La cittadina costiera di Zarzis nel sud est tunisino a circa 80 km dal confine libico nella giornata di ieri ha visto una grande manifestazione di pescatori e marittimi sostenuti dalle loro famiglie e da vari cittadini per denunciare gli abusi che sempre più spesso avvengono in mare, sia nelle acque internazionali che addirittura in acque territoriali tunisine, ad opera delle milizie libiche del gruppo jihadista libico di Ansar al Charia (esistente anche in Tunisia ma messo al bando nel 2013) che hanno preso de facto il posto della guardia costiera libica, sostituendosi ad essa e legittimati da accordi internazionali promossi dall'Unione Europea in generale e dall'Italia in particolare (inutile aggiungere che tali gruppi sono ampiamente sostenuti anche dalla Turchia di Erdogan).
Un'assemblea ha aperto la manifestazione che dal porticciolo si è diretta verso il municipio della città, con lo slogan principale "A difesa dei pescatori produttori di ricchezza dalle minacce e dagli atti di pirateria".
La
manifestazione segue a dieci giorni di blocco del porticciolo della
città da parte dei pescatori dell'associazione Zarzis le Pecheur
al Bahr (Zarzis il pescatore il mare n.d.a.) ed è un
segno di protesta contro le autorità tunisine (in particolare la
guardia costiera) accusate di non difendere i pescatori da tali
incursioni illegali che spesso si concludono con rapimenti dei
pescatori tunisini alle cui famiglie viene richiesto un riscatto e
allo stesso tempo un appello alla presidenza della repubblica ad
assumersi le proprie responsabilità nella congiuntura attuale in cui
quest'ultima ha assunto pieni poteri esautorando il governo lo scorso
25 luglio (vedi i precedenti approfondimenti in merito su questo
blog).
A seguito dei recenti accordi tra Ue/Italia e Libia per contrastare l'emigrazione, o "migrazione
clandestina e illegale" come viene definita dai paesi imperialisti e dai loro agenti al governo nei regimi dei paesi oppressi come la Libia, la sedicente guardia costiere libica sentendosi legittimata ha moltiplicato tali incursioni a danno dei pescatori tunisini in particolare nelle acque limitrofe a Zarzis in quanto i pescatori dell'associazione non hanno mai esitato a salvare i migranti in difficoltà e portarli a terra in Tunisia sfidando le leggi (ingiuste) sia tunisine che italiane, anche se recentemente i libici si sono spinti più a nord al largo della città di Mahdia, ovvero tra la costa tunisina e Lampedusa evidentemente per meglio svolgere il proprio ruolo di guardie di frontiera esterne dell'UE/Italia.Tale tensioni avvengono in un quadro più ampio e abbastanza delicato tra i due paesi nordafricani vicini in seguito agli eventi del 25 luglio in Tunisia.
Infatti l'attuale governo libico di unità nazionale vede al proprio interno una consistente componente islamista legata a Ennahdha, il principale partito dell'ex governo tunisino vittima del colpo di stato del presidente Kais Saied.
Seppur i rappresentanti dei due paesi hanno moltiplicato gli incontri bilaterali negli ultimi 45 giorni per affievolire le tensioni, i confini tra i due paesi rimangono chiusi per volere tunisino e giustificato dall'emergenza pandemica anche se tale decisione è sopraggiunta immediatamente dopo che la Libia ha rimpatriato decine di tunisini presenti illegalmente sul proprio territorio e di fede politica islamista, ciò è stato interpretato come un atto ostile dalla Tunisia nel contesto del post-25 luglio.
Di seguito riportiamo il comunicato integrale diffuso dall'associazione alla vigilia della manifestazione, nella versione italiana tradotto da Issameddinn Gammoudi e Valentina Zagaria:
Pescatori di Zarzis: Il settore della pesca sta morendo a causa di un accordo internazionale ingiusto e dell'assenza di una politica nazionale
I pescatori di Zarzis soffrono costantemente non solo a causa delle infrastrutture portuali inadeguate, della scarsa assistenza, delle ripercussioni della situazione politica nei paesi vicini, del degrado ambientale e del suo impatto sulla vita marina, ma anche a causa delle recenti operazioni di pirateria e delle minacce armate ai pescatori tunisini all’interno delle acque territoriali tunisine commesse da uomini armati che si dichiarano essere membri della Guardia costiera libica. Queste pratiche sono diventate frequenti, arrivando fino al rapimento di persone, al sequestro illegale di barche e alla contrattazione di riscatti.
Come associazione che difende i legittimi e comuni interessi professionali dei pescatori, ci appelliamo alle autorità, guidate dalla Presidenza della Repubblica, affinché intervengano con urgenza e risolvano questa crisi che non solo minaccia la continuità della pesca ma si è trasformata in una violazione della sovranità nazionale:
-Riteniamo le strutture del Ministero dell'Agricoltura, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero della Difesa e della Presidenza del Governo responsabili della situazione catastrofica prodotta dall'accordo firmato tra l'Unione Europea, Malta, la Tunisia e la Libia. Consideriamo anche che questo accordo sia una violazione della sovranità nazionale dello Stato tunisino sul suo territorio marittimo, che ha imposto ingiuste restrizioni ai pescatori tunisini, a differenza dei loro omologhi dei paesi vicini
- Chiediamo alla Marina tunisina e alla Guardia nazionale marittima tunisina di svolgere il loro ruolo nella protezione dei pescherecci tunisini che sono stati attaccati anche all'interno delle acque territoriali tunisine da gruppi che sostengono di appartenere alla Guardia costiera libica.
- Riteniamo le strutture statali preposte al controllo della pesca indiscriminata e vietata responsabili della scarsa redditività ed esigiamo il rispetto del diritto a una vita dignitosa dei pescatori tunisini del sud-est del paese.
-Chiediamo un intervento urgente di tutte le autorità interessate per proteggere le barche tunisine e i marinai tunisini nel territorio marittimo tunisino, una protezione che dovrebbe costituire la componente più basilare dell’autorità dello stato sul suo territorio.
La crisi globale e le sue ripercussioni si vanno ad aggiungere a tutte queste circostanze, che hanno contribuito al deterioramento dell'attività di pesca nella regione e ci obbligano a lanciare una richiesta di aiuto per cercare di preservare la sostenibilità del settore a Zarzis e in tutto il sud-est del paese.
Associazione Zarzis Le Pêcheur - Al Bahar per lo Sviluppo e l’Ambiente
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