pubblichiamo questo articolo tratto dalla rivista "S" di questa settimana perché dà un quadro abbastanza completo della situazione attuale degli operai dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese e mette in luce la posizione dei sindacalisti confederali di assoluta attesa e "attività" negativa per gli operai.
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Il deserto avanza a Termini Imerese
il conto alla rovescia è partito da un
pezzo. Ma adesso che i conti si fanno in ore, l'impatto è diverso.
Sì, perché visto che la profezia Maya si è rivelata una boutade,
dal primo gennaio i lavoratori della Fiat e quelli dell'indotto (in
totale circa 2.200 persone) si troveranno a gestire oltre al danno
alche la beffa. Anche se lungo binari diversi. Perché se per gli
operai ex Fiat e Magneti Marelli (rispettivamente 1.400 e 135) il
secondo anno di cassa integrazione viene dato “quasi” per
scontato, per gli altri, ossia i circa 350 dell'indotto, l'unica cosa
data per scontata al momento è il licenziamento.
Per i primi, infatti, si attende che il
ministro del lLavoro, Elsa Fornero, così come assicurato quasi un
anno fa, pubblichi il decreto attuativo sugli esodati che riguarda
640 lavoratori della Fiat, e il cui via libera consentirà di
attivare il secondo anno di cassa integrazione per i lavoratori del
Lingotto. “Il governo si è impegnato a farsi portavoce con il
ministero del Lavoro sulla cig in deroga – dice il segretario della
Fiom d Palermo Roberto Mastrosimone -. Se ci fossero stati dei dubbi
la Fiat avrebbe dovuto prendere provvedimenti 45 giorni prima della
scadenza, cosa che non ha fatto e questo ci lascia ben sperare. Di
certo, però, fino a quando non avremo delle certezze non potremo
rasserenarci”.
Ma se per gli ex Fiat il futuro è
grigio (e la crisi di governo non aiuta di certo) per i lavoratori
dell'indotto è ancora più fosco. Quattro aziende su sei hanno
infatti già avviato le procedure di licenziamento degli operai e per
tutti il 2013 porta con sé lo spettro della mobilità (la cassa
integrazione in deroga, infatti, pare ipotesi difficilmente
percorribile visto che dovrebbe essere coperta per il 60% dallo Stato
e per il 40% dalla regione e che i fondi previsti per il prossimo
anno sono già stati ridotti notevolmente). “E' evidente –
commenta Mimma Calabrò, segretario generale della Fisascat Cisl –
come le difficoltà di mantenimento dei lavoratori occupati nelle
aziende del termitano sono chiaramente legate alla desertificazione
produttiva dell'area industriale di termini Imerese, dovuta alla
chiusura degli stabilimenti Fiat e dell'indotto, nonché alla crisi
che ha colpito numerose altre aziende come la blue Boats, la
Parmalat, la Lodetti. E nell'elenco va inserito anche il punto
vendita Aligroup di termini Imerese con i suoi 14 dipendenti e che è
già ufficialmente destinato alla chiusura”.
Un crollo vertiginoso e costante
contrastato al momento solo da proclami. “Siamo fortemente
preoccupati – dice Mastrosimone – anche perché ormai da tempo
non giungono notizie sul piano di re-industrializzazione di Termini
Imerese”.
Dal 2009 ad oggi, infatti, ossia da
quando è arrivato l'annuncio della chiusura del polo siciliano entro
il 2012, nessun passo in avanti è stato fatto. Anzi, più
precisamente, in questi anni Invitalia, l'advisor del ministero dello
Sviluppo economico incaricato di gestire il dopo-Fiat sotto la guida
di Domenico Arcuri, ha selezionato otto imprese. Di queste, tre sono
finite nel mirino della magistratura, una è stata travolta dai
debiti e le altre quattro da sole non possono garantire il futuro dei
lavoratori. Che oggi parlano di “sonora presa in giro dello Stato”
e della necessità “chiedere i danni a Invitalia”.
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