Una violenza e un'umiliazione alle donne di stampo clericale e fascista che, letteralmente, "mette in croce" il diritto alla libera scelta delle donne. Dai fascisti di Fdi a Renzi l'attacco alla 194
Non è la prima volta che degli embrioni vengono sepolti nei cimiteri che i clerico-fascisti chiamano dei "mai nati". Era già successo nel 2013 quando la Regione Lombardia di Formigoni aveva introdotto l'obbligo di sepoltura dei feti abortiti.
Il silenzio grava sulla lenta, ma pervicace, avanzata di approvazioni per la realizzazione, da parte di gruppi consiliari della destra un po’ dovunque in Italia, di spazi nei cimiteri destinati alla sepoltura dei feti abortiti, iniziative sostenute in primo luogo dal partito di Giorgia Meloni, ma ampiamente supportate da movimenti cattolici più attivi sull’argomento.
A Civitavecchia, nei primi giorni del 2020, con il supporto dell’associazione cattolica Difendere la vita
con Maria Onlus (che da anni propone sul web video con cortei di persone che, a loro dire, vanno a seppellire feti), un’area del cimitero è stata riservata per la sepoltura di prodotti abortivi ‘entro il terzo mese’, in base a quanto deciso il 22 dicembre 2017 dalla Asl Roma 4 (che deliberava l’approvazione e la firma del Protocollo d’intesa con l’associazione presieduta da don Maurizio Gagliardini per ‘l’inumazione dei prodotti abortivi per i quali non è stata fatta richiesta di sepoltura da parte dei genitori, o chi per essi, nelle prime 24 ore dall’espulsione del feto’).E’ una proposta non nuova in Italia: a Cagliari, lo scorso anno, il gruppo del sindaco Paolo Truzzu firma un documento per l’istituzione di un cimitero per feti sotto le 20 settimane. Chi ha sottoscritto la proposta chiede che i feti siano considerati ’bambini non nati’, e pensa ad un registro del Giardino degli angeli, così da chiamare in questo modo una zona del cimitero da destinare alla inumazione dei feti.
Cagliari, mozione della maggioranza Fdi per istituire un cimitero dei feti abortiti. E anche senza la richiesta dei genitori
In un brano del testo della mozione cagliaritana si dichiara “l’importanza di riaffermare nella società civile il diritto-dovere del cittadino di sostenere e difendere la vita fin dal concepimento in tutte le sue esigenze e in tutto l’arco del suo sviluppo” secondo la visione che intende “bambino ogni forma intrauterina successiva all’atto del concepimento”. Un chiarissimo attacco alla legge 194.
Tra i precedenti di iniziative analoghe spiccano un cimitero simile voluto a Firenze nel 2013 dell’allora sindaco Matteo Renzi, solo per feti oltre la 28esima settimana, e quello nel 2012 a Verona: tutti casi nei quali si invoca il seppellimento dei prodotti abortivi, anche a prescindere dalla volontà della donna, come una modalità per favorire l’elaborazione del lutto.
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La sepoltura forzata dei feti è un attacco alla libertà di tutte le donne
Le donne che decidono o sono costrette ad abortire dopo la 20esima settimana non possono decidere cosa accadrà al feto. Anche senza il loro consenso questo verrà comunque seppellito nel ‘Giardino degli Angeli’, sotto una croce cristiana con su scritto il loro nome. Una pratica violenta che nega l’autodeterminazione delle donne.
30 SETTEMBRE 2020
di Natascia Grbic
Una giovane donna si è vista il suo nome scritto su una croce a indicare dove il feto che ha abortito è stato sepolto, e ha deciso di raccontare pubblicamente la sua storia. La sepoltura si trova nel Giardino degli Angeli del cimitero Flaminio, nella parte dove vengono tumulati i bambini fino ai dieci anni di età. La donna non aveva mai dato il suo consenso alla sepoltura: quando il personale ospedaliero le ha chiesto se volesse fare un funerale al feto o se volesse seppellirlo, lei ha detto di no. "Avevo la mente confusa, non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto". Quest'ultimo è stato seppellito lo stesso, sotto una croce con sopra scritto il nome della madre e il giorno dell'interruzione della gravidanza. Una vicenda che ha travolto emotivamente la donna, una violazione della privacy in un momento che avrebbe voluto tenere privato.
