giovedì 7 gennaio 2016

pc 7 gennaio - Alla fiera dell'Est della svendita dell'Ilva arrivano i cinesi... mentre non ci sono soldi per gli operai e lunedì a Genova assemblea e sciopero - lo slai cobas invita a fare altrettanto a Taranto e invita a partecipare

Ilva, la pista cinese ora porta a Genova

Ilva, la pista cinese ora porta a Genova

Un’ipotesi alternativa all’offerta di ArcelorMittal, quella che vede in campo Cassa Depositi e Prestiti insieme a uno o più gruppi italiani e che trova un alleato forte in un colosso del Sud Est asiatico
E se per l'Ilva si replicasse il "modello Ansaldo Energia"? L'ipotesi ha preso a circolare in questi ultimi giorni, di riposo per gran parte degli italiani, ma di lavoro per i commissari del gruppo siderurgico che hanno messo a punto il bando di gara per la vendita dell'Ilva. Dal 10 gennaio, e per un mese intero, si raccoglieranno le manifestazioni d'interesse per il gruppo e al termine del periodo prefissato inizierà la valutazione e successivamente la seconda parte della gara, quella delle offerte
vincolanti, con l'obiettivo di chiudere tutto entro la fine di giugno. I tempi sono stretti e la paura è tanta, perché nessun gruppo italiano, nemmeno nessuna cordata italiana, è in grado da sola di farsi carico dei costi di un'operazione che, prima del rilancio industriale, necessita di costosi quanto inderogabili interventi di bonifica ambientale. Così il rischio è di trovarsi con una sola offerta, quella del primo gruppo siderurgico mondiale, ArcelorMittal, che produce poco meno di 100 milioni di acciaio (contro i 5 dell'Ilva) e che in Europa è già ampiamente rappresentato. Come si comporterà da nuovo proprietario dell'Ilva, opererà sulla strada del rilancio o punterà su quello della razionalizzazione? 
In assenza di risposte a questi interrogativi, il governo ha già cominciato a lavorare, cercando di valutare la disponibilità degli operatori siderurgici italiani (Repubblica ha già fatto i nomi di Marcegaglia, Arvedi, Eusider e Trasteel), ma anche di Cassa Depositi e Prestiti. Si potrebbe insomma mettere a punto un'alleanza che avrebbe comunque l'esigenza di trovare una sponda industrialmente e commercialmente forte. Perché non cercarla in Asia? Perché non verificare, a livello governativo, l'interesse di qualche grande gruppo siderurgico giapponese, cinese, coreano a radicarsi in Europa, facendo dell'Ilva il proprio avamposto industriale e commerciale? Ecco perché potrebbe reggere anche questa volta il "modello Ansaldo Energia". L'azienda genovese pareva destinata a finire nel'orbita della tedesca Siemens, concorrente diretta. La prospettiva venne scongiurata con l'intervento del Fondo Strategico Italiano (che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti) affiancato da Shangai Electric. Si può costruire uno scenario analogo per un altro settore da cui l'Italia non può abdicare, vale a dire l'acciaio soprattutto per la produzione di qualità? Scorrendo l'elenco dei principali produttori al mondo si trovano già spunti di riflessione che dovranno ovviamente essere verificati. Ma se come sembra il governo intenderà muoversi anche su questa pista, potrebbero emergere presto prospettive del tutto nuove. Alle spalle di ArcelorMittal, c'è infatti la pattuglia del produttori asiatici, la giapponese Nippol Steel, le cinesi Baosteel (alleata in Italia alla famiglia Malacalza in Baosteel Italia che commercializza in esclusiva in Europa i prodotti del gigante cinese), Hebei e Wuhan Steel e la coreana Posco. Si vedrà a breve anche perché da ieri mattina sono ufficialmente noti i contenuti dell'avviso internazionale, pubblicato su alcuni quotidiani nazionali e stranieri, con i quali i tre commissari straordinari dell'Ilva, Corrado Carruba, Piero Gnudi ed Enrico Laghi, hanno messo sul mercato, con l'obiettivo di venderli, sia l'Ilva, con gli stabilimenti di Taranto, il più grande del gruppo, Cornigliano e Novi Ligure, sia sette società collegate. L'avviso internazionale è stato autorizzato dal ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, essendo sia l'Ilva che le altre imprese in amministrazione straordinaria da gennaio 2015. Oltre a Ilva, le aziende per le quali potrà essere avanzata una proposta sono Ilva servizi marittimi, Ilvaform, Innse Cilidri, Sanac, Taranto Energia, Socova e Tillet. Aziende la cui attività funzionale a quella degli impianti dell'acciaio come, per esempio, Taranto Energia, che con le sue centrali elettriche assicura l'alimentazione del siderurgico pugliese, o Ilva servizi marittimi a cui fanno capo le navi che a Taranto trasportano le materie prime necessarie alla produzione e da qui salgono fino al porto di Genova.

