lunedì 4 gennaio 2016

pc 4 gennaio - Ilva - il decreto del governo che la vuole svendere entro la metà del 2016

Da un testo di 'proletari comunisti'
contro il sistema del capitale, con padroni, governo, Stato, partiti parlamentari, sindacati collusi e corrotti che con lo sfruttamento sulla pelle e il sangue dei lavoratori e dei cittadini fa dell'Ilva una fabbrica della morte per la produzione per il profitto, serve l'analisi e la posizione di classe, l'organizzazione sindacale e politica di classe.

Dalla stampa su ILVA NOVI LIGURE

Firmato il decreto del governo e la vendita che dovrebbe avvenire entro la metà del 2016; i potenziali acquirenti e la trasformazione dell’intera industria siderurgica; la bonifica ambientale del sito pugliese di Taranto; il processo in corso alla famiglia Riva. Con tutti questi punti interrogativi che pendono sui capi dei commissari straordinari Gnudi, Laghi e Carrubba, non si può certo dire che per l’Ilva sia stato un anno tranquillo, né che lo sarà il 2016.
La situazione di stallo in cui si trova Taranto, che sta lavorando al 50 per cento della capacità produttiva, si riflette chiaramente sugli altri stabilimenti, Cornigliano e Novi Ligure in primis.

La vendita nel 2016
All’inizio di dicembre, in consiglio dei ministri, il governo ha approvato un decreto legge che, nella parole di Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza del consiglio, "fissa al 30 giugno 2016 il termine per il completamento del trasferimento a terzi che consenta di dare un futuro stabile, definitivo, di prospettiva industriale e risanamento ambientale dell’Ilva". Con l’ennesimo atto del
governo che interviene in una complicatissima vicenda, è previsto anche uno stanziamento di 300 milioni per il percorso di transizione. Fissata inoltre al 31 dicembre 2016 la validità dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che consente l’operatività ai complessi di Cornigliano, Novi Ligure e Taranto.
"Il decreto del governo Renzi è il nono in ordine di tempo e di fatto apre alla possibilità dello “spezzatino”, cioè di vendere il gruppo a pezzo – commentano dalla Fiom Cgil di Alessandria – A tutela dei 700 lavoratori del gruppo e anche di quelli tarantini e genovesi, tra gennaio e febbraio stiamo preparando una manifestazione di respiro provinciale".
L’ultimo decreto si va a sommare alle misure che lo Stato ha già preso nei mesi scorsi per cercare di “mettere una pezza” a uno stato di cose che si fa via via più difficile. A febbraio infatti, con il Salva Ilva, il governo aveva anticipato 400 milioni concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare, mentre altri milioni, 800 circa, sono in arrivo dopo l’approvazione della legge di stabilità e attraverso un fondo di garanzia.

Il tesoro bloccato in Svizzera
La guerra a colpi di carte bollate non è stata attuata a senso unico: anche la famiglia Riva si è mossa, presentando ricorso sia contro il provvedimento con cui l’azienda è stata dichiarata insolvente e messa in amministrazione straordinaria sia contro l’ordinanza del gip milanese D’Arcangelo con cui si concedeva l’uso del miliardo e 200 milioni sequestrati ai Riva per reati fiscali, all’Ilva in amministrazione straordinaria per le spese legate alla bonifica.
Il denaro però è ancora bloccato in Svizzera: gli eredi del patron Emilio hanno rinunciato all’eredità in Italia, mentre a Bellizona si sono opposti allo sblocco del tesoretto. Soldi che servirebbero ai tre commissari straordinari per pagare gli stipendi degli operai e la fatture delle aziende dell’indotto e attuare i primi interventi legati al risanamento ambientale.

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