La commissione non è affatto superpartes, nè il suo scopo è volto a
tutelare l'interesse dei lavoratori, delle masse popolari. Chiamarla in
causa (come fa il M5S, o settori degli ambientalisti nostrani) perchè
accerti se la svendita/acquisto dell'Ilva alla Arcelor Mittal è stata
regolare o meno, non è affatto "l'obiettivo trovato" per garantire il
rispetto dei diritti, ma significa, in concreto, solo tutelare dei
capitalisti rispetto ad altri, affinchè la concorrenza tra le diverse
bande dei padroni non sia "inquinata" e che i rispettivi governi dei
paesi europei giochino il loro ruolo di "comitati d'affari" per la
borghesia in modo da non snaturare il mercato. Tutti i capitalisti, vale
a dire, devono fare profitti. Profitti, la cui fonte, non lo
dimentichiamo mai, è sempre il pluslavoro degli operai,
l'intensificazione del loro sfruttamento facendo fare (come si vuole
all'Ilva) la stessa o più produzione con meno operai, insieme al taglio
dei costi "inutili", quelli per la sicurezza e l'ambiente.
Ma
questo significa, primo che la concorrenza non può essere "regolata",
essa è una guerra organica del capitale, nella sua fase imperialista, in
cui il pesce più grosso mangia i pesci più piccoli; secondo che lì dove
e quando la commissione europea dovesse realmente intervenire,
significherebbe favorire, per conto per esempio della Germania, la
Thyssenkrupp invece che la ArcelorMittal.
Per gli operai, per le
masse popolari, le pesanti conseguenze negative sarebbero però le
stesse, e chiamarle in questa contesa significa solo che operai e masse
popolari dovrebbero parteggiare per un
padrone piuttosto che per un altro.
A
livello mondiale, la crisi economica continua a provocare un’acuta
guerra commerciale che, sul piano industriale, ha uno dei suoi cuori
pulsanti proprio nella siderurgia mondiale.
La crisi è una crisi di
sovrapproduzione, sempre secondo il significato capitalista del concetto
– sovrapproduzione rispetto alla realizzazione dei profitti, perchè
nessuno può negare che se i fini della produzione mondiale non fossero
indirizzati alla produzione privata e ai profitti, l’acciaio sarebbe
prodotto nettamente al di sotto dei bisogni di sviluppo industriale nel
mondo.
Alla crisi di sovrapproduzione i padroni in ogni paese del
mondo reagiscono con il taglio della produzione, con la riduzione del
costo del lavoro per produrre acciaio in modo da venderlo a prezzi più
bassi nei mercati mondiale ma sempre per ricavarci il massimo profitto
possibile.
La siderurgia mondiale quindi va ristrutturandosi e anche
innovandosi in maniera consistente sul piano tecnologico, e non certo
per ridurre l’impatto ambientale, come spesso si dice, ma sempre e solo
per avere acciaio migliore, prodotto a costi più bassi, in cui per
“costo” si intende principalmente il salario dei lavoratori e le
condizioni di sicurezza dei lavoratori.
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