Gli operatori e i gruppi interessati hanno adesso 30 giorni di tempo, dal 10 gennaio al 10 febbraio, per avanzare la loro candidatura attraverso manifestazione di interesse da inviare presso lo studio di un notaio milanese.
Entro fine giugno prossimo dovrà essere completato l'iter del passaggio dell'Ilva al mercato, ma il programma di cessione messo a punto dai tre commissari straordinari avrà durata sino a quattro anni così come stabilisce il decreto firmato dal ministro Federica Guidi.
In quanto alla cessione dei diversi asset, "l'operazione — si legge nell'avviso — ha ad oggetto il trasferimento dei complessi aziendali facenti capo alle società in amministrazione straordinaria e potrà essere perfezionata con il partner mediante cessione o concessione in affitto, con opzione d'acquisto, dei medesimi complessi aziendali».

Ilva, i soldi mancano, alta tensione a Genova



Fiom-Cgil: senza risposte sul reddito, sarà sciopero. Lunedì assemblea e corteo

Fumata nera, in Confindustria Genova per la vicenda Ilva. I sindacati questa mattina hanno incontrato i rappresentanti dell'azienda ma le risposte arrivate sono state insoddisfacenti sopratutto sul nodo relativo all'integrazione del 10% del contratto di solidarietà. "La posizione è' chiara - ha spiegato il segretario di Fiom Cgil, Bruno Manganaro - l'azienda a spiegato di non essere in grado di far lavorare di più i dipendenti per coprire il taglio al contratto di solidarietà. È' un impegno che in passato l'azienda aveva preso ma che oggi non è in gradi di rispettare. Oggi i lavoratori sanno che Ilva non è in grado di farli lavorare una settimana di più e non sappiamo se i firmatari dell'accordo di programma,Governo, Comune, Regione, lo rispetteranno sul tema delle intero grazio i salariali". Fiom, quindi, chiede il rispetto dell'accordo e conferma, per ora, la manifestazione che era già prevista per l'11 Gennaio. "Lunedì faremo assemblea in fabbrica - prosegue Manganaro - se ci saranno novità positive le valuteremo, in caso contrario si proclamerà lo sciopero e si andrà in Prefettura". Tutto, quindi, sarebbe legato a un emendamento che verrà presentato nei prossimi giorni ma sul quale, ad ora, non ci sono notizie concrete.

"L'azienda ha ricordato che, attraverso i commissari e le istituzioni aveva trovato un accordo a dicembre per utilizzare i soldi di Cornigliano per due anni per i lavori socialmente utili. Un'emendamento alla legge di stabilità avrebbe dovuto dare il via libera a questo provvedimento. Tutto, però, è stato bloccato dalla Presidenza del Consiglio in attesa di un fantomatico emendamento che dovrebbe essere presentato nei prossimi giorni, con il decreto sulla vendita. C'era una soluzione - conclude Manganaro - legata all'accordo di programma ma qualcuno ha deciso di non percorrerla e questo preoccupa ancora di più i lavoratori".
 La richiesta era di avere continuità di reddito per i 1.650 dipendenti dell'Ilva di Cornigliano, visto che nei fatti oggi 750 sono interessati dai contratti di solidarietà e con il Jobs Act hanno visto scendere dal 70 al 60% la loro retribuzione e da settembre arriveranno al 50%.

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