Mettiamoci
comodi! L'attuale crisi economica mondiale per la Merkel, capo del
governo del più forte paese imperialista nel cuore dell'Europa,
durerà almeno altri 5 anni. La riunione del G20
di Città del Messico è stata, come dice La Repubblica, “decisamente
sottotono visto che mancano diversi esponenti di spicco, a cominciare
proprio da colui che normalmente rappresenta gli Usa in queste
riunioni, il segretario al Tesoro Timothy Geithner. Assenti anche i
ministri delle Finanze francese, Pierre Moscovici, e brasiliano,
Guido Mantega, oltre al presidente della Banca centrale europea Mario
Draghi.”! E si è chiusa infatti con quattro
chiacchiere sull'auspicabile ripresa e con alcune inutili promesse.
I
vari tentativi di risolvere la crisi messi in campo fino ad ora
soprattutto con il “quantitative easing” e cioè l'immissione nei
rispettivi circuiti delle banche di miliardi di soldi americani,
cinesi ed europei non sono serviti se non a fermare momentaneamente
la “speculazione”, e cioè la spasmodica ricerca da parte di chi
gestisce immensi capitali finanziari di investimenti che diano
qualche profitto.
Nessuno
quindi riesce a prevedere quando finirà questa crisi da
sovrapproduzione del sistema capitalistico iniziata nel 2008 e ciò
viene confermato anche dalla situazione in cui si trova attualmente
“la fabbrica del mondo” cui tutti guardano con grandi speranze, e
cioè la Cina.
Ma
come titola un articolo di Affari & Finanza di ieri in “Cina,
la crescita è un'illusione” e in maniera ancora più esplicita “i
fondi pubblici sostengono il Pil”.
Senza
fronzoli dunque il giornalista dice che “Gli ultimi sei mesi per le
esportazioni cinesi sono stati i peggiori della storia. Ufficialmente
l'export, su base annua, è cresciuto quasi del 10%. A tirare però
restano pochi settori, legati a telecomunicazioni ed elettronica,
dominati dalle multinazionali straniere. Per gli imprenditori cinesi
i bilanci sono in realtà ben al di sotto del picco negativo di fine
2008... L'Europa consuma sempre meno, gli Stati Uniti riprendono a
spendere lentamente, il Giappone affonda nella crisi e il mercato
interno della Cina non ha raggiunto i livelli di crescita necessari a
compensare il rallentamento dell'Occidente.”
Per
quanto riguarda gli Stati Uniti è chiaro che ciò che permette
comunque la “ripresa lenta” della spesa è il gigantesco apparato
militare (circa 700 miliardi di dollari all'anno) per le guerre in
corso. È per questo che “Il mercato risulta sconvolto: i clienti
fanno ordini sempre più piccoli per gestire meglio le scorte, i
termini di pagamento slittano oltre i 90 giorni, i tempi di consegna
si accorciano e i grossisti, invece che acquistare merce, si limitano
a informarsi sui prezzi. Il motore del “made in China” appare
ingolfato e la banche avvertono che “la situazione è più negativa
di quanto i dati rivelino”.”
“Analisi
bancarie rivelano che i margini [cioè i profitti] rispetto a prima
della crisi del 2008, sono precipitati del 30% a incidere, anche
l'aumento del costo del lavoro e delle materie prime.”
L'aumento
del costo del lavoro, e cioè dei salari, è dovuto alle grandi lotte
operaie di questi anni e quello delle materie prime spesso alle lotte
dei lavoratori delle miniere.
“A
inizio anno la maggioranza dei grandi gruppi stranieri prevedeva che
nel secondo semestre la Cina avrebbe ripreso a crescere a ritmi
sostenuti. Con la fine dell'estate è stato chiaro che la situazione
non poteva che peggiorare.”
“Secondo
l'ufficio di statistica nazionale, la crescita del PIL cinese 2012 si
assesterà infine attorno al 7,5%. Il dato risulta però gonfiato dai
fondi pubblici destinati alle infrastrutture. Le aziende confermano
invece che per la prima volta oltre l'80% chiuderà i conti in rosso,
il 58% sarà costretto a chiudere almeno uno stabilimento, il 45%
trasferirà parte della produzione all'estero e il 90% ridurrà il
personale.”
A
questo punto “tutto il mondo è paese” e anche i padroni cinesi,
come fanno tutti gli altri, mentre ipocritamente parlano di libero
concorrenza, chiedono che i governi diano loro soldi a fondo perduto:
“La lobby degli industriali, alla vigilia del congresso del partito
comunista, si è appellata al governo per ottenere sovvenzioni
all'export, rimborsi fiscali e credito agevolato.”
“L'impatto
della recessione dell'Occidente si abbatte dunque sull'Oriente, che
sperava di assistere da lontano allo sgonfiamento del ciclone.”
Le
previsioni del futuro sono quelle che spaventano di più: “Uno
studio di Bank of America rivela che i grandi rivenditori di Usa e
Ue, per tagliare il costo di trasposto sui beni ad alta intensità di
lavoro, cominciano ad assicurarsi produzioni a basso costo in luoghi
più vicini. Gli stati Uniti guardano a Messico e America Latina,
l'Europa torna nei distretti abbandonati dell'Est e si affaccia in
Africa. L'Oriente investe sulle potenze industriali emergenti, come
Cambogia, Vietnam e Birmania. Pechino prende atto che a breve termine
il rimbalzo positivo di una eventuale ripresa globale interesserà la
Cina in misura minore del necessario. L'ex “fabbrica del mondo”
si prepara così ad una ristrutturazione epocale. L'imperativo è
creare aziende più agili, aprire stabilimenti all'estero e scegliere
distretti dotati di infrastrutture migliori.”
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