sabato 9 gennaio 2016

pc 9 gennaio - Dal meeting internazionale del 21 novembre a Parigi - 1


Collectif Rouge Internationaliste (pour la défense des prisonniers politiques) - Comité d’action et de soutien aux luttes du peuple marocain – Francia - traduzione non ufficiale
Viva la resistenza dei quartieri popolari
Prima di tutto, ringraziamo i compagni che ci ha invitato e salutiamo la loro iniziativa di organizzare questo incontro nel contesto molto difficile che conosciamo.
Oggi commemoriamo il 10 ° anniversario delle rivolte nelle banlieues.
Che cosa è accaduto esattamente in Francia, in questi quartieri, tra il 27 ottobre e il 17 novembre 2005? “Disordini”, “moti sociali”, “violenza urbana”, secondo le diverse definizioni, ma quel che è chiaro è che ebbere una dimensione eccezionale:
- primo, sul piano materiale, con 10.000 auto e 30.000 cassoni della spazzatura dati alle fiamme, centinaia di edifici pubblici (scuole, municipi, stazioni di polizia, palestre, tesorerie) danneggiati, 140 autobus RATP colpiti da pietre, alcuni bruciati – nel complesso danni stimati dalle assicurazioni per 200 milioni di euro.

Un dimensione eccezionale anche:
- sul piano giudiziario, quello della giustizia di classe, con 5200 ragazzi arrestato e circa 600 incarcerati (480 maggiorenni e 108 minorenni), con pene detentive inflitte per direttissima.
E inoltre:
- Mai prima i quartieri popolari di Francia avevano conosciuto tumulti di tale durata ed estensione geografica: e cioè per tre settimane, e in 280 comuni.
- Mai, dopo gli anni '80, lo Stato aveva mobilitato tanti mezzi repressivi: 11500 poliziotti sostenuti da sette elicotteri e con la presenza nei quartieri dell'esercito.
- Infine, il panico era tale che lo Stato ha imposto il coprifuoco e l’8 novembre 2005 ha decretato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, applicando la legge del 3 aprile 1955 promulgata ai tempo di guerra d'Algeria (e fino ad allora utilizzata solo una volta, nel 1985 in Nuova Caledonia).

Fin dai primi tumulti urbani del 1990 nelle cinture di Parigi e Lione, lo scenario è sempre lo stesso: l’innesco è dato da un assassinio (nel 2005 quella dei due adolescenti Bouna Traore e Zyed Benna), poi evolve in 3 fasi: prima a livello locale - nel 2005, a Clichy-sous-Bois; poi si so estende gradualmente a tutta la regione di Parigi (Aulnay Bondy, France Tremblay) - tutto in soli 5 giorni; e, infine, dal 3 Novembre 2005, divampa nei quartieri popolari del resto della Francia: a Lille, Tolosa, Strasburgo, Rennes, Rouen, Bordeaux, tra le altre.

Come sempre, attraverso il suo arsenale propaganda mediatica, il governo francese diffonde la tesi dell'organizzazione criminale. Ma queste rivolte, in realtà, avevano più la forma di un’insurrezione urbana guidata da giovani mossi da un forte sentimento di esclusione dalla società fondato sulla realtà della loro condizione sociale che si declina come: abbandono scolastico, disoccupazione, di discriminazione di tutti i tipi, ingiustizia, umiliazione e sempre un’effettiva mancanza di futuro. Ricordiamo qui solo che a oggi nelle 751 “zone urbane sensibili” (ZUS), vivono 4,7 milioni di persone, ossia l'8% della popolazione francese, che subisce un evidente processo di precarizzazione ed esclusione: disoccupazione 2-3 volte superiore a quella di altri distretti; prevalenza di contratti precari o part-time con bassi salari; tasso di disoccupazione del 30-40% per la popolazione tra 16-25 anni e un impoverimento generale della popolazione di questi quartieri (indebitamento, abitazioni malsane…).

Questi scontri - come avviene oggi - sono stati anche un’occasione per l'avversario per:
- diffondere un pensiero unico basato sulla denuncia dell’atteggiamento popolare anti-istituzionale; che in realtà tende a nascondere le ragioni socio-economiche all’origine di queste rivolte; una teoria del complotto.
E inoltre per:
- dare alla rivolta un’unica risposta: poliziesca giudiziaria e autoritaria, una dura repressione sostenuta da leggi di emergenza e da una retorica marziale contro le presunte classi pericolose; in molti hanno chiesto leggi anti-rivolta, pene più pesanti, ampliamento dei poteri della polizia, estensione dell'uso di armi, organizzazione di milizie sotto coperte dal titolo di “comitati cittadini”, senza dimenticare la medicalizzazione del trattamento della devianza.

A fronte di queste rivolte, si è sentito ovunque proclamare la necessità imperativa di una sedicente coesione nazionale, un’unità nazionale per fare blocco di fronte alla gravità della situazione.
Infine, come parte il recupero della situazione è stata anche l'occasione per una vasta fascistizzazione di tutta la classe politica, favorita dalle smanie securitarie di una certa parte della popolazione dove cresce un consenso incondizionato per le azioni della polizia. Questa psicosi diffusa è stata orchestrata intorno ad una parola d'ordine –già allora ascoltata: sono atti di guerra!

Le circostanze oggettive che abbiamo appena ricordato (elevata precarietà, esclusione scolastica, sociale ed economica, alto tasso di disoccupazione, impoverimento generale delle classi lavoratrici ...), sono presenti tutt’oggi; anzi, la situazione è anche peggiorata.
Oggi, come vediamo in questi giorni, è anche una situazione che favorisce gli interessi di organizzazioni fondamentaliste reazionarie retrograde: sono dunque esse che approfittano di questo disagio per reclutare alcuni giovani a morire.

Ricordare oggi queste lotte indietro ci chiama a stabilirci in questi quartieri popolari per armarli ideologicamente e politicamente al fine di risolvere i problemi in modo giusto e corretto: vale a dire la presa del potere da parte del proletariato e del popolo per la gente a rovesciare un sistema in cui la classe operaia non può aspirare a un futuro migliore e per creare una giusta società socialista, al servizio del popolo.

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