24 APRILE: A FOGGIA UN'ALTRA GIORNATA DI LOTTA CONTRO CONFINI E SFRUTTAMENTO!
Il 24 aprile a Foggia gli immigrati e le immigrate
sono scesi nelle strade per chiedere ancora una volta una vita migliore,
senza confini e senza sfruttamento, per avere riconosciute garanzie
rispetto ai documenti, alla casa e al lavoro. Accanto a loro centinaia
di persone, immigrate e non, venute da tutta Italia, per sostenere e
unire le lotte, come è avvenuto il 12 novembre scorso a Roma e il 6
febbraio in diverse parti d'Italia.
La giornata è cominciata alle 12.00 con un presidio fuori dalle mura del carcere di Foggia, in solidarietà alle 17 persone arrestate con l'accusa di devastazione e saccheggio, in seguito alla rivolta dello scorso ottobre dentro il CARA di Borgo Mezzanone. Il presidio ha gridato con forza la sua solidarietà e la sua rabbia. Chi lotta non sarà mai lasciato solo/a! Perché i confini e la restrizione della libertà di movimento colpiscono tutti coloro che questo sistema non può e non vuole accettare.
Alle 14.00 le centinaia di persone presenti sono partite in corteo, attraversando la città e raccontando le loro storie di lotta e i motivi della loro solidarietà. C'erano immigrati ed immigrate che vivono e lavorano in diversi ghetti d'Italia, dalla provincia di Foggia alla Piana di Gioia Tauro. Chi lotta per l'accesso alla casa e alla residenza, da Roma a Messina. Le persone che vivono e lottano nei centri di accoglienza e nel hotspot di Taranto. E tanti e tante solidali da tutta Italia, Bologna, Bari,
Napoli, la provincia di Caserta, Cosenza, Lecce e altre ancora. La protesta ha toccato anche le sedi di Confagricoltura e Coldiretti, le associazioni dei produttori agricoli che da anni ignorano ogni richiesta di incontro con chi lavora in campagna, così come il rispetto dei termini contrattuali, favorendo in questo modo i meccanismi di sfruttamento. Il loro ulteriore silenzio è stato lo stesso della Prefettura e della Questura, che non hanno voluto ascoltare né ricevere nessuno. Al silenzio e alle provocazioni delle forze dell'ordine, il corteo ha risposto andando ad occupare per un paio d'ore il centro della città. E soltanto grazie a questa grande determinazione si è riusciti a strappare un altro incontro con Prefetto e Questore, rimanendo ben consapevoli che la lotta è ancora lunga e che non saranno certo le istituzioni a garantirci ciò che vogliamo!
Dopo le iniziali vittorie per l'accesso ai documenti, le istituzioni locali (Prefettura, Questura e Regione), hanno alzato un muro di silenzio, dimostrando la loro incapacità e la strumentalità politica e clientelare delle poche scellerate misure adottate, a Foggia come a Reggio Calabria. D’altronde, il “caporalato” è un cavallo di battaglia su cui tutti i candidati alle primarie del PD, da Emiliano ad Orlando passando per Renzi, rivendicano interventi risolutivi, mentre è chiaro che le cooperative che lucrano su immigrazione ed accoglienza devono essere protette in quanto bacino di voti. Ed è anche per questo che la stampa di regime si guarda bene dal riportare i reali contenuti della manifestazione, parlando a sproposito di una protesta dei richiedenti asilo per i tempi di rilascio dei documenti. Dal canto suo, il Ministero dell’Interno ha invece preso posizione in maniera molto netta: dopo una iniziale apparente apertura, dimostrata con l'incontro del 12 novembre scorso a Roma, l'arrivo di Minniti a capo del dicastero ha meglio esplicitato le intenzioni del governo. Non solo attraverso la messa appunto dell'ultima legge, che restringe ancora di più l'accesso alla regolarità giuridica, favorendo la reclusione nei CPR (ex CIE) e le deportazioni. Ma in particolare sgomberando e deportando le persone dalle baraccopoli ai ghetti di Stato. Come è avvenuto a marzo nel Ghetto di Rignano, dove le forze dell'ordine per cacciare le persone hanno tenuto un assedio di 4 giorni, alla fine dei quali hanno incendiato il ghetto, uccidendo Mamadou e Nouhou, due abitanti dell'insediamento.
La giornata è cominciata alle 12.00 con un presidio fuori dalle mura del carcere di Foggia, in solidarietà alle 17 persone arrestate con l'accusa di devastazione e saccheggio, in seguito alla rivolta dello scorso ottobre dentro il CARA di Borgo Mezzanone. Il presidio ha gridato con forza la sua solidarietà e la sua rabbia. Chi lotta non sarà mai lasciato solo/a! Perché i confini e la restrizione della libertà di movimento colpiscono tutti coloro che questo sistema non può e non vuole accettare.
