mercoledì 6 settembre 2017

pc 6 settembre - ILVA: LA COMMISSIONE EUROPEA ALLA CONCORRENZA E' AL SERVIZIO DEGLI ALTRI CAPITALISTI DELL'ACCIAIO

La commissione non è affatto superpartes, nè il suo scopo è volto a tutelare l'interesse dei lavoratori, delle masse popolari. Chiamarla in causa (come fa il M5S, o settori degli ambientalisti nostrani) perchè accerti se la svendita/acquisto dell'Ilva alla Arcelor Mittal è stata regolare o meno, non è affatto "l'obiettivo trovato" per garantire il rispetto dei diritti, ma significa, in concreto, solo tutelare dei capitalisti rispetto ad altri, affinchè la concorrenza tra le diverse bande dei padroni non sia "inquinata" e che i rispettivi governi dei paesi europei giochino il loro ruolo di "comitati d'affari" per la borghesia in modo da non snaturare il mercato. Tutti i capitalisti, vale a dire, devono fare profitti. Profitti, la cui fonte, non lo dimentichiamo mai, è sempre il pluslavoro degli operai, l'intensificazione del loro sfruttamento facendo fare (come si vuole all'Ilva) la stessa o più produzione con meno operai, insieme al taglio dei costi "inutili", quelli per la sicurezza e l'ambiente.

Ma questo significa, primo che la concorrenza non può essere "regolata", essa è una guerra organica del capitale, nella sua fase imperialista, in cui il pesce più grosso mangia i pesci più piccoli; secondo che lì dove e quando la commissione europea dovesse realmente intervenire, significherebbe favorire, per conto per esempio della Germania, la Thyssenkrupp invece che la ArcelorMittal.
Per gli operai, per le masse popolari, le pesanti conseguenze negative sarebbero però le stesse, e chiamarle in questa contesa significa solo che operai e masse popolari dovrebbero parteggiare per un
padrone piuttosto che per un altro.


A livello mondiale, la crisi economica continua a provocare un’acuta guerra commerciale che, sul piano industriale, ha uno dei suoi cuori pulsanti proprio nella siderurgia mondiale.
La crisi è una crisi di sovrapproduzione, sempre secondo il significato capitalista del concetto – sovrapproduzione rispetto alla realizzazione dei profitti, perchè nessuno può negare che se i fini della produzione mondiale non fossero indirizzati alla produzione privata e ai profitti, l’acciaio sarebbe prodotto nettamente al di sotto dei bisogni di sviluppo industriale nel mondo.
Alla crisi di sovrapproduzione i padroni in ogni paese del mondo reagiscono con il taglio della produzione, con la riduzione del costo del lavoro per produrre acciaio in modo da venderlo a prezzi più bassi nei mercati mondiale ma sempre per ricavarci il massimo profitto possibile.
La siderurgia mondiale quindi va ristrutturandosi e anche innovandosi in maniera consistente sul piano tecnologico, e non certo per ridurre l’impatto ambientale, come spesso si dice, ma sempre e solo per avere acciaio migliore, prodotto a costi più bassi, in cui per “costo” si intende principalmente il salario dei lavoratori e le condizioni di sicurezza dei lavoratori.

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