Quanto accaduto alla donna ha scatenato un'ondata d'indignazione e riportato in primo piano una vicenda che ciclicamente torna a far discutere: quella dei cimiteri dedicati ai feti abortiti o, come dicono i movimenti provita, dei ‘bambini mai nati'. Un cimitero dove le tombe vengono piantate senza chiedere il consenso delle donne che hanno deciso di non portare avanti la gravidanza o che hanno perso il feto prima della 20esima settimana. Una pratica volta a criminalizzarle. Una questione seria che la politica dovrebbe avere il coraggio di affrontare.
Se una donna abortisce o perde il feto prima della 20esima settimana, dello smaltimento se ne occupa sempre l'ospedale. Dopo le 20 settimane, in caso di perdita o aborto terapeutico, scatta per la famiglia la possibilità di decidere se fare il funerale, seppellire il feto o se delegare la pratica all'ospedale. In quest'ultimo caso, i feti vengono messi in cassette separate, rigorosamente anonime, e portate al cimitero di Prima Porta, dove vengono seppellite nel ‘Giardino degli Angeli', lo spazio riservato ai bambini morti prima del compimento dei dieci anni di età. Lì, AMA – Cimiteri Capitolini appone un segno funerario "costituito da croce in legno e una targa su cui è riportato comunemente il nome della madre o il numero di registrazione dell’arrivo al cimitero, se richiesto espressamente dai familiari". Se la donna non dà il consenso, il segno deve rimanere anonimo.
Nel caso di aborto dopo la 20esima settimana, nessuna donna ha possibilità di scelta su cosa debba o non debba accadere al prodotto del concepimento. Che lei lo voglia o no, questo viene seppellito sotto una croce, simbolo inequivocabilmente religioso. C'è chi decide di dare sepoltura al feto e trova conforto in questa pratica. Ed è giusto che abbia la possibilità di elaborare il lutto in questo modo o di corrispondere così alle proprie credenze. Ma alle donne che non vogliono non solo è negato il diritto di scegliere, ma il loro nome viene inoltre messo all'indice, esposto sulla croce.
Perché non far scegliere secondo le proprie convinzioni? Perché utilizzare una simbologia cristiana? In Italia abortire non è facile. Le donne vengono spesso colpevolizzate, sottoposte a pressioni indebite, umiliazioni e pressioni. L'obiezione di coscienza è consentita negli ospedali pubblici, quelli che dovrebbero teoricamente garantire a tutti un'assistenza sanitaria a 360 gradi. E così, nel Lazio, troviamo percentuali di obiezione particolarmente alte: parliamo del 74,1% dei ginecologi, del 62,7% degli infermieri, e del 40,2% del personale non medico. Si tratta di un fatto grave, perché vuol dire che nei fatti a molte donne è negato il diritto alla salute.
Posizionare le tombe dei feti nati morti tra i bambini deceduti prematuramente, è un atto di violenza quando va contro il consenso della madre, così come è violenza la croce, simbolo religioso di una confessione che non appartiene a tutte. Ma perché violare le volontà di una donna con una pratica dal così marcato contenuto simbolico? Perché la controffensiva anti abortista passa anche per la pratica del seppellimento forzato dei feti. Far coincidere vita umana e concepimento, sovrappone simbolicamente aborto e omicidio. Prima nella norma, poi nel senso comune. Una pratica che va cancellata perché è un attacco esplicito alla libertà di scelta e autodeterminazione di tutte le donne.
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