Alle 14.00 le centinaia di persone presenti sono partite in corteo, attraversando la città e raccontando le loro storie di lotta e i motivi della loro solidarietà. C'erano immigrati ed immigrate che vivono e lavorano in diversi ghetti d'Italia, dalla provincia di Foggia alla Piana di Gioia Tauro. Chi lotta per l'accesso alla casa e alla residenza, da Roma a Messina. Le persone che vivono e lottano nei centri di accoglienza e nel hotspot di Taranto. E tanti e tante solidali da tutta Italia, Bologna, Bari,
Napoli, la provincia di Caserta, Cosenza, Lecce e altre ancora. La protesta ha toccato anche le sedi di Confagricoltura e Coldiretti, le associazioni dei produttori agricoli che da anni ignorano ogni richiesta di incontro con chi lavora in campagna, così come il rispetto dei termini contrattuali, favorendo in questo modo i meccanismi di sfruttamento. Il loro ulteriore silenzio è stato lo stesso della Prefettura e della Questura, che non hanno voluto ascoltare né ricevere nessuno. Al silenzio e alle provocazioni delle forze dell'ordine, il corteo ha risposto andando ad occupare per un paio d'ore il centro della città. E soltanto grazie a questa grande determinazione si è riusciti a strappare un altro incontro con Prefetto e Questore, rimanendo ben consapevoli che la lotta è ancora lunga e che non saranno certo le istituzioni a garantirci ciò che vogliamo!
Dopo le iniziali vittorie per l'accesso ai documenti, le istituzioni locali (Prefettura, Questura e Regione), hanno alzato un muro di silenzio, dimostrando la loro incapacità e la strumentalità politica e clientelare delle poche scellerate misure adottate, a Foggia come a Reggio Calabria. D’altronde, il “caporalato” è un cavallo di battaglia su cui tutti i candidati alle primarie del PD, da Emiliano ad Orlando passando per Renzi, rivendicano interventi risolutivi, mentre è chiaro che le cooperative che lucrano su immigrazione ed accoglienza devono essere protette in quanto bacino di voti. Ed è anche per questo che la stampa di regime si guarda bene dal riportare i reali contenuti della manifestazione, parlando a sproposito di una protesta dei richiedenti asilo per i tempi di rilascio dei documenti. Dal canto suo, il Ministero dell’Interno ha invece preso posizione in maniera molto netta: dopo una iniziale apparente apertura, dimostrata con l'incontro del 12 novembre scorso a Roma, l'arrivo di Minniti a capo del dicastero ha meglio esplicitato le intenzioni del governo. Non solo attraverso la messa appunto dell'ultima legge, che restringe ancora di più l'accesso alla regolarità giuridica, favorendo la reclusione nei CPR (ex CIE) e le deportazioni. Ma in particolare sgomberando e deportando le persone dalle baraccopoli ai ghetti di Stato. Come è avvenuto a marzo nel Ghetto di Rignano, dove le forze dell'ordine per cacciare le persone hanno tenuto un assedio di 4 giorni, alla fine dei quali hanno incendiato il ghetto, uccidendo Mamadou e Nouhou, due abitanti dell'insediamento.
La giornata del 24 Aprile è stato un importante momento di solidarietà e di unità delle lotte di tutti gli sfruttati e le sfruttate. Un corteo che ha voluto dimostrare inoltre che attorno ai lavoratori delle campagne si sta costruendo una battaglia complessiva, che non lascerà solo chi in questi mesi è stato colpito da una repressione violenta fatta a colpi di sgomberi e morti di stato. Continueremo a denunciare che le deportazioni, la repressione, gli sgomberi e i campi di lavoro non possono essere la soluzione per chi lavora in campagna come per nessuno. Allo stesso modo è necessario che il Ministero dell’Interno, e le Questure e Prefetture locali, prendano atto dell’incompatibilità tra le loro politiche e la determinazione di chi le subisce a ribellarsi.
Con
le stesse parole d’ordine, per dire che l’antifascismo oggi come ieri
non può che essere antirazzista e anticapitalista, il 25 aprile eravamo
nelle strade di Potenza per sostenere la mobilitazione lanciata anche in
quella città dai richiedenti asilo e dalle/i compagni del CSOA
Anzacresa, a dimostrazione che nuovi fuochi di questa lotta stanno
nascendo su vari territori.
Sappiamo che le promesse delle istituzioni valgono poco, e che la nostra lotta sarà ancora lunga, ma non ci arrenderemo finché non avremo ciò che vogliamo: Documenti, case e contratti di lavoro per tutti, per una mobilità senza confini né sfruttamento.
WE STILL NEED YES. UNITI SI VINCE.
Sappiamo che le promesse delle istituzioni valgono poco, e che la nostra lotta sarà ancora lunga, ma non ci arrenderemo finché non avremo ciò che vogliamo: Documenti, case e contratti di lavoro per tutti, per una mobilità senza confini né sfruttamento.
WE STILL NEED YES. UNITI SI VINCE.
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