Più di 50 compagni sotto processo per "i fatti di piazza Corvetto" contro il comizio elettorale di CasaPound del 23 maggio del 2019, in piazza Marsala. A protezione di una decina di neofascisti lo Stato aveva messo in campo 300 poliziotti che avevano pesantemente caricato e pestato i manifestanti.
Lo Stato del Capitale, questo governo, continuano a colpire chi si oppone a fascismo, razzismo, sfruttamento nei luoghi di lavoro, mentre coprono e proteggono le organizzazioni fasciste che devono essere messi fuori legge.
Chiudere le sedi/sciogliere le organizzazioni neofasciste!
Di seguito l'appello che invitiamo a sottoscrivere
L’antifascismo non si processa!
Come Genova Antifascista scriviamo quest’appello in forma di lettera aperta che invitiamo a sottoscrivere alle realtà politiche, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni ed ai singoli riguardo al processo in cui sono imputati una cinquantina di compagni e compagne per la manifestazione antifascista del 23 maggio 2019.
Per il 23 maggio del 2019 viene concessa alla formazione neo-fascista Casa Pound l’autorizzazione per la tenuta del comizio finale della sua campagna elettorale per le “europee” in una piazza centrale del capoluogo ligure.
La piazza concessa, antistante a Piazza Corvetto, viene data nonostante le varie forme di pressione e gli appelli alle autorità locali nel non far tenere tale iniziativa. Appelli e iniziative che sono cadute nel vuoto.
È una settimana particolare per Genova.
Lunedì mattina, grazie ad una mobilitazione che ha portato allo sciopero dei lavoratori addetti al carico-scarico del terminal e ad un presidio solidale ai varchi, era stato impedito l’imbarco di materiale militare
che sarebbe stato impiegato nella guerra in Yemen sulla nave saudita Bahri Yanbu attraccata alle banchine genovesi.Sarà la prima di numerose iniziative di azione e denuncia nella città contro il traffico di armi nello scalo ligure.
Mercoledì, vi era stata una mobilitazione degli insegnanti a Genova – come nel resto d’Italia – contro i provvedimenti per la docente in Sicilia che aveva osato criticare l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, e lo stesso giovedì in cui si sarebbe dovuta tenere la kermesse elettorale neo-fascista vi era stato uno sciopero di 24 ore in porto proclamato da differenti sigle sindacali.
La tenuta del comizio di Casa Pound è giustamente valutata come una provocazione quindi da una parte non trascurabile della città, ancor più per la sordità delle istituzioni cittadine e l’ingente militarizzazione che sin dalla mattina costruisce una specie di “cordone sanitario” attorno alla piazza concessa ai neo-fascisti.
Saranno circa 300 gli agenti impiegati per difendere alcune dozzine di neo-fascisti che si erano resi responsabili in precedenza di diverse aggressioni, tra cui un accoltellamento.
Bisogna ricordare che in quelle settimane, in differenti forme, in diverse città la presenza neo-fascista e leghista era stata duramente contestata con determinazione a Casalbruciato a Roma, come a Firenze e a Bologna.
Un segno tangibile dell’opposizione ad un governo guidato da Lega e Movimento 5 Stelle e alle loro politiche.
Per le 16:30 del 23 maggio veniva lanciato un concentramento in piazza Corvetto che in breve tempo si riempie di persone di ogni età, tra cui molti giovanissimi, mentre un nutrito numero di agenti protegge la piazza concessa ai fascisti.
Ai tentativi di forzare il cordone sanitario predisposto a difesa di Casa Pound cinturato dietro alte gabbie di metallo in direzione della piazza, viene risposto con un continuo lancio di lacrimogeni (il primo, colpisce la vetrina di una celebre pasticceria frantumandola) e la pressoché chiusura ermetica delle vie di fuga dalla piazza che però non smobilita né arretra. Il comizio che conta un numero irrilevante di persone viene svolto in fretta e furia disturbato dal fumo dei lacrimogeni che la direzione del vento sposterà verso i “camerati”, i cori contro i neo-fascisti e le canzoni partigiane.
Finito il comizio, le forze dell’ordine si impegneranno a sgomberare la piazza con cariche e manganellate ed il lancio di lacrimogeni ad altezza uomo, dando luogo a ripetuti pestaggi. Una persona, che si scoprirà essere un giornalista, verrà letteralmente massacrato di botte, “salvato” per così dire da un graduato che riconoscendolo si getta su di lui per schermarlo dagli agenti che lo stavano picchiando.
In questo contesto due persone vengono fermate. Saputa la notizia dalla piazza, parte un nutrito corteo che si dirige fuori la questura per chiedere la liberazione immediata dei manifestanti.
Per i “fatti di piazza Corvetto” sono stati denunciati ed ora sono sotto processo (diviso in due tronconi) più di una cinquantina di compagni e compagne, una parte consistente dei quali con accuse per reati che prevedono per ciascuno decine di anni di galera, qualora fossero condannati con il massimo della pena.
Si tratta di uno dei processi “politici” con più imputati e per reati più gravi che abbia visto la storia giudiziaria di Genova dal dopo-guerra ad oggi. Un tentativo di punire collettivamente chi ha voluto rispondere alla provocazione neo-fascista quel giorno, di annichilire il corpo di attivisti che in questi anni hanno portato avanti importanti battaglie politiche e sindacali in questa città che sono tra gli imputati, ed un monito verso le nuove generazioni che vogliono organizzarsi efficacemente contro la macelleria sociale e la deriva autoritaria, e l’assenza di prospettive in questo Paese.
Ma questo processo non è che un segmento di una repressione più ampia che si è abbattuta su attivisti e movimenti anche a Genova con inchieste, altri processi e provvedimenti di Sorveglianza Speciale.
È necessario fare sentire la solidarietà ai compagni ed alle compagne sotto processo e chiedere a gran voce il proscioglimento delle accuse per cui sono imputati, così come promuovere un’ amnistia politica e sociale generalizzata per chi in questi anni non ha piegato, e non intende piegare, la testa nonostante la repressione subita.
Per chi volesse sottoscrivere l’appello scrivere a: genovaantifascista@gmail.com
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