Negli ultimi giorni in Tunisia la condizione dei migranti e degli stranieri residenti subsahariani si è degradata notevolmente fino al punto che l'incolumità e la vita di queste persone è minacciata.
Infatti sono avvenuti fatti allarmanti che non possono non suscitare sdegno, rabbia e solidarietà internazionalista nel cuore dei sinceri democratici e progressisiti ma soprattutto dei rivoluzionari.
Mentre si moltiplicano le notizie di naufragi al largo delle coste tunisine, ed in particolare tra Sfax e Mahdia, con decine di morti e dispersi che si aggiungono all'interminabile lista nera, aumentano ugualmente i dispacci stampa circa presunti "salvataggi" da parte della guardia costiera tunisina. In passato le motovedette tunisine "donate" e messe a nuovo dai finanziamenti italiani ed europei avevano speronato barche di migranti in rotta verso l'Italia e in seguito "salvato" i superstiti. Recentemente nei pressi delle acque di Zarzis, le motovedette hanno imbarcato con la forza i migranti sbarcandoli infine oltre confine consegnandoli ai "colleghi" della guardia costiera libica (gruppi armati jihadisti con la casacca), un fatto inedito e gravissimo in contraddizione con lo stesso diritto internazionale.
Proprio a Zarzis negli stessi giorni veniva chiuso un centro d'accoglienza per migranti accompagnato da una propaganda razzista su alcuni media online in cui a seguito di una molestia ai danni di una donna tunisina da parte di un migrante, facendo di tutta l'erba un fascio, si è invocata l'espulsione degli "africani" (termine che assume una connotazione razzista essendo usato dagli arabi dei paesi arabi africani che inconsciamente o volutamente marcano la differenza in senso etnico tra loro e i cittadini dell'Africa "nera").
A contrastare tale cappa d'intolleranza, l'unica voce fuori dal coro è stata come sempre quella dei pescatori della città che ormai da anni si ergono da soli in quell'area a difesa dei migranti contro tutti: contro i soprusi della "guardia costiera libica", contro l'ingiustizia dello Stato tunisino e contro la pressione imperialista italiana/europea. Anche in questa occasione hanno rinnovato l'impegno di salvare le vite dei naufraghi nonostante le minacce della guardia costiera.
A Sfax però in un contesto simile i migranti si sono trovati totalmente soli.
Nella seconda città più popolosa e sviluppata del paese (popolarmente etichettata come "la capitale del
Sud") esistono cospicue comunità di cittadini subsahariani, a seguito di un'aggressione subita da uno di loro da parte di un tunisino e il successivo intervento di altri connazionali del primo a sua difesa, gli abitanti tunisini del quartiere hanno invocato l'intervento della polizia contro "gli africani" ed effettivamente la polizia è intervenuta arrestando solo "gli africani" accompagnati da cori di giubilo e razzisti da parte degli sfaxiani presenti.La ragazza è stata tenuta in prigione per 10 giorni con la scusa del documento scaduto e liberata dopo che la comunità gabonese ha denunciato la sua scomparsa (per giorni non si sapeva in quale stazione di polizia fosse) e l'intervento di avvocati.
In Tunisia se un turista occidentale continua a restare nel paese oltre i 3 mesi, cessando di fatto di essere un "turista", non ha alcuna conseguenza penale ma una limitata ammenda amministrativa di 20 dt (6 euro) per ogni settimana di permanenza eccedente, che paga direttamente alla dogana all'atto di lasciare il paese e la faccenda si chiude lì, nessuna domanda sulla reale attività svolta in quel periodo, nessun controllo ulteriore di documenti, nessuna umiliazione.
Infine il fatto più grave è stato il respingimento di migranti (tra cui bambini e donne incinte) oltre la frontiera tuniso-libica in pieno deserto libico.
Tutti questi eventi fanno però pensare che le politiche migratorie del regime tunisino si stiano allineando con le pratiche dei regimi arabi reazionari confinanti di Algeria e Libia che usano il metodo del respingimento nel deserto dei migranti in maniera più sistematica.
Lo scorso agosto alcuni migranti provenienti dal confine algerino era stati trovati morti nel deserto limitrofo a alla città di Tozeur, una nota zona turistica le cui piste sono battute da guide con al seguito turisti europei, russi, cinesi, americani...
La borghesia compradora tunisina tramite i vari governi che si sono succeduti nell'ultimo decennio ha sempre sostenuto la politica migratoria repressiva dei regimi imperialisti italiano e francese (e dell'UE complessivamente) in cambio di sostegno politico e finanziamenti diretti.
Il nuovo presidente della repubblica Kais Saied fin dal suo insediamento, ha sempre dichiarato in occasione di incontri bilaterali multilaterali con i partners europei che la questione migratoria non può essere affrontata con un approccio securitario ma richiede un approccio globale di tipo sociale ed economico; nonostante il fatto che lo stesso Kais Saied abbia accentrato enormi poteri legislativi ed esecutivi dopo i fatti del 25 luglio scorso e che abbia nominato recentemente una nuova prima ministra con cui è in stretti legami politici, quelle dichiarazioni sono rimaste lettera morta e la repressione securitaria contro i migranti si è aggravata in maniera esponenziale e concorde ai progetti dei paesi imperialisti europei di esternalizzare le frontiere dell'Europa in territorio africano: che significa trasformare di fatto le forze repressive di questi paesi in cani da guardia dei confini europei.
Una sorveglianza transnazionale, criminale nonchè formalmente illegale che ingrossa il "cimitero Mediterraneo" nonchè la lista dei dispersi.
Proprio in queste ore mentre si ripescano i cadaveri e si cercano i dispersi dell'ultimo naufragio al largo di Mahdia, proteste sono scoppiate nella vicina città di Moknine con blocchi stradali con pneumatici incendiati organizzati dagli abitanti autoctoni della zona che stanno denunciando la lentezza con cui avvengono le ricerche di salvataggio da parte della guardia costiera tunisina.
Infatti su quella barca al fianco dei "subsahriani africani", stavano anche molti "africani tunisini" proveniente da quella provincia.
I migranti africani, di tutta l'Africa, che riescono ad arrivare vivi a Lampedusa o sulle coste siciliane, e chi tra questi riesce a sfuggire alle maglie dei controlli della polizia italiana e a proseguire il suo cammino, troverà ad accoglierli in Italia come in Francia delle società profondamente razziste che al di là del colore della pelle, della nazionalità e delle credenze religiose, etichetterà i nuovi arrivati come "africani" in seno dispreggiativo.
Questo fatto dovrebbe essere un vademecum da diffondere continuamente nella società tunisina in cui è ormai ampiamente diffusa e accettata socialmente la sottocultura dell'harraga, cioè l'idea di intraprendere il viaggio senza documenti verso l'agognata Europa.
I militanti politici progressisti e rivoluzionari devono impegnarsi su questo fronte per far comprendere ai settori popolari tunisini che il nemico non è l'africano nero ma quest'ultimo è al contrario il proprio compagno di sventure e auspicabilmente il proprio compagno di lotta: il vero nemico è infatti il proprio governo al servizio dell'imperialismo straniero, quest'ultimo proprio in questi giorni ha moltiplicato le pressioni e le ingerenze sul paese non solo sulla questione dei migranti ma anche sulla direzione politico-istituzionale del paese, "ma questa è un'altra storia" (tra molte virgolette)..
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