venerdì 22 ottobre 2021

Imperialismo - Libia: il fallimento dell'ennesima Conferenza voluta dagli imperialisti

 

Dopo Parigi, Palermo, Abu Dhabi e Berlino, ora Tripoli, la capitale libica, ha ospitato una conferenza ministeriale per la “stabilizzazione” della Libia. “Stabilizzazione” per i paesi imperialisti significa petrolio e profitti dagli appalti della ricostruzione. Nonostante si sia svolta in territorio libico, le sue conclusioni dimostrano che il nuovo governo-fantoccio, messo in piedi dall’imperialismo, ha fallito il suo obiettivo dichiarato di “prendere in mano il suo destino”, del resto obiettivo impossibile per una classe dirigente espressione di una borghesia compradora e corrotta, delle divisioni dei signori della guerra interessati ognuno per conto proprio ai profitti del petrolio e dei finanziamenti di Europa, con l’Italia in prima fila, per i respingimenti antimmigrati e per la gestione dei lager.  

Il presidente del Governo transitorio di unità nazionale (Gun), Dabaiba, il cui mandato terminerà tra qualche settimana, senza vergogna ha affermato che: “Il cammino verso la

stabilità e la costruzione nel Paese è iniziato. L’incontro di oggi – ha proseguito – è la prova che i libici sono capaci di trovare una soluzione da soli”.

Ancora una volta il destino della Libia lo decidono i paesi imperialisti, anche se sono divisi al loro interno ed è per questo che nessuna dichiarazione finale è stata sottoscritta dai 15 ministri degli Esteri presenti, oltre ai rappresentanti di Unione Africana, Unione Europea, Lega Araba e Nazioni Unite. Per l’Italia è andato il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio.

I due temi all'odg: ritiro di Turchia e Russia dalla Libia ed elezioni.

Sulle elezioni (presidenziali e/o parlamentari per il 24 dicembre) nessun accordo. 

Sul ritiro delle forze straniere il governo libico sostiene l’accordo di pochi giorni fa a Ginevra per rimuovere “combattenti, mercenari e forze straniere” dalla Libia. Una dichiarazione vuota che deve fare i conti con il boicottaggio della conferenza proprio da Turchia e Russia, presenti sul campo con le armi e responsabili di crimini di guerra (come denuncia il rapporto Onu): la Turchia con il suo esercito “legittimato” dall’accordo firmato nel 2019 con il governo libico dell’allora premier Fayez al Sarraj e la Russia con le truppe mercenarie della Wagner in Libia che la considera il suo avamposto strategico per la penetrazione nel Sahel.

Alla fine del 2020 le Nazioni Unite hanno fatto una stima dei combattenti stranieri presenti in Libia, pari, quasi un anno fa, a 20mila unità.

Proprio oggi è in atto una protesta di eritrei ed eritree all’ambasciata libica di Roma: “Evacuate i nostri fratelli e sorelle dai lager. Basta complicità”


Ma alla Conferenza i paesi imperialisti discutono di economia, non di diritti umani e l'Italia dei finanziamenti alla guardia costiera libica e dei lager antimmigrati è sensibile solo alle voci dei padroni  delle aziende italiane interessati ai profitti della ricostruzione, ben rappresentati dal ministro Di Maio.

La Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha denunciato, nel suo primo Rapporto dopo un anno di lavoro, "gravi violazioni dei diritti umani nel Paese africano dal 2016 ad oggi da parte di attori libici e stranieri, statali e non statali", di cui l'Italia ha maggiori responsabilità. 

“Contro i migranti crimini di guerra e persecuzioni”.

Il rapporto della Commissione Indipendente analizza la condotta della guerra civile e dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi da quasi tutte le parti in causa, e denuncia il comportamento della Guardia costiera, o meglio delle differenti unità libiche chiamate "Guardia costiera", sostenendo che le operazioni per bloccare i migranti in mare sono tutte pericolose.

Secondo il rapporto "gli atti di violenza indicati non sono incidenti isolati che possono essere attribuiti a elementi criminali, ma formano un comportamento comune caratterizzato da operazioni pericolose condotte in mare, seguite da trasferimento sistematico dei migranti in centri di detenzione dove i migranti sono trattenuti per un periodo indefinito in condizioni intollerabili, che spesso li portano a tentare la fuga con ogni mezzo, incluso il pagamento di somme di danaro".

Il rapporto Onu prosegue sostenendo che "l'assenza di responsabilità per gli abusi contro i migranti conferma una politica dello Stato che incoraggia le estorsioni contro i migranti in detenzione, e l'applicazione di trattamenti violenti e discriminatori. Le milizie (alcune delle quali gestiscono i centri di detenzione), gruppi criminali, trafficanti e contrabbandieri contribuiscono a incrementare questa politica".

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