, cominciano a sparare verso le finestre, mentre Carla e Paolo scappano".
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