Gromo – Si espande e arriva fino in Alta Val Seriana la protesta dei profughi provenienti dalla Libia. All’alba di ieri mattina il gruppo di 14 migranti accolti all’hotel Roma di Gromo ha bloccato la strada provinciale mettendo in mezzo alla carreggiata sedie e tavolini.
I profughi chiedono che venga dato loro un contributo che gli consenta di andarsene da Bergamo. L’odissea dei rifugiati è stata contrassegnata da continui trasferimenti in luoghi isolati all’interno della Val Seriana. Già nel luglio scorso i profughi si erano ribellati Continua
Gromo – Si espande e arriva fino in Alta Val Seriana la protesta dei profughi provenienti dalla Libia. All’alba di ieri mattina il gruppo di 14 migranti accolti all’hotel Roma di Gromo ha bloccato la strada provinciale mettendo in mezzo alla carreggiata sedie e tavolini.
I profughi chiedono che venga dato loro un contributo che gli consenta di andarsene da Bergamo. L’odissea dei rifugiati è stata contrassegnata da continui trasferimenti in luoghi isolati all’interno della Val Seriana. Già nel luglio scorso i profughi si erano ribellati Continua
I profughi chiedono che venga dato loro un contributo che gli consenta di andarsene da Bergamo. L’odissea dei rifugiati è stata contrassegnata da continui trasferimenti in luoghi isolati all’interno della Val Seriana. Già nel luglio scorso i profughi si erano ribellati Continua
Profughi in rivolta nel centro di accoglienza Caritas
Bergamo - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il rifiuto da parte di Caritas di concedere un contributo economico per i profughi disposti ad andarsene dalla struttura. Erano giorni che arrivavano notizie da parenti, amici e conoscenti che informavano di aver ricevuto il contributo. Ma alla Casa d’accoglienza Monsignior Amedei la richiesta è stata respinta con fermezza. Allora, improvvisa, è scoppiata la rivolta dei profughi: sono stati distrutti acluni arredi e i migranti si sono barricati nel seminterrato con alcuni operatori. La questura è intervenuta con enormi difficoltà in una situazione delicata. Ci sono volute ore di trattative per fare uscire gli autori della protesta dal seminterrato. Lo stessoseminterrato dove dormono ogni notte. L’intervento dei reparti mobili della questura ha faticato ad arginare la rabbia dei profughi. A questo punto la protesta si è spostata all’uscita del centro di accoglienza, in via San Bernardino, bloccando il traffico per oltre un’ora.
La richiesta era semplice: poter avere a disposizione un contributo dalla struttura, che per l’accoglienza riceve oltre 1300 euro al mese per ogni persona accolta. Dopo venti mesi di permanenza, sapendo che il 31 dicembre sarebbe dovuto scadere il piano accoglienza del governo, i profughi stanno tentando disperatamente di trovare delle risorse per poter andare avanti. Perchè ormai il limbo in cui sono stati parcheggiati è terminato e la consapevolezza di non aver nessuno strumento in più di quando sono arrivati in Italia, è diffusa.
Una prospettiva che ha presumibilmente esasperato gli animi tra chi da troppo tempo sperimenta una condizione di attesa e inerzia disumana. In assenza di qualunque opportunità e soluzione dignitosa alla propria condizione. Per chi ha lasciato la Libia per sfuggire alla guerra, tornare a casa a mani vuote non è certo un’opzione allettante, ma i profughi pretendono ora di tornare titolari del proprio destino e riconquistare libertà di movimento, dopo oltre un anno e mezzo di “deposito forzato”. In gioco c’è la dignità di migliaia di persone che in Italia si sono imbattute in una situazione di costrizione che ha le sembianze di un muro invalicabile.
I profughi sul territorio bergamasco sono arrivati anche a quota 300, dispersi in varie strutture su tutto il territorio provinciale. Il 31 dicembre è prevista la chiusura del piano di accoglienza e quindi finiranno i finanziamenti per le strutture. La scadenza è stata prorogata dal Ministero dell’Interno per ulteriori due mesi. Se è servita a poco l’accoglienza fornita finora, non si capisce perchè due mesi dovrebbero mutare la situazione. L’accoglienza sta per terminare, ma la pazienza delle persone sembra essere ormai esaurita.
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